Dal 29 maggio partirà ufficialmente la collaborazione tra ospedale La Carità e clinica Santa Chiara e si potrà partorire solo nell’istituto dell’Eoc
Ospedale (La Carità) o Clinica (Santa Chiara)? Un quesito, una scelta, una differenziazione che per svariati decenni ha accompagnato praticamente ogni neogenitore del Locarnese ma che da lunedì andrà a cadere. Il 29 maggio è infatti la data in cui partirà ufficialmente la fase operativa del progetto pilota che vedrà uniti in una collaborazione in ambito ginecologico e ostetrico il nosocomio dell’Ente Ospedaliero Cantonale e quello ormai gestito dalla Clinica Luganese Moncucco: nel primo verranno concentrate le nascite di tutto il Locarnese, mentre il secondo si farà carico degli interventi di ginecologia operatoria. Un accordo tra pubblico e privato unico nel suo genere e che vedrà la fase di test protrarsi fino alla fine del 2024, quando sarà seguita da un periodo di monitoraggio in cui sarà dato riscontro al Cantone. Solo a questo punto si valuterà la riuscita dell’operazione e si deciderà se l’accordo potrà essere considerato di durata indeterminata ed essere recepito anche nell'attribuzione dei mandati della pianificazione ospedaliera. È chiaro però che difficilmente, una volta avviato un progetto del genere, si tornerà indietro.
Troppe le implicazioni per quello che è un cambiamento storico per il Locarnese (e non solo), in particolare per quel che riguarda la maternità. Basti pensare che solo per prepararsi all’introduzione della fase pilota, si è lavorato per circa un anno. Inizialmente dietro le quinte, negli ultimi mesi anche in “prima linea”... «Per noi la collaborazione è iniziata già un paio di mesi fa, attraverso uno scambio di levatrici – ci spiega Noemi Cerini Bernasconi, responsabile all’Ospedale Regionale di Locarno delle ostetriche, ossia coloro che seguono, collaborando con i medici, le donne in gravidanza, durante e dopo il parto –. In questo modo abbiamo potuto preparare in anticipo quattro delle sette levatrici che ci raggiungeranno dalla Santa Chiara. Da settimana prossima avremo quindi un team “misto” completo e ancora altre tre levatrici da introdurre progressivamente nelle settimane successive, oltre a sei infermiere pediatriche e un infermiere pediatrico».
Un’introduzione al protocollo e al sistema di lavoro adottato nell’istituto dell’Eoc che «sta andando molto bene, da parte di tutti ho visto grande disponibilità e c’è un bel entusiasmo attorno a questo progetto e alle sue potenzialità. In fondo facciamo tutti lo stesso mestiere, che al centro mette la salute delle mamme e dei loro neonati».
In questo senso una nuova sfida per gli addetti ai lavori sarà proprio quella dell’unione in un unico team di due figure che finora lavoravano in reparti separati, appunto levatrici e infermiere pediatriche… «Hanno anche molti compiti in comune, ma possiamo dire che queste ultime sono specialiste per quel che riguarda il neonato, mentre le levatrici per la mamma. Si tratterà di trovare il giusto equilibrio, ma non vedo assolutamente problemi, anzi non vediamo l’ora di cominciare».
All’atto pratico, nella nuova “culla” del Locarnese si prevedono circa 500 parti all’anno, ossia il doppio di quanto avveniva prima in ogni singolo istituto. Per accoglierli – a partire dalla 36esima settimana di gravidanza, mentre tra la 32esima e la 35esima le pazienti sono “dirottate” a Bellinzona e prima ancora oltre Gottardo –, anche la struttura verrà rinnovata e i lavori (che dovrebbero durare ancora un paio di mesi) sono già in corso. Le camere del reparto maternità passeranno da 7 a 14 e, aspetto particolarmente interessante, saranno di base singole (con possibilità di renderle nuovamente doppie in caso di necessità). Questo permetterà ad esempio di aprire alla possibilità, che al momento non è data, di ospitare durante la notte anche i papà. Quanto alle sale parto, rimarranno due (collegate tra loro da una stanza in cui è presente una vasca utilizzabile dalla mamma durante il parto) più una di “emergenza”.
Quello che quindi, all’apparenza, potrebbe sembrare un impoverimento dell’offerta, nelle intenzioni dei promotori dovrebbe invece rivelarsi un servizio migliorato a favore della popolazione… «Prima di tutto è importante rassicurare le pazienti: potranno sempre avere a fianco il loro ginecologo di riferimento, facendo però capo a una struttura nella quale confluiranno anni e anni di esperienza ginecologica e ostetrica a livello cantonale, aumentando di conseguenza qualità e sicurezza dei servizi offerti – afferma Concetta Leggieri, capoclinica del Servizio di ginecologia e ostetricia della Carità, dove lo ricordiamo è presente anche un reparto di Pediatria con Pronto Soccorso 24 ore su 24 –. L’accentramento dei vari ambiti permette di aumentare il livello di operatività e di essere più performanti, rimanendo un punto di riferimento per il Locarnese e non solo».
Più parti significa infatti più casi e più esperienze… «Una casistica più ampia oltre che più stimolante porta ad aumentare il livello di preparazione degli specialisti, grazie appunto all’esperienza che accumulano. È vero ad esempio che la tendenza generale è una diminuzione dei parti, ma allo stesso tempo le pazienti sono sempre più anziane e questo comporta tutta una serie di nuove problematiche da gestire. Aumentando la complessità clinica, abbiamo bisogno di migliorare anche le nostre competenze e l’unico modo per farlo è centralizzando gli sforzi».
In sostanza, con questo progetto «ci avviciniamo al modello universitario (da notare tra l’altro che a differenza degli istituti privati, le strutture dell’Eoc come La Carità hanno un mandato formativo, ndr), nel quale i vari reparti sono separati al fine di diversificare le competenze e mirare all’eccellenza. Ed è quello a cui puntiamo anche noi».