Cugnasco-Gerra, il sindaco giudica ‘coraggiosa’ la commissione delle Petizioni e riflette sul senso di un voto politico ‘svuotato’
«La commissione si è presa una responsabilità importante, che pagherà probabilmente con un cartellino giallo da parte degli Enti locali. D'altra parte, la situazione che si è venuta a creare è grottesca ed è necessario che il Consiglio di Stato se ne faccia in qualche modo carico». Gianni Nicoli, sindaco di Cugnasco-Gerra, lunedì sera in Consiglio comunale ha sottolineato il «coraggio» della commissione delle Petizioni, rifiutatasi di produrre un rapporto sul messaggio che per la settima volta (!) portava in legislativo la richiesta di attinenza per la naturalizzazione di una donna. Il motivo del rifiuto: non è ammissibile per principio che una decisione politica del Consiglio comunale venga accettata unicamente se positiva.
«Qui – dice Nicoli alla “Regione” – non stiamo più parlando del caso specifico. A me spiace per la signora, che di certo ha tutte le carte in regola per ottenere il passaporto svizzero. È però un fatto che nelle precedenti votazioni, iniziate nel 2014, mai l'attinenza è stata concessa a maggioranza, e questo malgrado i preavvisi favorevoli del Municipio. Ne consegue che alle istanze superiori va bene soltanto se chi è chiamato a decidere a livello comunale lo faccia favorevolmente. Si svuota così il senso politico del voto legislativo, che viene ridotto ad atto amministrativo. È quindi sul principio che si sta “combattendo” a Cugnasco-Gerra, dove l'impasse che si è creata va affrontata e risolta dal Consiglio di Stato».
Temi, questi, che le Petizioni affrontavano appunto nell'intervento letto dalla sua presidente Caterina Calzascia. Per la commissione, la mancata presentazione di un rapporto è da intendere “a prescindere dalla persona direttamente interessata. Non riteniamo normale che a un organo politico si chieda, anzi si imponga, di svolgere un atto amministrativo con la conseguente imposizione anche dell'esito finale. Se la concessione della naturalizzazione è da considerare un atto amministrativo a tutti gli effetti, allora che si modifichi la procedura affinché diventi tale”. Se no, ”se si lascia la facoltà decisionale all'organo più vicino al cittadino, riteniamo che si debba pensare ad una modifica della procedura, come ad esempio il ritorno dell'oggetto in Consiglio comunale al massimo una seconda volta. Dopodiché, la competenza dovrebbe passare ad un organo superiore”. Non presentare alcun rapporto è dunque stata “un'azione per lanciare un forte segnale politico affinché definitivamente gli organi superiori competenti risolvano il problema, onde evitare che in futuro una situazione simile si ripeta”.