La sindaca di Cevio prende posizione riguardo alla doppia raccolta firme su scuola e vendita di un terreno
Che quella doppia caccia alle firme, per dare la possibilità alla cittadinanza di esprimersi sulla vendita di un terreno a Cevio e sulla costruzione – da parte del Patriziato – di una nuova scuola elementare a Bignasco avrebbe fatto scorrere fiumi d’inchiostro tra favorevoli, contrari e carta stampata, era più che immaginabile. Un po’ meno che da quelle, all’apparenza semplici petizioni, sarebbe nato un dibattito sulla comunicazione fra enti, iniziativisti e popolazione.
A suscitare una reazione non solo il testo di accompagnamento alla raccolta firme e la presa di posizione di alcuni singoli promotori del possibile referendum, ma anche la scelta del Municipio di "anticipare i tempi", pubblicando e poi distribuendo a tutti gli abitanti di Cevio un volantino di "invito a riflettere sulle conseguenze che il Comune avrebbe avuto qualora i due referendum passassero".
Per tali ragioni, la sindaca di Cevio Moira Medici ha deciso di prendere posizione a nome dell’esecutivo riguardo alla doppia raccolta firme e rispondere in merito alle scelte comunicative adottate dall’organo che rappresenta.
Dopo la prima presa di posizione inviata a tutti i fuochi del Comune avete deciso, come esecutivo, di pubblicare anche un comunicato stampa. Perché?
Abbiamo deciso di prendere nuovamente posizione perché riteniamo sia doveroso far chiarezza e sgomberare il campo da alcune argomentazioni e informazioni fuorvianti, che negli ultimi giorni hanno iniziato a circolare riguardo ai due referendum e a come gli iniziativisti li hanno presentati alla popolazione.
Quali punti espressi nel foglio di raccolta firme per la scuola considerate come ‘fuorvianti’?
Per quanto riguarda la costruzione della scuola, non esiste l’obbligo che impone al Comune di edificare da sé la propria sede scolastica o il divieto che proibisce al Patriziato di rispondere a questa necessità della collettività. Non esiste un progetto per una scuola a Cavergno e sul fondo comunale a cui fanno riferimento i referendisti non è oggi possibile costruire una scuola. Si dice poi che il progetto non è stato mai mostrato, ciò è però falso. I suoi contenuti sono ben descritti dallo studio di fattibilità elaborato dal Patriziato di Bignasco e presentato, unitamente al Municipio, a tutti i consiglieri comunali lo scorso 27 aprile. Riguardo alla distanza con la palestra e il traffico che genererebbe la scuola rispondiamo nel primo caso che già oggi i ragazzi si spostano per fare attività fisica da Bignasco a Cavergno (utilizzano la palestra di Cavergno anche gli allievi della Lavizzara) e per il secondo che questo tema si proporrà ovunque dovesse sorgere la scuola, ma non deve essere la preoccupazione con cui affossare il progetto. Il Municipio si impegnerà a ottimizzare i trasporti sensibilizzando i genitori e a modulare il traffico con la necessaria segnaletica, garantendo attenzione agli abitanti della zona residenziale che accoglierà la scuola. Sorvoliamo poi sulle velate accuse al Patriziato di voler ricavare da questa collaborazione fra enti un proprio tornaconto.
Per quanto concerne la vendita del terreno a Cevio invece?
Nel loro testo i referendisti affermano che il prezzo di vendita è irrisorio e il Comune avrà solo una perdita finanziaria. In realtà la cifra di 250 franchi al metro quadrato è in linea con le altre transazioni a Cevio, non è quindi corretto paragonarlo a un unico caso che vede un’operazione immobiliare ben riuscita nel quartiere di Bignasco. Il Comune incasserà un prezzo lordo di compravendita di 750mila franchi ma questa operazione comporterà un investimento privato di ben 8 milioni. La mancata vendita rischia il "dezonamento" del terreno e una perdita del Comune di circa 1 milione. E proprio perché non si vuole vendere al massimo del prezzo, questa operazione non implica alcuna speculazione: un prezzo adeguato, per una costruzione a un prezzo accessibile, che attiri sul territorio nuove famiglie, obiettivo del Municipio.
La prima circolare da voi mandata ha fatto discutere, perché molti l’hanno vista come un atto d’insicurezza, altri come un invito velato a non firmare il referendum. Credete di aver fatto un passo falso?
No, assolutamente. Il nostro intento era quello di informare la popolazione. Lo abbiamo chiaramente scritto: "Il referendum è un diritto democratico, non è il punto che mettiamo in discussione, quanto le conseguenze che potrebbero riversarsi sul Comune se i due referendum dovessero avere esito positivo".