Locarnese

Scorci di Vallemaggia al Washington Post

Il fascino rustico della valle colpisce e incanta anche la carta stampata d’Oltreoceano

‘Una valle rustica’. Nella foto veduta panoramica di Foroglio, Valle Bavona
(Ti-Press)
14 settembre 2022
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Solo due mesi fa, nella piazza più iconica d’America (e forse pure del mondo), ovvero Times Square, venivano esposti alcuni scatti della Svizzera e del Ticino, grazie a una campagna promozionale lanciata da Svizzera Turismo. L’obiettivo? Quello di attrarre possibili turisti statunitensi (e non solo). E ad oggi qualche frutto sembra esserci stato, tanto che un giornale importante come il ‘The Washington Post’ ha deciso di dedicare un ampio reportage sulle bellezze del Ticino e in particolare della Vallemaggia. La valle del Locarnese è descritta da Sylvie Bigar, scrittrice e autrice dell’articolo, come "vicina al confine svizzero con l’Italia, dove le vestigia del passato sono scolpite nella pietra". Un viaggio, che inizia partendo da qualche vecchio cliché e si trasforma in un percorso più profondo, che va oltre un Ticino tutto ‘sole, Merlot e mandolino’.

Da Locarno a Mogno, passando anche per la Valle Onsernone

Locarno, Ponte Brolla, Maggia, Cevio, passando poi lungo le vallate laterali della Lavizzara e della Bavona, nonché una ‘toccata e fuga’ anche nella vicina Valle Onsernone. Queste grossomodo le mete toccate dalla giornalista durante il suo giro in automobile. Diversi i luoghi visitati. Da quelli più gettonati e turistici, come la chiesa di Mario Botta a Mogno, ai grottini che circondano la frazione di Cevio Vecchio e che un tempo servivano da frigoriferi naturali per la conservazione del cibo, perlopiù carne, formaggi, patate.

E poi i fuori programma come la visita in Val Onsernone: "Tornata a Ponte Brolla, mi sono diretta a ovest, nella Valle dell’Onsernone, dove secoli fa ben 27 mulini ad acqua ‘ronzavano’ lungo il fiume. Nel minuscolo paese di Vergeletto ho conosciuto Ilario Garbani, un maestro in pensione che, in collaborazione con il Museo di Valle Onsernonese, lavora per far sì che le tradizioni ancestrali non vengano perse. Produce la farina bóna, una farina di mais tostato finemente macinata. Pioveva molto e il torrente si presentava funesto. Anche qui ho notato come la comunità avesse imparato a sfruttare il potere della natura per aiutarla nella vita quotidiana.

Vita, morte e miracoli della gente che fu

Ma la storia di un luogo non si conosce solo attraverso i paesaggi, i monumenti e le attrazioni. Anche le persone offrono preziose testimonianze sul passato. Il Washington Post per l’occasione ha intervistato lo storico e guida Flavio Zappa, grande conoscitore della realtà valmaggese: "La vita qui era molto dura – racconta lo storico a Bigar ricordando poi il periodo delle grandi migrazioni –. A partire dal 1850 e fino alla Prima guerra mondiale, ondate di emigrazioni hanno portato generazioni di uomini in Australia e California. Alcuni si stabilirono lì, come la famiglia Lafranchi, altri tornarono e costruirono i tanti "palazzi degli emigrati", case progettate sui modelli incontrati Oltreoceano". Non solo palazzi ma anche cappelle votive e monumenti, come testimonianza del proprio sacrificio e, in alcuni casi, di prosperità. "I soldi che guadagnavano Oltreoceano li mandavano a chi era invece rimasto, ovvero le donne e i bambini. La partenza dei soli uomini ha permesso di non far morire la comunità, ma ha anche creato uno squilibrio della popolazione che si sarebbe corretto solo un secolo dopo".

Il Ticino visto con altri occhi

Leggere i contributi esterni è sempre una sorpresa, poiché chi viene ‘da fuori’ ha sguardi e approcci differenti al territorio. Quello che può essere scontato o banale per chi in Ticino ci vive, per un turista può invece trattarsi di una piacevole sorpresa. Alla fine del suo viaggio, la scrittrice Sylvie Bigar, nella chiusa del suo pezzo si dice soddisfatta: "Ero venuta in Vallemaggia alla ricerca della natura, ma le discrete valli rivelavano molto più che splendidi paesaggi alpini. Sotto la roccia, una società è emersa, si è fatta strada attraverso gli elementi e ci ha lasciato un affascinante pezzo di cultura svizzera".

E chissà se altri, leggendo l’articolo del Washington Post, si appunteranno la Vallemaggia fra le mete per le prossime vacanze.