La Fondazione azione posti liberi si è mossa contro la decisione della Sem di espellere nuovamente la 33enne e la sua bimba di 7 anni ospitate in Verzasca
L’affetto di una valle intera, la Verzasca, era già certificato dall’ottima accoglienza ricevuta, ora però la mobilitazione popolare per la 33enne mamma afghana e la figlia di 7 anni che le autorità federali vogliono cacciare dalla Svizzera, si è concretizzata in una cifra tanto importante quanto significativa: le 2’719 firme raccolte in appena sei giorni a sostegno della permanenza nel nostro Paese delle due rifugiate, che hanno accompagnato il ricorso contro la decisione di espulsione della Segreteria di Stato della migrazione (Sem) annunciato negli scorsi giorni anche tramite laRegione e depositato proprio oggi dalla Fondazione azione posti liberi di Lugano presso il Tribunale amministrativo federale.
«Il ricorso è partito e abbiamo aggiunto il materiale probatorio – ci conferma Gabriela Giuria, direttrice della Fondazione nonché attivista di Amnesty International –, che oltre alle firme comprende tutte le letterine attraverso le quali i compagni di classe della bambina chiedono di lasciarle almeno finire l’anno scolastico e affermano che non vogliono vederla sparire come l’anno scorso».
Sì perché S. (nome noto alla redazione, ndr) e la madre, dopo aver lasciato l’Afghanistan per sfuggire a un papà e marito violento, a maggio – dopo un lungo ed estenuante viaggio – erano giunte in Ticino e più precisamente a Gerra Verzasca. Per tre settimane la bimba aveva frequentato la seconda elementare a Brione Verzasca, che aveva però dovuto abbandonare da un giorno all’altro a causa della decisione della Sem di rispedirle in Slovenia, primo Paese in cui sono state registrate ma non in grado di accoglierle a dovere, tanto che a ottobre sono nuovamente tornate in Verzasca, dove sono state riaccolte a braccia aperte. Non dalle autorità federali però, che hanno deciso, tirando in ballo l’accordo di Dublino, di rispedirle a Lubiana... «Abbiamo fatto richiesta supercautelare per sospendere l’allontanamento e chiesto al tribunale di riesaminare il caso, anche alla luce della situazione in Slovenia, dove continuano ad arrivare migliaia e migliaia di richiedenti l’asilo (si parla di oltre centomila negli ultimi 14 giorni) dopo che la frontiera ungherese è stata chiusa e che il governo italiano ha deciso di applicare una clausola di riammissione considerata illegale. Non pensiamo sia proprio il caso di mandare per la seconda volta allo sbaraglio in una situazione del genere due persone vulnerabili come una mamma e una bambina vittime di violenze. A tal proposito stiamo anche aspettando delle perizie mediche approfondite per entrambe le ricorrenti. In ogni caso l’articolo 17 dell’accordo di Dublino prevede una clausola di sovranità che permette alla Svizzera di trattare ugualmente la loro domanda d’asilo ed è quello che chiediamo alla Confederazione».