Grazie al piacere nel viaggiare assieme al suo fedele Jek, il locarnese ‘Jonni’ è riuscito a riprendersi dopo un tragico incidente in cui è quasi morto
«Qualcuno mi ha protetto da lassù il giorno del mio incidente, mi ha dato una seconda possibilità di vita e allo stesso modo credo che sempre quel qualcuno mi abbia fatto incontrare Jek».
A parlare è Jonathan Duca, l’incidente è il tremendo schianto avvenuto nel 2014 in Vallemaggia e Jek non è né un dottore, né uno psicologo, né un amico, anche se in realtà per Jonni è un po’ tutto questo assieme. No, Jek non è una persona, bensì un gatto, e da quando è entrato nella (seconda) vita di Jonni, non ci è più uscito, accompagnandolo praticamente ovunque, viaggi negli angoli più disparati del mondo compresi. Luoghi che senza di lui, probabilmente Jonni non avrebbe mai visto.
Nel maggio 2014 il terribile schianto e l’inizio di un lungo e doloroso percorso
Ma andiamo con ordine: è un grigio pomeriggio del 22 maggio 2014 quando Jonathan, allora 19enne, poco dopo l’abitato di Maggia perde il controllo della sua auto sull’asfalto bagnato e finisce contro un albero. Uno schianto tremendo che spezza in due la sua vita.
«Mi viene ancora la pelle d’oca a parlarne, perché ero praticamente morto quando sono arrivato all’ospedale di Lugano con la Rega – ci racconta il 28enne di Locarno –. Se penso ai miei genitori poi, che si trovavano all’aeroporto per le vacanze e lo hanno saputo da un articolo online per poi rivedermi solo dopo 14 ore di operazione, e ai miei fratellastri, chiamati a prendere decisioni mediche molto delicate in quanto appunto i miei erano sull’aereo, mi vengono i brividi».
L’emozione rompe la voce di Jonni, che da quel giorno nel suo bagaglio porta sì la gratitudine per aver avuto una seconda chance, ma anche il peso che l’etichetta del "sopravvissuto" comporta. Per non parlare delle conseguenze fisiche e psicologiche che l’incidente e il calvario fatto di ben 18 operazioni chirurgiche (in particolare al cranio, ora composto quasi per metà da una placca in metallo) gli hanno lasciato in eredità e che non gli hanno più permesso di riprendere un’attività lavorativa (al momento dell’incidente era apprendista meccanico)… «Sì, sono un miracolato e per questo mi sento fortunato, ma è stato davvero difficile ripartire. Una buona parte delle operazioni alle quali mi sono dovuto sottoporre non è andata bene e questo mi ha gettato in una spirale di ansia, insicurezza, paure, sbalzi d’umore… Insomma tutta una serie di sofferenze fisiche (tra cui dei mal di testa lancinanti che ancora oggi lo attanagliano, ndr) e psichiche che mi hanno spinto verso una depressione che, assieme all’incidente, mi ha portato a dover affrontare un percorso interiore lungo il quale ho iniziato a dare un valore e un significato diverso alla vita, ma anche alle persone che avevo accanto, dalle quali mi sono progressivamente staccato. Un cammino non facile anche da questo punto di vista ma che mi ha fatto capire che anche da solo posso stare bene».
O almeno così credeva, perché nell’estate 2017 il bisogno di condividere gioie (poche) e dolori (tanti) per provare a uscire dal tunnel della depressione lo porta alla Protezione animali, dove adotta un gattino soriano che chiama Jek (dove J sta per Jonathan e la K per Kevin, il suo secondo nome). L’"imprinting" è fulmineo, anche se Jonni se ne rende davvero conto solo quando nel 2018 parte, da solo, per il Marocco… «Sono stato via un mesetto e il viaggio mi è piaciuto, ma non credevo che Jek potesse mancarmi così tanto. Così una volta tornato mi sono detto che non sarei più partito senza di lui e visto che avevo capito che viaggiare mi porta dei benefici, in quanto è solo in viaggio che riesco a staccare la mente da tutto ciò che mi circonda nella vita di tutti i giorni, ho pensato di unire le due cose. Da quel giorno organizzo solo viaggi in cui posso portare con me Jek, che è il compagno di avventure ideale, capisce al volo quando non sto bene e mi riempie di amore».
Un amore che da quel momento Jonni e Jek portano in giro per il mondo a bordo del loro fuoristrada, un Toyota LandCruiser HZJ78 (camperizzato, si solleva il tetto e al piano superiore si ha un letto matrimoniale e tutto il necessario per vivere) che li ha visti passare dal clima torrido dei deserti africani (in più occasioni) alle gelide temperature della Scandinavia a caccia dell’aurora boreale, nonché praticamente in tutte le nazioni europee… «Amiamo il deserto, ma tra i viaggi più emozionanti c’è sicuramente quello dello scorso anno al nord, dove abbiamo visto l’aurora e siamo arrivati fino a Capo Nord, viaggiando per 17mila chilometri. E pensare che io odiavo i gatti e non viaggiavo molto, ora invece è diventata una sorta di terapia, toccatemi tutto, ma non la macchina e Jek. Quando siamo in giro assieme non ci separiamo praticamente mai, se non in rare occasioni (in particolare nelle città) nelle quali visito determinati luoghi ai quali con lui non potrei accedere. Chi non ha animali non può capire, ovviamente non è come una persona, non parla e non commenta quello che vediamo, ma c’è comunque un alto livello di condivisione e con lui non mi sento mai solo. Devo anche ammettere che a parte qualche accorgimento, non è particolarmente difficile viaggiare con un gatto. Oltretutto lui è abituato a stare in appartamento, per cui non ha avuto problemi ad ambientarsi sul fuoristrada, dove ha tutto ciò di cui necessita, lettiera compresa. È talmente a suo agio che riesce a dormire anche sui continui saliscendi delle dune del deserto. Quando poi ci fermiamo, esce con la pettorina (e guinzaglio) sotto la mia vigilanza, mentre nelle zone più isolate come nel deserto o nei boschi, può muoversi liberamente».
Le loro avventure e soprattutto la loro storia sono talmente speciali, da averli resi ormai piuttosto famosi, visto che il loro profilo instagram travel.with.my.cat vanta oltre 105mila followers… «Tutto è partito da una gita al laghetto del Naret a Fusio (Alta Vallemaggia, ndr) per sfuggire alla canicola. Lì ho scattato qualche foto con Jek, le ho condivise e notando l’interesse, ho pensato di aprire il profilo e iniziare a raccontare i nostri viaggi. Non sono particolarmente amante dei social e difatti quando siamo in Ticino non sono molto attivo sul profilo, ma in viaggio mi piace condividere ciò che viviamo e vedere che alla gente interessa, visto che solitamente le nostre storie raggiungono almeno 15mila visualizzazioni».
Un contatto a distanza che crea una sorta di paradosso in chi, nelle difficoltà, non ha trovato un appiglio nelle persone, finendo per respingerle e trovando invece in un gatto la forza per reagire e provare a riprendere in mano la sua (seconda) vita. Una storia che Jonathan ha tra l’altro deciso di raccontare per la prima in un evento pubblico negli scorsi giorni al Centro La Torre di Losone. Ed è proprio preparando quell’appuntamento (al quale si sono presentate oltre 50 persone) che ha preso in mano il passaporto di Jek e ha notato la sua data di nascita, avendo conferma che il loro incontro, in fondo, era già scritto nelle stelle: 22 maggio.