Gli eventi meteorologici estremi degli ultimi anni e la malattia del castagno in alcune aeree rendono necessario un intervento selvicolturale dell'uomo
«È stato il vento». Thomas Schiesser, capoufficio della Sezione forestale operante in Vallemaggia, non ha dubbi. Le profonde ferite boschive riscontrate in Vallemaggia, e che hanno generato più di una domanda fra i residenti, sono in gran parte state causate dai fortissimi venti d'inizio ottobre. Schiesser sgombra dunque il campo da dubbi riguardanti un ruolo avuto dalle forti nevicate o da altri fattori ambientali: «Posso invece confermare – dice – che l'importante caduta di alberi nella regione valmaggese, e non solo, è stata causata dai forti venti occorsi fra il 2 e il 3 ottobre 2020. Probabilmente, le piante segnalate dalla popolazione appartengono a queste. Vi è poi da considerare un altro aspetto rigurdante i luoghi in cui si verificano i crolli. Un conto è se succede nei boschi di protezione, un altro invece se accade nelle zone golenali, molto più soggette a mutazioni del proprio aspetto paesaggistico; e sono anche più evidente perché paesi e strada cantonale sono vicini al fiume e ad altri corsi d’acqua».
Si stima che il vento di scirocco che ha colpito il Ticino in autunno, in una sola notte abbia sradicato oltre 36mila metri cubi di legname, sparsi su una superficie boschiva di 520 ettari su tutto il territorio cantonale. Particolarmente colpiti furono allora non solo la vegetazione dell’alta Vallemaggia, ma anche il Mendrisiotto e l’alta Leventina.
Per un dubbio che si scioglie, rimangono i quesiti; uno riguarda proprio la tenuta del manto boschivo. Quando un albero termina il suo ciclo vitale, chi si occupa del suo smaltimento e della pulizia del luogo? «Di principio cerchiamo di intervenire il meno possibile e di lasciar fare alla natura stessa – spiega Schiesser –. L'ecosistema di regola possiede già tutti gli strumenti necessari per poter prendersi cura di se stesso. Questo anche quando crolla una pianta. Molta gente crede che un bosco è pulito quando non vi sono piante secche, rotte o storte. Ma non è così; gli animali e altre specie vegetali trovano rifugio e nutrimento da esse. Noi interveniamo nei casi in cui l'albero o i popolamenti possano creare un determinato pericolo, si trovano vicino a sentieri o ad abitazioni e c'è il rischio che passanti o abitanti possano farsi male». I boschi di protezione in Lavizzara e in Rovana sono stati duramente danneggiati dalle raffiche di vento, nota Schiesser; «in quel caso, siamo dovuti intervenire urgentemente per evitare possibili impostazioni di bostrico, un coleottero particolarmente ghiotto di abete rosso».
Oltre all'azienda forestale, anche i cittadini possono contribuire, in linea di massima, alla cura dei boschi, in particolare quelli provati. Per chi volesse è infatti possibile il taglio e la raccolta della legna, a condizione però che venga richiesta prima l'autorizzazione al proprietario e al Circondario competente.
Sempre parlando di abitanti, quelli di Cevio, negli scorsi giorni, hanno notato che nella zona dei Grotti, sopra il paese, è stata tagliata una quantità significativa di alberi. Anche loro vittime del vento? «No, in quel caso si è trattato di lavori di selvicoltura legati a una pianta che si chiama “ailanto”. L'ailanto è molto invasivo e tende a colonizzare molto velocemente e con aggressività le zone dove si insedia. Questa specie emana sostanze che inibiscono la crescita di altre piante. Riduce notevolmente – stando alle conoscenze attuali – la biodiversità e questo è un danno per il nostro territorio. Al momento sono in corso diversi studi per verificare se l’alianto possa fungere da bosco di protezione, pari delle nostre conifere e i nostri latifogli», conclude Schiesser.
Il generale deperimento dei boschi di castagno, da anni evidente soprattutto nel Locarnese, così come eventi meteorologici estremi spesso accompagnati da forti venti rendono critica la stabilità dei boschi di protezione. Da alcuni anni il nel comune di Terre di Pedemonte, l’Ufficio forestale dell’8° circondario promuove interventi selvicolturali per eliminare il pericolo rappresentato dai crolli di alberi a ridosso delle zone abitate. Alcuni progetti si stanno chiudendo con la piantagione e la cura del nuovo bosco a Cavigliano e a Ponte Brolla. A Tegna invece altri interventi urgenti si sono resi necessari per garantire la sicurezza delle abitazioni a ridosso del bosco. Oltre al taglio delle piante pericolanti, nei progetti più recenti si sperimenta la messa a dimore di nuove essenze forestali meglio adattate al clima estremamente secco degli ultimi anni. Queste specie dovrebbero costituire fra alcuni decenni il nuovo bosco di protezione, che si vuole strutturato e con una buona mescolanza di alcune piante di origine anche mediterranea.
Interventi analoghi sono in corso pure nel comune di Centovalli a Verdasio. Anche in questo caso la necessità è nata dopo i numerosi schianti da vento dell’autunno scorso. I lavori particolarmente impegnativi a causa della cattiva stabilità delle piante, sono eseguiti da imprese forestali locali, con personale formato anche allo smontaggio di piante con elicottero. Elicottero che, nonostante l’indiscusso impatto fonico rappresenta l’unico mezzo d’esbosco in un territorio con scarsissime infrastrutture forestali.
Il legname portato a valle andrà ad alimentare le centrali a cippato d'Intragna e Losone, a testimonianza di un economia circolare che valorizza competenze e risorse locali. Committenti dei lavori sono i due comuni locarnesi, che grazie agli importanti contributi forestali cantonali e federali riescono a garantire l’indispensabile cura del bosco.