A Cugnasco-Gerra l’incredibile vicenda di una (legittima) richiesta di attinenza comunale sempre bocciata dal legislativo. Lo scoramento del sindaco
«Ciò che emerge da questa incredibile vicenda è che le naturalizzazioni sono una questione di carattere amministrativo, e non politico. È quindi inutile che si faccia votare un Consiglio comunale ben sapendo che la sua risposta non potrà che essere un ‘sì’. Infatti, per ben 4 volte il ‘no’ scaturito in legislativo è stato impugnato dalla diretta interessata, che ha sempre ottenuto ragione dal Consiglio di Stato. Da lì, la palla è tornata al Municipio, e poi al Consiglio comunale».
La vicenda commentata dal sindaco Gianni Nicoli è per Cugnasco-Gerra un "refrain" che si ripete da ben 6 anni. Una donna di origine balcanica tenta infatti indefessamente, da allora, di ottenere l'attinenza comunale, ma immancabilmente una maggioranza del legislativo si mette di traverso per presunte colpe non della diretta interessata, ma del marito, che ha precedenti penali.
«Ogni qualvolta il suo dossier torna in votazione si sa già come andrà a finire - aggiunge il sindaco -. Le argomentazioni espresse dai consiglieri contrari sono le più disparate, ma con ogni evidenza non sono considerate sufficientemente solide dall'autorità superiore, che, infatti, ci bacchetta. Ora, il punto è poter mettere la parola fine a questo teatrino. È inaccettabile che una richiedente l'attinenza debba sottostare ad una procedura simile, e lo è altrettanto che un parere democraticamente richiesto ed espresso - sia esso condivisibile o meno - alla fine dei conti non venga considerato. Evidentemente nella Legge federale sulla cittadinanza svizzera c'è qualcosa non funziona».
L'istoriato è la cronaca di una corsa ad ostacoli. Il primo atto risale al 2014, con il messaggio municipale favorevole all'attinenza e il voto negativo (6 sì, 7 no e 8 astenuti) da parte del legislativo. Segue un primo ricorso al Consiglio di Stato (luglio 2014) e una prima vittoria (gennaio 2015) motivata dal fatto che è “inaccettabile e arbitrario” che il diniego dipenda esclusivamente dalla situazione personale del compagno e futuro marito della donna. “Per quanto di principio legittimo, il fatto di considerare anche la personalità dei membri della famiglia nella valutazione d'insieme del richiedente non può essere ritenuto in alcun modo il criterio preponderante per negare l'attinenza della signora - scriveva il CdS -. Questo perché la procedura di naturalizzazione è un procedimento individuale che tocca unicamente il richiedente, o meglio la sua relazione con lo Stato svizzero e con il Comune di residenza, e non può pertanto essere trattata come una procedura di gruppo dove si imputano al candidato comportamenti di altre persone”.
Il secondo messaggio municipale è del febbraio 2015, e a marzo giunge il secondo diniego (mentre nella stessa occasione l'attinenza viene concessa alle due figlie). Arrivano così un secondo ricorso e una seconda vittoria per la richiedente (ottobre 2015). A questo punto il Comune si appella al Tram sulla base dei numeri pur sempre espressi dal Consiglio comunale, ma anche il Tram dà ragione alla donna (novembre 2016). Ne conseguono un terzo messaggio municipale (agosto 2017), un incontro fra le Petizioni e la richiedente e un rapporto di maggioranza questa volta favorevole da parte dei commissari (gennaio 2018). Cosicché (febbraio 2018) la questione torna al voto (per scrutinio segreto), ma per due volte c'è una ‘patta’ (12-12) che per Legge equivale a un rifiuto. Visto che, sempre per Legge, “il rifiuto (...) deve fondarsi su una proposta negativa in un messaggio municipale o in un rapporto commissionale” e che “in assenza di atti in tal senso in caso di rifiuto l'oggetto torna al Municipio perché licenzi un nuovo messaggio con una proposta negativa”, ecco che l'esecutivo “sforna” un ulteriore messaggio (aprile 2018) proponendo appunto il rigetto della domanda di attinenza; rigetto che viene approvato (maggio 2018) e che genera un nuovo ricorso, accolto con l'invito al Comune a “concedere senza indugio l'attinenza comunale”.
Cosa che non è successa nemmeno al quinto tentativo, risalente al 15 giugno scorso.
Una vicenda per certi versi simile, e che ancora oggi non è sfociata in una soluzione definitiva, è quella della richiesta di naturalizzazione che la mamma di Marko Tomic – il giovane condannato nel 2009 a dieci anni di carcere per l’omicidio di Damiano Tamagni – aveva presentato (e ripresentato) al Comune di Losone. La prima domanda era stata respinta dal Consiglio comunale nel maggio del 2015, nonostante il parere positivo del Municipio. Quest’ultimo, per forza di cose, aveva dovuto riportare la questione in Consiglio comunale (il 2 ottobre 2016), proponendo però di non accordare l’attinenza alla donna. Così era giunta la seconda bocciatura (espressa con la formula del voto segreto). Mamma Tomic, di nazionalità croata, si era opposta e il servizio dei ricorsi del CdS le aveva dato ragione, annullando il secondo “no”. L'ultima puntata: alla fine del mese di agosto del 2019 l'esecutivo losonese ha riproposto per la terza volta la domanda di attinenza comunale (e quindi di concessione della cittadinanza svizzera) della richiedente, sottoponendola alla Commissione della legislazione, che a tutt'oggi non si è ancora espressa.