Il progetto di un architetto e un sociologo pedemontani che, con l'aiuto degli abitanti, elaborano un modello di sviluppo sostenibile del comparto
C'era una volta una tranquilla e verdeggiante campagna, con qualche casa disseminata qua e là, tanti campi coltivati e filari di vigneti quasi ovunque. Un'area la cui quiete era turbata soltanto dai rintocchi del campanile della chiesa di San Fedele. Ora questo paesaggio non c'è più, complice la cementificazione e la crescita - notevole soprattutto nell'ultimo ventennio - della popolazione che vi risiede. La rapida edificazione del territorio verscese ha profondamente mutato questo spazio geografico un tempo rurale. A detta di alcuni, nostalgici, si è assistito a un imbruttimento dell'area, riconducibile anche a errori pianificatori. Un'immagine definitivamente compromessa dalle trasformazioni recenti? Forse no. A sostegno di chi ritiene che gli abitanti debbano essere protagonisti della progettazione dell'avvenire del quartiere sta per arrivare un progetto originale, curato - non poteva essere altrimenti - da due giovani verscesi, affezionati al loro paese, che hanno vissuto sulla loro pelle questa trasformazione radicale (e sempre in marcia): l'architetto Enea Pazzinetti e il sociologo Samuele Cavalli. La loro ricerca rientra sotto l'ala dello sviluppo sostenibile ed è stata riconosciuta dalla Confederazione (Ufficio federale dello sviluppo territoriale) come progetto modello riferito a una scala regionale. Ogni quattro anni, infatti, Berna apre agli esperti del settore di tutto il Paese un concorso che va a premiare delle idee innovative capaci di portare cambiamenti, in positivo, delle condizioni di vita della popolazione residente in aree urbane zonizzate, più o meno densamente popolate (periferie ma anche città, per intenderci). Un centinaio, solitamente, gli elaborati sottoposti a giudizio.
«All'interno di questi progetti di sviluppo - spiegano Samuele ed Enea - abbiamo scelto, quale ambito prioritario, gli insediamenti che promuovono percorsi brevi, movimento e incontri. Al contrario di quanto avviene per altre realtà, questi progetti nascono dal basso, con un'impostazione molto partecipativa. Per questo motivo il nostro compito iniziale è quello di raccogliere idee di chi vive e anima il quartiere della campagna in modo da far nascere spunti di riflessione, di verificare se ci sono interventi da attuare sul territorio e quelle che sono le richieste e i desiderata dei suoi abitanti. La possibilità di dialogare con i diretti interessati rappresenta un atout di grande importanza».
Su mandato del Municipio delle Terre di Pedemonte, promotore istituzionale del progetto, intitolato “La strada di quartiere: da via di collegamento a spazio pubblico di incontro”, e con il sostegno dell’ERS-LVM, i due giovani a partire dalle prossime settimane coinvolgeranno, come detto, la popolazione di Verscio.
«Partiremo con un questionario a tutti i fuochi per capire cosa pensa la popolazione di questo quartiere che abbraccia tutta l'area a sud della ferrovia e come lo vive. Il passo successivo saranno gli incontri specifici con i residenti della campagna, con interviste approfondite con chi è disposto a risponderci, sulla base di domande molto aperte. Seguiranno dei “focus group”, dei momenti di riflessione collettiva; è previsto il coinvolgimento, nella discussione, anche delle scuole, visto che la sede delle elementari si trova proprio nella campagna. Sarà interessante leggere la realtà territoriale attraverso gli occhi dei bambini che, non dimentichiamo, saranno gli abitanti del quartiere del domani. Naturalmente ascolteremo anche la voce delle famiglie».
La creazione di un sito web accompagnerà lo sviluppo del progetto, mettendo a disposizione degli interessati una sorta di blog interattivo, una piattaforma di confronto e dialogo aggiornata in tempo reale. In termini di tempistica, questo “cammino partecipativo” abbraccerà un lasso di tempo di 4 anni, fino al 2024 (l'emergenza covid ne ha purtroppo rallentato la partenza).
Le informazioni raccolte consentiranno, ai due professionisti, di arrivare a formulare, a partire delle indicazioni degli abitanti, delle proposte pianificatorie e a disegnare degli spazi urbani magari, chissà, diversi dagli attuali (pensiamo alla creazione di luoghi d'incontro, alla realizzazione di marciapiedi e panchine, alla eventuale chiusura al traffico di alcune vie stradali, al miglioramento dei percorsi per la mobilità dolce, ecc...) da poi mettere a disposizione dell'amministrazione comunale e degli esperti del ramo»». Le proposte di riqualifica sono alla base di una trasformazione dell'ambiente che dovrà diventare più vivibile e fruibile. Lo studio, a carattere interdisciplinare (il sociologo cura i contatti con la gente, mentre l'architetto mette su carta degli elaborati) si concluderà con una proposta destinata a essere approfondita (ed eventualmente ampliata abbracciando altre realtà territoriali del comprensorio) in tempi successivi.
Non si tratta di fermare il tempo, di fossilizzarsi su posizioni retrograde e di tenere lo sguardo volto semplicemente al passato, è doveroso precisarlo. Se è vero che i suoli fertili sono una risorsa preziosissima ma non più riproducibile e rinnovabile, è vero altresì che per ridare, al villaggio, una sua identità bastano dei piccoli interventi mirati, magari anche correggendo i passi falsi compiuti in precedenza, ripensando alle dinamiche che la qualità della vita esige. Una tale analisi deve insomma costituire la base per ragionare su un nuovo modello di sviluppo, che parta dalle vocazioni autentiche di un’area, dal patrimonio territoriale, dai valori storico-ambientali e dalla partecipazione sociale. «Nella consapevolezza - concludono Samuele ed Enea - che il nostro rapporto, con gli spazi pubblici e privati, è mutato. Basti pensare alla crisi climatica e alla pandemia. Ed è proprio questa nuova percezione, questa transizione in atto un elemento di disamina».
Lontano dal voler essere considerato uno strumento operativo a tutti gli effetti con il quale dettare le trasformazioni del paesaggio, il lavoro sulle strade di quartiere rappresenta un primo passo per esplorare modalità d'indagine attente agli aspetti della realtà, per indicare le possibilità offerte da un approccio interdisciplinare e per comprendere le potenzialità di nuove forme di gestione delle trasformazioni in atto nel territorio locale. Mettendo gli abitanti al centro, raccogliendo la loro voce per provare a immaginare assieme il futuro del quartiere.