Il primo sindaco della storia del Comune aggregato, Fabrizio Garbani Nerini, non si ripresenterà ad aprile. Il suo bilancio di fine mandato
Tra i sindaci del Locarnese che ad aprile non si ricandideranno per un ulteriore mandato figura anche Fabrizio Garbani Nerini, alla guida dell’Amministrazione di Terre di Pedemonte sin dalla nascita del nuovo Comune unificato nel 2013, dopo l’aggregazione di Tegna, Verscio e Cavigliano. Esponente del gruppo LiSA (Sinistra), già sindaco di Cavigliano e per anni consigliere comunale, ha già informato i suoi colleghi di Municipio e di partito delle sue intenzioni. Contento di ciò che ha fatto a favore della sua comunità (della quale si è guadagnato ampia stima), impegnatosi con coerenza a far crescere il paese lavorando sulle infrastrutture, sul sociale e sull’ambiente, prima di lasciare il passo per declinare il suo impegno in ‘altre forme e ambiti’ stila un bilancio di un decennio di sindacato.
Con quale stato d’animo lascia la poltrona di sindaco?
Serenamente, ho semplicemente deciso di chiudere una bellissima esperienza, perché 20 anni da sindaco (9 per Cavigliano e 11 per Terre di Pedemonte), più 4 iniziali da municipale, bastano. Recentemente ho pure cambiato anche la mia professione dopo oltre 25 anni, mi piace molto ma la sede è meno vicina a casa: per un po’ di tempo mi basterà questo, oltre alla voglia di ritrovare più tempo libero. Più in là magari mi avvicinerò al mondo associativo.
Che tipo di Comune lascia al suo successore?
Un bel Comune residenziale, dinamico, con una qualità di vita apprezzabile e con tanti progetti già indirizzati sul tavolo, soprattutto per realizzare opere pubbliche. In questi anni abbiamo pianificato molto, per permettere a chi verrà di concretizzare varie cose nei prossimi 10-15 anni. Ovviamente sempre con un occhio alle finanze: l’importantissima opera in corso, la palestra, assorbe molte risorse e in futuro occorrerà prudenza.
C’è un progetto che avrebbe voluto portare a termine prima di concludere il mandato?
L’implementazione nel Pr comunale delle regole stabilite nella Lpt federale e nel Piano direttore, ovvero il concetto di sviluppo centripeto di qualità con il ridimensionamento delle zone edificabili in esubero a causa di qualche scelta troppo largheggiante di inizio anni 90. Ma è un tema assai delicato, occorrerà più tempo.
Il progetto che ha amato di più e quello che le ha dato più dolore
Dolore certamente la bocciatura del Parco nazionale del Locarnese, a cui credevo come ottima opportunità di uno sviluppo turistico e infrastrutturale a misura d’uomo e sostenibile. Quello che ho amato di più? L’aggregazione delle Terre di Pedemonte, votata nel 2011 e operativa dal 2013. La mia elezione a primo sindaco, forse un po’ a sorpresa, è un ricordo nitido e bellissimo, ma quanto lavoro nella prima legislatura.
Pensa che in un prossimo futuro vedrà la luce un polo distrettuale più grande (come una fusione con Centovalli e Onsernone)?
Difficile da dire ora, siamo tre Comuni piuttosto giovani. Quel che è indispensabile a breve è piuttosto l’avvio delle aggregazioni nel comparto urbano locarnese: mi auguro che i nuovi sindaci di Locarno e Minusio, chiunque saranno, facciano da traino, insieme a Losone, in vista della nascita di un bel Comune urbano locarnese, per interrompere la perdita di velocità del Locarnese rispetto ai poli di Lugano e Bellinzona, che ahimè è sotto gli occhi di tutti. Se partisse un progetto del genere, penso che almeno un’occhiata esplorativa in quella direzione la dovremo dare anche noi dalle Tre Terre.
Il rapporto con i consiglieri comunali ha sicuramente segnato la sua esperienza. Che legislativi ha trovato in questi anni?
I legislativi sono fatti di persone e molte sono squisite: c’è chi senza pregiudizio porta avanti le proprie idee, chi senza pregiudizio esprime opinioni critiche motivate su singoli progetti proposti dal Municipio, e va benissimo così, senza mai compromettere i rapporti umani. Poi c’è anche chi è ammantato di pregiudizio, e pontifica in modo saccente su tutto, ma per fortuna costoro sono una piccolissima minoranza.
In questo decennio c’è stata la rivoluzione dei social network che hanno influenzato la società. Uno strumento che, purtroppo non di rado, permette attacchi anche polemici a chi amministra. Da dove nasce tanta animosità? Che idea si è fatto?
In un Comune piccolo non si possono contrapporre cittadini e politici. I politici sono semplicemente dei cittadini che, oltre a essere tali, provano anche a dare il loro contributo istituzionale nella gestione della cosa pubblica locale. Con delle retribuzioni modeste e grande assunzione di responsabilità. Quasi tutti i gruppi politici avanzano alcuni posti liberi sulle liste del Consiglio comunale al momento delle elezioni: chi attacca dai social si metta a disposizione dando un contributo concreto, invece di sputare sentenze virtuali. Sempre che riescano a farsi eleggere… Non è scontato, forse alcuni portatori di animosità si sopravvalutano un pochino.
Sindaco, deve dire grazie a qualcuno?
Sono diventato municipale pochi mesi dopo il matrimonio e sindaco pochi mesi dopo la nascita del secondo figlio. Quindi per prima cosa grazie alla mia famiglia che ha accettato tante assenze da casa e mi ha sempre sostenuto. E poi grazie alle persone del nostro bellissimo gruppo politico comunale “LiSA – libertà solidarietà ambiente”, gruppo chiaramente progressista ma pluralista e movimentista, aperto e accogliente, non dogmatico, che accetta il bel dibattito interno e dove c’è del vero affetto tra di noi. Infine un pensiero al nostro segretario comunale, validissimo e instancabile, che vive in modo empatico la professione come un vero servizio alla comunità.
Qualche errore lo ha commesso, vero?
Uno è stato accettare di subentrare a Bruno Storni in Gran Consiglio a fine 2019, non sapendo che subito dopo, a inizio 2020, il mio partito di riferimento cantonale avrebbe abolito i circondari elettorali regionali, vanificando di fatto le mie speranze di rielezione ad aprile 2023. L’attività in parlamento mi ha tolto energie per quella comunale, mentre sull’altro piatto della bilancia una seconda legislatura cantonale in cui far tesoro dell’esperienza accumulata nella prima non c’è stata.
Come pensa si possano invitare i giovani a interessarsi alla politica a livello locale?
Ci sono molti giovani nel nostro Consiglio comunale. Alludo ovviamente a 25-35enni. Penso che sia fisiologico il fatto che, in un comune residenziale, i temi molto concreti che si affrontano coinvolgano di più le persone che hanno deciso di stabilirsi nel luogo a lungo termine (come ad esempio giovani famiglie con casa propria e bimbi alle scuole comunali), piuttosto che i giovanissimi che hanno appena acquisito il diritto di voto.