Pochi mesi dopo l’insediamento della sede stabile del Verzasca Foto Festival, una domanda di costruzione ne prefigura la demolizione. Ma la Stan dice no
Poco tempo per sognare in grande, poi delle modine, la prospettiva di una demolizione e la necessità, per chi sperava in un futuro tracciato e tranquillo, di trovarsi un’alternativa.
È la storia di quella che a Gordola è stata chiamata Casa della fotografia. L’edificio, situato lungo via San Gottardo, all’angolo con la laterale via Sant’Antonio, ha infatti assolto per pochi mesi alla sua importante e innovativa funzione culturale di sede stabile del Verzasca Foto Festival, ma già si vede minacciato dalle ruspe. All’albo comunale è apparsa una domanda di costruzione che prevede prima la demolizione dell’esistente, poi l’edificazione di un complesso residenziale ad uso primario e commerciale. Istante è la Vivit Holding con sede a Winterthur, ma che ha una controllata anche in Ticino.
L’ultimo filo di speranza, per i ragazzi del Verzasca Foto Festival, è rappresentato dalla Società ticinese per l’arte e la natura (Stan), che si è opposta al rilascio della licenza edilizia. "La domanda di costruzione che noi osteggiamo prevede la demolizione di un edificio storico e di bella fattura – argomenta la Stan –; edificio che, da un centinaio d’anni, sorge sul mappale 1145 di Gordola, caratterizzando positivamente questo comparto del paesaggio comunale".
È un fatto, e lo rileva anche la Stan, che il Pr del Comune di Gordola non ne prevede la protezione "nonostante questa misura sarebbe stata oltremodo necessaria e opportuna, sia per l’importanza formale architettonica e posizionale dell’oggetto che si vuol demolire, sia anche per il valore simbolico che l’edificio rappresenta nell’ambito del capitolo degli edifici del rientro degli emigranti". Storicamente, prosegue infatti la Stan, "si sa che solo una minoranza di quegli uomini che dovettero lasciare il Ticino per ragioni economiche cercando possibilità di realizzarsi in altri Paesi trovarono la fortuna che cercavano, ma alcuni ebbero una miglior sorte e si fecero una posizione all’estero; qualcuno, addirittura, divenne molto ricco e tornando in patria promosse opere di pubblica utilità e di progresso per tutto il cantone".
Insomma, "la memoria degli uni e degli altri merita il massimo rispetto e le vestigia di quell’epoca stanno a rammentarci che il benessere di cui gode il nostro cantone oggi è stato costruito sovente sul dramma delle famiglie di tutto l’Ottocento". Nel caso specifico, l’edificio a rischio fu fatto costruire da Luigi Firanza tra fine Ottocento e inizio Novecento "in seguito alla fortuna fatta dallo stesso in Sudafrica nella corsa all’oro del 1886", scrive la Stan. Non è tutto: pare che Firanza avesse inviato, a suo tempo, dettagliati piani della costruzione da destinare a un pensionato con ristorazione. Tant’è vero, rileva la Stan, "che sulla facciata è ancora visibile la scritta Transvaal Caffè Retreat".
La storia della casa prosegue nel 1913, anno in cui l’acquista Galdino Borradori, emigrante in America, dove in quel momento anche il Firanza risiedeva dopo una seconda emigrazione. Ma il Borradori, che potrà soggiornare a Gordola meno di quanto desiderato, muore, e al suo decesso (siamo nel ’46) la proprietà diventa residenza e ufficio del geometra catastale del paese; questo, fino agli anni 90. Gli è che l’edificio è rimasto praticamente nello stato originale "ed è fedele e unica testimonianza storica di questi straordinari influssi culturali, avvenuti con le emigrazioni", nota ancora la Stan. Che riguardo al giovane Pr di Gordola, approvato con decreto governativo nel 2021, ricorda come proprio il Consiglio di Stato avesse chiesto al Comune di adoperarsi per integrarvi "quegli oggetti importanti per la storia e la cultura del territorio, tutelandoli quali beni culturali di interesse locale".
Ebbene, scrive la Stan, "a causa dell’inattività e della negligenza del Municipio siamo ora confrontati, come già in precedenza nel caso della cappelletta votiva "il ponte asciutto" (quella demolita e poi ricostruita, ndr) con una domanda di costruzione che solo tendenzialmente vorrebbe realizzare quanto previsto dal Pr, senza tuttavia riuscire a rispettare le precise norme edilizie comunali". Di più: per la Stan "questa domanda di costruzione e ricostruzione permette di mettere il dito su una piaga e, quindi, di invocare la necessità e l’urgenza di una modifica del Pr per integrarlo, dopo un’attenta verifica di tutti i valori storico-culturali presenti sul territorio, con una coerente loro tutela secondo quanto esige la Legge cantonale sulla protezione dei beni culturali".