La segnalazione di un privato alla Ofima: ‘Per un territorio a vocazione turistica non è certo il massimo’. La replica: ‘Non crea pericolo e non deturpa’
Un laghetto artificiale, quello di Palagnedra, nelle alte Centovalli, pittoresco e rilassante, da cartolina, incastonato nel verde, che costituisce un’attrattiva per i turisti di passaggio. Scorci che invitano a una sosta e a trascorrere momenti di quiete. A deturpare questo idillio, tuttavia, c’è da diversi mesi a questa parte un problema legato al numeroso legname che ne ricopre in alcuni punti la superficie. Sicuramente finito nello specchio d’acqua a seguito di alluvioni, portato da torrenti della zona e dall’affluente principale, il fiume Melezzo. Come ci segnala Claudio Tognola, già consigliere comunale delle Centovalli, «il fatto è che l’ultima piena rilevante risale a parecchio tempo fa e questi detriti di legname galleggiano da mesi e mesi senza che nessuno si degni di rimuoverli. Ho segnalato la cosa al Comune e all’Ofima, proprietaria dell’impianto, ma fino a ora non è stato fatto nulla. La zona è a vocazione turistica e questo spettacolo non è sicuramente un bel biglietto da visita. Sono dell’avviso che se un’azienda sfrutta le risorse del territorio, è giusto che ne abbia anche a garantire pulizia e manutenzione. Basterebbe impiegare un piccolo natante come si faceva in passato (che oggi non c’è più) e il materiale galleggiante che si è ammassato e che si sposta a seconda delle correnti potrebbe essere tolto». Una preoccupazione, la sua, condivisa anche dai pescatori che gettano la lenza nel bacino a pochi passi dal confine, conferma Ewan Freddi, presidente della Società di pesca Onsernone e Melezza.
La coltre marrone fatta di rami, tronchi e tronchetti (e qualche inevitabile rifiuto inorganico finito nell’acqua) che farebbe gola ai castori attende, dunque, gli spazzini. Che però, stando a quanto ci riferiscono dalle Officine idroelettriche della Maggia Sa, non arriveranno tanto presto. L’ingegner Andrea Baumer, responsabile della Sezione sbarramenti, spiega che solitamente, a ogni buzza, torrenti e fiume in piena riversano nel bacino materiale limoso, sassi e legname. «Tuttavia non procediamo a pulizie sistematiche dopo ogni temporale o evento meteorologico particolarmente violento. Ci limitiamo, se del caso, a eliminare ciò che potrebbe creare una situazione di disturbo o pericolo. In alcune circostanze, quando il laghetto è pieno, lasciamo sforare l’acqua col legname galleggiante, che poi finisce a valle della diga riprendendo il suo corso naturale. Oppure raccogliamo la legna che si deposita lungo la riva o in qualche ansa, ma non è, ripeto, un intervento effettuato regolarmente». Anche perché, prosegue l’ingegnere, «si tratta comunque di un lavoro assai delicato. Muovere tronchi da un piccolo natante espone gli addetti pure a qualche rischio. Ricordo che in passato vi fu anche un incidente con esito mortale. Bisogna essere prudenti, è un compito delicato».
Resta il fatto che, sebbene lontani dal tragico quadro dell’alluvione del 1978 (allora lo sbarramento di Palagnedra si riempì con due milioni di metri cubi di legna e altro materiale), l’aspetto pittoresco del laghetto ne risente: «Dipende dai punti di vista. Si trattasse di rifiuti galleggianti sulla superficie, saremmo sicuramente intervenuti. Ripeto, non siamo di fronte a una situazione deturpante. Di principio non eseguiamo interventi legati alla bellezza del paesaggio».