Locarnese

È morto Alvaro Mellini, precursore e passionario

Cordoglio a Locarno per la sua scomparsa alla soglia degli 80 anni. Ha amato scuola, tennis, calcio e (non sempre) la politica

Alvaro Mellini avrebbe compiuto 80 anni a dicembre
5 luglio 2021
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Il ricordo della figura di Alvaro Mellini quando congiunti e amici ne piangono la scomparsa alla soglia degli 80 anni non può allontanarsi dal luogo che Alvaro, lungamente, ha chiamato “casa”. Ovvero il Tennis club Locarno, con l'odore della terra rossa, gli amici che organizzano prima la partita e poi l'aperitivo; la passione di mettere a disposizione ore e competenze; la determinazione di rendere unico, nel suo piccolo, il “club house”. Mellini era il primo interprete di questa sensibilità fatta di cameratismo e generosità. Perchè proprio lì, al Tennis club, la generosità aveva fatto breccia, per la prima volta, nella vita dell'Alvaro ragazzo.

Ce lo aveva raccontato lui stesso nel novembre del 2019, al momento di lasciare per la terza volta la carica di presidente del sodalizio: correva l'anno 1952, alla morte del padre la mamma era rimasta con 6 figli da crescere. Lavorava, ma non poteva bastare. Provvidenziale era stato il “posto” di ”ball boy” che un conoscente aveva propiziato. «L'ambiente era esclusivo, al “club house” si parlava francese; ma mi sentivo protetto – aveva ricordato Alvaro Mellini – e in più guadagnavo qualche soldo». Se sono poi arrivati, da adulto, tre mandati da presidente; se sono stati realizzati i campi coperti alla Morettina; e se a fine anni '90 Mellini è stato il vero artefice del salvataggio finanziario del club muovendo con intelligenza tutte le pedine giuste su uno scacchiere finito di sghimbescio, ebbene, tutto ciò è riconducibile a questo: al bisogno di ripagare un debito con quell'ambiente che gli era così caro. Ed è un “saldato!”, quello esclamato con affetto dagli amici del tennis, che si è tradotto nella sacrosanta presidenza onoraria del sodalizio.

Uomo di idee e responsabilità Alvaro Mellini è stato anche ad altri livelli e in altri contesti. Quello della scuola, da direttore della Spai di Locarno per una vita, l'ha visto precursore del modello di scuola a blocchi, con una nuova e migliore omogeneità fra studio e lavoro per gli apprendisti. Poi c'era la politica, una passione vissuta negli anni '80 con l'impressione, spesso, di non essere al posto giusto laddove finte parevano certe pacche sulle spalle e troppo facili i cedimenti a compromessi di parte di molti colleghi, di partito e non. Il valore e il limite di Alvaro era nella necessità di essere sempre coerente con se stesso, con il rischio di incrinare determinati equilibri. Particolarmente significativo l'anno da primo cittadino di Locarno, come presidente del Consiglio comunale, nel 1985.

Ancora in ambito sportivo, un'altra grande passione è stata il calcio: da giocatore delle bianche casacche negli anni '60; da vicepresidente del Fc Locarno negli anni di Graziano Botta; e anche, lungamente, da “voce” dello Stadio Lido per la lettura delle formazioni e l'accompagnamento al pubblico durante le partite. In quel tono entusiasta che ci sembra di riascoltare oggi, con l'emozione tenuta a freno annunciando un gol del Beneamato, o i “tot-mila” spettatori che ancora premiavano le gesta dei bianchi, c'era l'incontro fra lo “speaker” ufficiale e il tifoso ebbro di gioia. Spesso, per distacco vinceva il secondo.

Alla moglie Elda e ai figli Davide e Marzio – nostro collega della redazione sportiva – vadano le più sincere condoglianze della “Regione”.

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