Dopo 18 anni d’aggregazione, la popolazione continua a diminuire. Un gruppo di consiglieri comunali si mobilita e chiede al Municipio nuove soluzioni
Le vene sono aperte e la valle sanguina. La metafora (forse) è un po’ troppo forte. Va bene, non si tratta di un’emorragia zampillante, ma di uno stillicidio che continua da decenni. Entrando nel merito, sciogliamo: lo stillicidio si riferisce allo spopolamento continuo e la valle protagonista è la Lavizzara con il suo Comune “eponimo”, aggregatosi nel 2004. Un destino comune a molti territori periferici che da tempo vivono e subiscono il fenomeno (storico) dell’involuzione demografica – con momenti e intensità diversi –, cercando tuttavia di resistervi attuando soluzioni per chiamare a sé nuovi domiciliati e invertire, o quanto meno, frenare l’impoverimento delle comunità montane e di valle.
L’impegno delle autorità comunali per il territorio di alta valle e la sua vitalità, dall’aggregazione in avanti, si è concretizzato nella realizzazione di alcune opere significative, fra le altre la Casa comunale, il Centro scolastico, il Centro sportivo, il Centro di scultura di Peccia (notizia di settimana scorsa, la predisposizione a rinunciare all’edificazione della casa anziani). Una fisicità progettuale che avrebbe dovuto ancorare saldamente al terreno la volontà di rimanere un paese vivo e brulicante. Un impegno moltiplicato soprattutto in favore di giovani e famiglie, che si è anche tradotto nella proposta di incentivi economici e nella lotta allo smantellamento di servizi alla popolazione, che sono fonti di posti di lavoro. Di fatti, l’abbandono dei territori discosti da parte di uffici pubblici, ma anche di negozi, banche e uffici influisce non poco sulla demografia: ultima in ordine di tempo si ricorderà la chiusura dopo un secolo dell’ufficio postale nella frazione di Peccia.
Andiamo quindi a mettere il naso nei numeri. Dai dati demografici fornitici dall’Ufficio cantonale di statistica – teniamo conto del saldo netto senza specificare i movimenti come partenze e arrivi, nascite e decessi –, nel 2004 il Comune appena aggregato contava 579 abitanti residenti permanenti. Eccetto alcune occasioni in cui la popolazione è cresciuta, l’andamento generale è di diminuzione, soprattutto la tendenza è riscontrabile dal 2017 al 2020, nel 2021 invece v’è stato un aumento di otto unità, portando il numero di abitanti a 508. Nonostante gli sforzi profusi e gli incentivi messi in campo nel corso degli anni in ottica di salvaguardare il futuro del Comune e il suo sviluppo anche demografico, lo spopolamento (i dati scarni lo confermano) continua.
Essendo uno dei temi cardine della politica di paese, le autorità comunali negli anni – con i sindaci Michele Rotanzi prima e Gabriele Dazio poi – hanno lanciato alcune iniziative per attirare nuovi domiciliati: basti ricordare il ‘Regolamento per la concessione di un incentivo finanziario (valido per tre anni; ndr) a nuove famiglie con bambini in età di scuola dell’infanzia ed elementare, e per concedere un sostegno alle famiglie domiciliate o residenti nel Comune con figli che frequentano il locale istituto scolastico’, accolto dal legislativo a fine 2016. “Un segnale forte lanciato a testimonianza dell’impegno e della volontà di mantenere viva la nostra scuola”, aveva commentato allora l’attuale sindaco Gabriele Dazio. Fra le misure segnaliamo ancora l’approvazione delle norme per regolare la concessione dei vari aiuti: sia diretti per famiglie con figli in età prescolastica o che frequentano la scuola dell’infanzia o elementare a Lavizzara, sia come sostegno alla ristrutturazione di case o alla costruzione di nuove abitazioni a uso primario.
Ciononostante, gli sforzi sembrano non bastare. A dicembre 2021, il Municipio di Lavizzara ha ricevuto l’interrogazione ‘Ristrutturare case in disuso per offrire nuove possibilità abitative a nuove famiglie’ dei consiglieri comunali Giorgia Mattei, Rudy Vedova, Alessandro Kaufmann, Matteo Losa, Vichy Fiori e Brunella Ribeiro Pereira, che si sono mobilitati.
Gli interroganti ritengono che sia importante che il Comune possa “potenziare l’offerta di immobili attrattivi da affittare” a coloro che si trovano nella situazione di rivedere il proprio contesto abitativo, soprattutto nell’ottica di spingere e invogliare le giovani generazioni a non andarsene dall’alta valle oppure, per chi non ha legami familiari, ad approdarci per stabilirvisi. Il nugolo di consiglieri comunali ha quindi chiesto all’esecutivo di “valutare la possibilità di acquistare o concordare un diritto d’uso con i proprietari e ristrutturare alcune abitazioni distribuite in valle per poi renderle accessibili a famiglie interessate a trasferirsi nella nostra regione”. Questa richiesta è stata formulata sulla scorta dell’iniziativa intrapresa da Luserna, un piccolo comune montano del Trentino che ha una realtà vicina a quella lavizzarese. Gli autori hanno pure domandato al Municipio di considerare “nuove fonti di finanziamento quali il crowdfunding, metodi efficaci anche per ottenere visibilità e coinvolgere sia privati, sia nuovi gruppi d’interesse”.
Come da protocollo, all’interrogazione è seguita la risposta del Municipio che, si legge, “condivide la volontà di moltiplicare gli sforzi per attirare nuove famiglie e stimolare lo sviluppo dei nuclei promuovendo peraltro uno sviluppo insediativo che vuole essere centripeto e di qualità”. In effetti, viene ribadito, “la rivitalizzazione dei nuclei e le strategie attuabili per attirare nuove famiglie in valle è fra le priorità del Municipio in carica”. Passando in rassegna l’interrogazione, l’esecutivo ha osservato come “l’attuale richiesta di case o appartamenti sia sfortunatamente bassa”, in ragione di ciò è complesso “vagliare provvedimenti” contro l’involuzione demografica. Per quanto riguarda il coinvolgimento di privati, invece, l’esecutivo nutre alcuni dubbi”. Nella sua risposta, il Municipio “invita ad approfondire e affinare la proposta, ricorrendo allo strumento della mozione”.
Riproponiamo come chiusa una dichiarazione che il sindaco Gabriele Dazio aveva rilasciato al nostro giornale una manciata di anni fa perché cruciale: «La ricetta che invogli le persone a trasferirsi (in alta valle; ndr) è difficile da trovare». È una questione di soppesare e far reagire insieme diversi elementi: quello economico, così come l’offerta professionale, il tessuto socio-culturale, la prossimità ai servizi.