Muralto

Morte alla Palma, rinviato il giudizio

Slitta per ulteriori accertamenti il processo alle Criminali previsto da domani

La Scientifica al lavoro nella camera 501
(Ti-Press)
30 giugno 2021
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I risultati da laboratorio su “alcune tracce in atti” giustificano ulteriori approfondimenti scientifici presso un laboratorio esterno, che “non hanno potuto essere ordinati anzitempo”. Pertanto, il processo per l'omicidio all'albergo La Palma di Muralto, che avrebbe dovuto iniziare domani mattina a Lugano, è stato rinviato a data da stabilire.

È con un annuncio a tempo praticamente scaduto, che il Tribunale penale ha sgonfiato l'attesa per il dibattimento al via. La decisione è ovviamente del giudice Mauro Ermani, presidente di una Corte di Assise criminali chiamata a rispondere alla grande domanda se la morte della 22enne inglese, rinvenuta cadavere nella camera d'albergo la mattina del 9 aprile 2019, sia stata causata da un gioco erotico finito tragicamente, oppure se all'origine del decesso via sia stato altro, forse anche premeditazione. 

Alla sbarra, difeso dall’avvocato Yasar Ravi, domani avrebbe dovuto comparire il giovane di nazionalità tedesca, ma residente a Zurigo, che della vittima era il fidanzato. Arrestato il giorno del dramma, non è ancora uscito di prigione ed è tuttora in espiazione anticipata della pena. L'accusa, pesantissima, è quella di assassinio. 

In aula, quando il processo verrà aggiornato sulla base delle nuove risultanze, verrà ripercorsa una storia di devianze, debiti, frizioni, di uno strano rapporto di coppia che con la vorace complicità dei social era diventato di pubblico dominio, con vasta eco internazionale. Per la procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis, titolare dell’inchiesta, un inedito cimento giudiziario vissuto sotto la sinistra luce di una “privacy” pesantemente violata. D’altra parte quando sesso, soldi e sangue s’incontrano non c’è mai da aspettarsi niente di buono.

La tragica vicenda era idealmente uscita dalla camera d’albergo alle prime luci del mattino, quando l’uomo, un giovanotto sulla trentina, si era precipitato alla “reception” del 4 stelle sostenendo che la sua fidanzata, riversa nel bagno, non dava più segni di vita. Secondo la versione dell’imputato, la scoperta sarebbe avvenuta pochi minuti prima, praticamente al risveglio. La ragazza non era nel letto, ma nel locale bagno. Sembrava morta. L’addetto dell’hotel era salito insieme al giovane, con lui aveva verificato la situazione e immediatamente chiamato l’ambulanza. Giunto sul posto in pochissimi minuti, il personale sanitario nulla aveva potuto fare se non operare un disperato tentativo di rianimazione e infine constatare il decesso della giovane. La causa: soffocamento.

Fin da subito il castello difensivo edificato dal giovane aveva denotato qualche crepa. Questo, in relazione diretta con quanto da egli stesso affermato, ovverosia che la tragedia si era verificata al culmine di un gioco erotico che proprio nell’asfissia ha la sua ragion d’essere. Nel caso specifico, il sottile confine fra amplesso, ricerca del piacere e dramma sarebbe stato inavvertitamente superato. Ma quando? Con ogni probabilità nel corso della notte, dopo che dalla stanza 501 si erano levati dei rumori tanto disturbanti da rendere necessario un intervento del personale alberghiero. C’era stato un litigio, i vicini di stanza avevano sentito dei lamenti, qualcuno piangere, addirittura si era detto di una minaccia di morte. La situazione era rapidamente tornata nella normalità; da lì, si presume, il gioco erotico che i due giovani erano soliti fare per appianare i numerosi dissidi. Gioco che secondo l’imputato terminava spesso con lo svenimento della vittima. Salvo l’ultima volta. È agghiacciante anche solo immaginare che quella che nel corridoio poteva venire percepita come ritrovata calma fosse il silenzio meditabondo di un ragazzo con un cadavere accanto.

Debiti, truffe, violenza

Indizi significativi erano arrivati dopo, in corso d’indagine. Grazie ad essi, del giovane era stato delineato un profilo particolare, problematico, ben lontano da quello che sarebbe lecito attendersi da un trentenne che porta in vacanza l’amica di 22 anni. L’uomo, occasionalmente occupato come buttafuori, ha un’importante relazione alle spalle. E debiti, anche nei confronti della ex compagna, cui oltretutto non sempre aveva versato gli alimenti a favore dei due figli avuti assieme. Poi c’era una rendita di invalidità ottenuta per un infortunio automobilistico patito in Germania, e percepita anche fornendo alla Suva certificati falsi. Ma anche viaggi, costose vacanze all’estero. Proprio in occasione di una di queste, in Thailandia, 4 mesi prima della tragedia, era avvenuto l’incontro con la 22enne. Un altro elemento, potenzialmente determinante, è legato al ritrovamento della carta di credito della ragazza nella plafonatura dell’ascensore dell’albergo. Come, ma soprattutto perché ci era finita? L’accusato, in uno dei circa 20 interrogatori sostenuti davanti alla procuratrice pubblica, si era giustificato dicendo di averla occultata per poterne liberamente disporre al momento di fare il “check-out”. Una carta di credito peraltro “pesante”, se consideriamo che pochi giorni prima della tragedia era stata rimpolpata grazie ad un bonifico di 30mila franchi da parte di uno zio particolarmente generoso (e di quei 30mila, circa 10mila erano stati spesi dalla coppia in men che non si dica).

Per Mauro Ermani – che presiederà la Corte formata anche dai giudici a latere Monica Sartori-Lombardi e Luca Zorzi, nonché da una giuria popolare – non sarà certo evidente fare chiarezza penale, così come non lo è stato per la magistrata che ha indagato. Non per niente in subordine all’accusa principale di assassinio vi sono quelle di omicidio intenzionale, ma anche di omicidio colposo. Fra gli altri reati inseriti nell’atto d’accusa vi sono l’appropriazione indebita (subordinatamente semplice), il ripetuto ottenimento illecito di prestazioni di un’assicurazione sociale o dell’aiuto sociale (subordinatamente la contravvenzione alla Lainf), la ripetuta falsità in documenti, delle lesioni gravi (in subordine semplici) e un’aggressione riguardanti un pestaggio.