Vento, fumo e ostacoli rendono difficile il lavoro di chi manovra il velivolo. Il successo dell’operazione dipende dalla capacità di fare squadra
Tra i velivoli leggeri impegnati nella lotta alle fiamme in questi giorni nel Gambarogno figurano gli Airbus H125 (precedentemente chiamati As 350 Ecureuil B3e), apparecchi leggeri, monomotore, robusti che per prestazioni e versatilità dimostrano tutta la loro idoneità a questa funzione. Ben sopportano condizioni di alto e temperature elevate, sono in grado di trasportare benne da 1’000 litri d’acqua e hanno dalla loro la possibilità di agire velocemente e molto chirurgicamente sulle fiamme. Evitando che si propaghino al punto di dover richiedere l’intervento di velivoli più grandi. Lavoro duro e rischioso quello del pilota alle prese con un incendio; svolto con passione e molta attenzione ai pericoli, soprattutto quando si vola con vento o a pochi metri dalle case, dei fili dell’alta tensione nonché accanto a ostacoli situati in prossimità dei bacini in cui viene pescata l’acqua.
Abbiamo chiesto a Ferruccio Pozzi, capo pilota di lungo corso della Heli-Tv, d’illustrarci come funziona. «Tra le insidie maggiori con le quali è confrontato un pilota vi è, sicuramente, il vento. Rende complicato il lavoro poiché le raffiche (come quelle da nord) a contatto col terreno creano turbolenze che rendono più difficile manovrare il velivolo; poi c’è il fumo, che ostacola la visibilità del pilota soprattutto laddove sono richiesti dei lanci precisi; un’altra fonte di stress è quella del coordinamento tra gli equipaggi. In un incendio come questo, volano contemporaneamente più macchine ed è perciò importante l’intesa tra i piloti e il capo intervento, tutti collegati via radio. Ogni velivolo deve rispettare delle direttive precise all’interno di un circuito prestabilito. Occorre avere sempre sotto controllo la posizione di tutti gli altri. Vi è infine la presenza di ostacoli, come i tralicci e le linee dell’alta tensione, i fili a sbalzo o altro. Soprattutto quando occorre scendere bassi per lanci precisi, bisogna prestare la massima attenzione a ciò che si trova nei paraggi. A dipendenza della morfologia del terreno e delle condizioni meteo, il pilota sceglie la quota opportuna di sgancio. In modo da avere la massima efficacia nell’azione contenitiva e di spegnimento».
Un lavoro, quello di piloti e assistenti di volo, estenuante e che non lascia dunque spazio all’improvvisazione: «I piloti sono professionisti dell’aria che vengono formati attraverso corsi interni promossi dalle ditte. Nel caso d’incendi di grosse dimensioni, ogni elicottero necessita di due piloti che si alternano ai comandi, per una questione di ore operative e riposo. Questo garantisce l’impiego della macchina tutto il giorno. Con i forestali, i pompieri di montagna e i partner d’intervento vengono poi organizzati periodici incontri informativi e di addestramento, affinché l’amalgama poi funzioni alla perfezione quando occorre». Il grande gioco di squadra necessario affinché ogni operazione possa essere organizzata e gestita nel migliore dei modi per la tutela dei cittadini e del territorio.
Tra i mezzi aerei supplementari che possono essere schierati in caso di necessità qualora le forze delle compagnie ticinesi in campo non dovessero bastare troviamo naturalmente i Super Puma As 332 delle forze Aeree, con benna da 2’200 litri d’acqua, il modello Kamov Ka 32 A12, dotato di benna da 4’500 litri e, infine, pure il K-Max capace di fare la spola con una benna da 2’500 litri.