Locarnese

Giallo alla ‘Palma’, il buco clamoroso dell’ora del decesso

Nella prima giornata di processo al 32enne accusato della morte della 22enne inglese, il “j’accuse” del giudice sul lavoro del medico legale

Il giudice Mauro Ermani ha di che essere perplesso
(Ti-Press)
20 settembre 2021
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Nessuna indicazione precisa sull’ora della morte. È un “buco” clamoroso, quello sottolineato dal giudice Mauro Ermani durante il processo al 32enne cittadino tedesco accusato della morte della 22enne compagna inglese nella notte del 9 aprile 2019 all’albergo La Palma di Muralto. Un buco, ha detto il presidente della Corte, imputabile alla poca accortezza (eufemismo) del medico legale, che in sede di accertamenti non ha fatto ciò che avrebbe dovuto – e che la prassi prevede in casi simili – per stabilire con la massima precisione possibile quando il cuore della ragazza ha smesso di battere.

Il presidente della Corte è andato sul tema rivolgendosi all’incolpevole magistrata titolare dell’inchiesta, Petra Canonica Alexakis, parlando di «note dolentissime» e di «gravissimo errore di chi deve raccogliere le prove». L’orario del decesso genericamente fornito dal primo rapporto del medico legale si situa fra le 4 e le 6, e la procuratrice pubblica non ha potuto fare altro che fidarsi. Quando però ha chiesto un maggiore approfondimento, le risultanze sono state «più che deludenti», ha detto Ermani, poiché non erano stati effettuati gli esami di reazione della muscolatura del volto, della pupilla e scheletriche. Non potevano che nascerne «indicazioni arbitrarie», che situano l’ora della morte nella voragine compresa fra mezzanotte e le 6 del mattino. «Mi auguro che il Ministero pubblico abbia preso i provvedimenti necessari – ha sentenziato il giudice –. È inammissibile lasciare queste cose irrisolte. Abbiamo una vittima di 22 anni e un imputato che rischia una condanna a vita per assassinio».

Nel corso della prima giornata di processo alle Criminali di Locarno, riunite a Lugano, della relazione fra la 22enne e il 32enne ora alla sbarra è uscito un quadro fatto di viaggi, spreco, lusso, spese pazze – tutte sul conto della giovane vittima – e sesso “estremo” al punto tale da determinare – secondo l’imputato – la morte per asfissia meccanica della ragazza. Ma le prime crepe nel castello difensivo sono emerse proprio dal racconto dell’imputato, dalla credibilità di una versione secondo cui l’asfissia sia sopraggiunta a causa di un’esagerazione nella pratica del famoso “gioco erotico finito male”. Diversi tasselli non entrano nel puzzle messo insieme dal 32enne, sia a livello di riscontri concreti, sia come tempistica, sia come logica nel susseguirsi degli eventi. Stando all’uomo, quella notte ci furono prima alcol e droga, poi un litigio, e, in camera, un rapporto sessuale completo e uno parziale sfociato nella morte della ragazza per soffocamento. Nessuna indicazione aggiuntiva è emersa in merito alle grida sentite da altri ospiti dell’albergo nei corridoi, ad una bottiglia misteriosamente trovata rotta, come il cavo del telefono fisso dell’hotel.

Un altro elemento pesantissimo e tutt’ora in cerca di spiegazione è la carta di credito occultata dall’uomo nel vano della lampada dell’ascensore dell’albergo, e riemersa soltanto mesi dopo durante una normale manutenzione del lift. Per un caso curioso, l’imputato è meccatronico e manutentore di ascensori. Non poteva non sapere che periodicamente i lift vengono passati al setaccio, e che prima o poi la carta di credito fatta sparire sarebbe riapparsa. Secondo l’imputato, nascondere la carta di credito nel lift era stato uno scherzo malriuscito fatto da ubriaco rientrando in albergo alle 2.30 del mattino. Secondo l’atto d’accusa è un faro sul movente finanziario di un possibile assassinio. L’uomo, malgrado una generosa rendita della Suva, era in difficoltà economiche poiché oberato di debiti, anche nei confronti della donna che gli ha dato due figli. Disporre anche solo dei 20mila franchi garantiti dalla carta di credito della ragazza poteva avere un senso.

Significativo, per capire chi è l’accusato, il dialogo con il giudice quando quest’ultimo l’ha messo di fronte ai risultati della perizia psichiatrica. «Qui si parla di disturbo della personalità, di narcisismo, di una prognosi altamente negativa – ha notato Ermani –. Cosa ci dice in proposito?». «Tutte queste cose vengono fuori da 3 colloqui da 20 minuti con lo psichiatra, che ha poi prodotto una perizia di 80 pagine – ha risposto l’imputato –. Personalmente ritengo di non avere proprio nessun problema». Ma allora è tutto normale, ha incalzato Ermani, ricordando che «ci sono i precedenti, il fatto di aver vissuto spesso a scrocco e quello di essere finito in prigione». «Mi spiace per quel che ho fatto – ha ribattuto il 32enne – ma non mi considero psichicamente malato». Quindi, si è chiesto Ermani, «non c’è un problema reale, di fondo, da risolvere?». «Se fossi davvero così come mi si dipinge – è stata l’ultima risposta dell’uomo – sarebbe emerso anche durante la prigionia. Invece, sono sempre stato bravo».

Bravo del resto non era stato, secondo l’atto d’accusa, in altre occasioni prima del fatidico soggiorno alla Palma. Non lo era stato truffando la Suva, non nel falsificare dei documenti, non nel conciare per le feste un avventore di un bar in Svizzera interna, colpevole forse di aver fatto degli apprezzamenti nei confronti delle donne che quella sera accompagnavano il 32enne e il compagno della madre di una ex. A questo proposito la versione dell’accusato, interrogato in proposito, diverge profondamente rispetto a quella della magistrata. «Non ho fatto assolutamente niente, sono solo andato in bagno e poi sono stato invitato ad andarmene dal locale perché quel signore mi accusava di averlo picchiato». «Ma – ha ribattuto Ermani – risulta che lei al bagno ci è stato due volte in un minuto. Da una parte sostiene di avere la vescica debole; dall’altra si vanta di poter avere due rapporti sessuali completi a pochi minuti di distanza uno dall’altro». Fra le altre indicazioni emerse, in questo filone, quella secondo cui l’uomo avrebbe “avuto”, nella sua vita, circa 400 donne.

Il processo prosegue domani con la requisitoria della procuratrice pubblica, che dovrebbe parlare per circa 4 ore, e gli interventi della difesa, rappresentata da Yasar Ravi e Luisa Polli, i quali si sono riservati arringhe per un totale di circa 3 ore e mezza. Poi la camera di consiglio e l’attesissima sentenza della Corte, formata, con Ermani, dai giudici a latere Monica Sartori-Lombardi e Luca Zorzi.

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