Lo ha presentato al Tribunale amministrativo federale di San Gallo la Fondazione azione posti liberi
C’è un ricorso, che verrà presentato dalla Fondazione azione posti liberi di Lugano (che si occupa di fornire assistenza a richiedenti l’asilo, persone bisognose di protezione o stranieri ammessi nel nostro Paese provvisoriamente), per il tramite dell’avvocato Paolo Bernasconi, al Tribunale federale amministrativo di San Gallo, che tiene viva la fiamma della speranza per madre (trentaduenne) e figlia (sette anni) afghane di poter continuare a vivere in Svizzera. Sulle due donne, residenti in Valle Verzasca, come noto pende la spada di Damocle dell’espulsione dalla Svizzera.
Come ci spiega Gabriela Giuria, attivista di Amnesty International, direttrice della Fondazione azione posti liberi e responsabile della Fondazione Diritti Umani, «i tempi per presentare l’istanza supercautelare contro l’allontanamento previsto dalla Sem (Segreteria di Stato della migrazione, ndr) sono molto risicati. Faremo leva sulla vulnerabilità delle due assistite, che lo ricordo, in Afghanistan sono state entrambe vittime di violenza domestica. Come pure sul lungo periplo che le ha portate sin qui da noi. Un viaggio durato 5 anni, lungo una rotta migratoria che le ha messe a dura prova; bloccate in Grecia, ‘rimpallate’ più volte tra Croazia e Slovenia, per finire poi in un campo rifugiati per soli uomini, prive della benché minima assistenza. Purtroppo le autorità svizzere non ritengono tutto ciò grave al punto da permettere loro di restare. Il nostro augurio è che le nostre rivendicazioni possano essere accolte proprio in virtù della brutta esperienza vissuta nei Paesi attraversati».
Gaby Giuria si lascia andare a un’ultima considerazione: «È importante sottolineare che siamo venuti a conoscenza del caso in questione perché dietro c’è una società civile che lo ha denunciato. La comunità verzaschese si è rivolta a noi per segnalarci la cosa. Un aspetto che merita di essere evidenziato».
Una mobilitazione popolare che si sta concretizzando in una raccolta firme (che andrà avanti sino al 26 dicembre) partita da chi in questi mesi ha conosciuto da vicino mamma e soprattutto figlia.
«S. (nome noto alla redazione, ndr) è una bambina solare, molto intelligente e ben integrata, come dimostra anche il fatto che ha già imparato bene l’italiano: vederla nuovamente partire sarebbe una perdita anche per la nostra classe».
A parlare è Bianca Soldati, la docente della pluriclasse (1a e 2a elementare) delle Scuole di Brione Verzasca che accoglie appunto la bimba afghana di 7 anni che le autorità federali vogliono "cacciare" dalla Svizzera assieme alla madre. Un destino che era già toccato loro durante la scorsa estate… «La bambina era già rimasta con noi tre settimane a maggio, poi da un giorno all’altro non c’era più, perché la Segreteria di Stato della migrazione aveva deciso di rispedirle in Slovenia, il primo Paese europeo a registrarle prendendo le loro impronte digitali».
Poi il ritorno in Svizzera, per un soggiorno che rischia però di essere ancora una volta molto breve... «L’abbiamo con gioia riaccolta a ottobre, ma ora è arrivata la doccia fredda della Sem. Devo dire che la mamma è abbastanza provata, come d’altronde lo siamo un po’ tutti, perché è una notizia, oltretutto giunta proprio sotto Natale, dura da digerire e soprattutto da comprendere. L’impressione è che a Berna non abbiano nemmeno voluto ascoltare la storia di questa donna – che oltretutto è persona che ha voglia di lavorare e di darsi da fare in qualsiasi modo, sta imparando l’italiano e si fa voler bene da tutti –, perché altrimenti non credo che avrebbero deciso così a cuor leggero di cacciare lei e sua figlia. In Afghanistan di certo non possono tornare, il marito si drogava e le picchiava e in ogni caso finirebbero nelle grinfie della famiglia del marito, che tra l’altro le ha già "sottratto" un altro figlio».
A questo punto la speranza è legata al ricorso, che dovrebbe venir depositato martedì prossimo e che sarà accompagnato dalle firme raccolte e dall’affetto, oltre che dell’intera comunità verzaschese, dei compagni di classe… «I bambini non si rendono conto di quello che succede, per loro è una compagna come tutti gli altri, in ogni caso oggi (ieri, ndr) hanno fatto dei disegni e scritto delle letterine che allegheremo alla petizione».
«Come istituzione, il Municipio posso assicurare non è mai stato interpellato in questa triste vicenda. Tuttavia non nascondo che io e i miei colleghi abbiamo sottoscritto la petizione proprio giovedì sera, in occasione del presepe vivente allestito a Sonogno, quando siamo venuti a conoscenza di questa storia». Ivo Bordoli, sindaco del Comune di Verzasca, a caldo così commenta la decisione, presa dalla Segreteria di stato della migrazione, di non concedere alla madre e alla figlia di otto anni, fuggite dall’Afghanistan, la possibilità di restare in Svizzera, dove la loro seconda domanda di asilo è già stata liquidata con una non entrata in materia. «Francamente fatico a comprendere certe decisioni – prosegue l’interpellato –. Sono due bravissime persone, ben integrate nella nostra comunità».