Il fenomeno sociale con conseguenze preoccupanti a livello individuale e sociale al centro della conferenza di questa sera del collettivo Io l’8
“Tra i limiti d’età di nove e quattordici anni non mancano le vergini che a certi ammaliati viaggiatori, i quali hanno due volte o parecchie volte il loro numero di anni, rivelano la propria reale natura: una natura non umana, ma di ninfa (vale a dire, demoniaca)”. La citazione è tratta dal celebre e controverso romanzo di Nabokov, ‘Lolita’. Il personaggio Lolita è frutto dell’immaginario di un uomo e risponde a un desiderio maschile. Una figura che è uscita dalla dimensione letteraria prima e cinematografica poi per diventare “modello” normalizzato, che ci permette di abbordare il tema della sessualizzazione del corpo delle bambine, seppur trovate pubblicitarie discutibili darebbero continui spunti.
Il fenomeno sociale è al centro della prima di un ciclo di conferenze proposto dal collettivo Io l’8 Ogni Giorno dal titolo ‘Noi e il nostro corpo’. Il primo appuntamento è per questa sera alle 20 nell’aula magna del Liceo di Locarno e vedrà gli interventi di due relatrici: Paola Iametti e Barbara Bonetti. Con Paola Iametti, psicologa e psicoterapeuta specializzata in educazione sessuale, cerchiamo di definire fenomeno, “colpevoli”, conseguenze (sui piani individuale, psicologico e sociale) e “cure”.
«La sessualizzazione del corpo, in particolare quello femminile, sin dall’infanzia è un fenomeno creato e che continua a essere veicolato con bombardamento quotidiano dai media (vecchi e nuovi, come i social); il cui scopo è rappresentare il corpo femminile in maniera sessualizzata, riducendolo a un oggetto che deve suscitare desiderio nell’osservatore. Il valore personale deriva quindi unicamente dall’aspetto fisico e dal fascino sessuale, erotico. Le altre caratteristiche della persona (soprattutto nelle donne) non sono collegate ad alcun valore. Ci si trova di fronte a manipolazione del corpo a fini commerciali, ma anche ideologici», definisce la nostra interlocutrice.
Oltre ai media, «questo comportamento è reiterato inconsapevolmente dagli adulti, figure di riferimento di bambine e bambini». Sono i genitori che comperano vestiti e accessori che nulla hanno a che vedere con l’abbigliamento infantile, «adulti che spesso sono modelli che corrispondono ai canoni sociali imposti», “vittime” a loro volta di un pensiero sistemico e normalizzato. Fra i “colpevoli” ancora la dimensione sociopolitica ed economica: «Ci guadagno tutti a condizionare le menti».
Le bambine imparano così a conformarsi agli stereotipi sociali, in questo caso alla donna sessualizzata che deve essere sexy, ammiccante, disponibile per poter piacere, avere successo, essere desiderata e amata. Nella testa si fa dunque largo l’idea confusa che «per essere amata devo essere disponibile sessualmente». Le bambine che sentono la pressione «di dover rispondere a determinati modelli di bellezza iperrealistici hanno una scarsa autostima, perché il loro valore è legato al loro aspetto esteriore e al loro fascino sessuale e sensuale. Questo genera insoddisfazione rispetto al proprio corpo, ma anche senso di vergogna e inadeguatezza». Il fenomeno – «che si sta sempre più precocizzando» – è riscontrabile già molto presto (in bambine di 5 e 6 anni) e porta a una serie di problematiche psicologiche preoccupanti: «Ossessività verso il proprio corpo, ansia, insicurezza, dispercezione dell’immagine di sé, disturbi del comportamento alimentare (in forte aumento negli ultimi anni fra le ragazzine), depressione. Fino a patologie del narcisismo e problematiche legate alla sessualità in età adulta».
Si tratta dell’auto-oggettivazione: «Le bambine imparano a guardarsi con lo sguardo severo e giudicante della figura maschile. Un fenomeno che porta allo sviluppo d’identità molto fragili», analizza. Il continuo bombardamento di dati stimoli, aggiunge, porta il cervello ad abituarsi e a normalizzarli, determinando meno capacità critica.
La sessualizzazione ha un impatto anche nei coetanei maschi: «Le conseguenze a livello sociale sono preoccupanti. Il fenomeno crea in bambini e ragazzi stereotipi distorti dell’immagine della donna, che deve essere sempre seducente, provocante e sessualmente disponibile. Ciò porta a sentire la prevaricazione sulle donne come un diritto e un potere». A livello sociale «incrementa un contesto sessista. Ricerche confermano che l’aumento della violenza sulle donne è anche legato a questo fenomeno della sessualizzazione del corpo femminile», dichiara.
«Il condizionamento dei media è massiccio, non si può annullare o contrastare. Ciò che si può fare è proporre ai bambini modelli differenti che promuovano valori diversi. A fare il primo passo devono essere le figure adulte di riferimento (famiglia, scuola). Inoltre, si deve aiutare il bambino a raggiungere una maggiore consapevolezza di sé e promuovere un’educazione sessuale, emotiva, affettiva onnicomprensiva», spiega. Essendo animali sociali, il condizionamento della società non si può evitare, bisogna dare però gli strumenti giusti affinché si sia in grado di leggere criticamente ciò che ci sta attorno.
L’incontro di stasera si svolgerà nel pieno rispetto delle norme Covid (distanziamento e mascherine obbligatorie) e non sarà necessario il certificato vaccinale. Info: www.iolotto.ch.