Locarnese

Dialogos, la vergogna delle vittime di abusi è come una prigione

Con i cofondatori Bisogno e Agatino diamo alcuni dati significativi sulla violenza sulle donne. L'associazione parteciperà alle manifestazioni di domenica

Le manifestazioni bellinzonesi per lo sciopero nazionale delle donne il 14 giugno 2019 (foto archivio Ti-Press)
12 giugno 2020
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Una donna su dieci ha subito almeno una violenza sessuale; la maggior parte delle donne non denuncia per vergogna; la maggior parte delle violenze avviene in casa (propria o altrui); spesso le vittime sono colpevolizzate; una donna su tre conosce donne che sono state violentate.

Questi sono i dati analizzati che hanno maggiormente colpito Monica Bisogno e Daniele Agatino (cofondatori dell’Associazione Dialogos) quando hanno letto e scandagliato l’indagine pubblicata nel 2019 da Amnesty International sulla violenza sulle donne. Numeri carichi di un vissuto in parte sconosciuto a chi legge, che perciò rimangono sospesi e forse anche vacui.

Quando però sono gli occhi di chi ha vissuto sulla propria pelle una violenza sessuale a leggere la ricerca, queste cifre assumono una dimensione fisica e dolorosa. Le frasi in attacco sono state scritte su cinque cartelloni che verranno mostrati da Dialogos alla manifestazione di piazza di domenica prossima (in calce, le informazioni). «Ci sono cose che ovviamente mi hanno toccato più di altre», dice Monica riferendosi all’indagine di Amnesty. «Nella scelta dei dati da riportare, hanno prevalso le mie emozioni, quelle di chi ha vissuto un’esperienza di violenza sessuale», racconta la pittrice di Solduno.

La vergogna è il sentimento che porta le donne a non denunciare

Dall’inchiesta di Amnesty – che ha coinvolto circa 4'500 donne dai 16 anni - emerge la vergogna quale comune denominatore di chi subisce un abuso di natura sessuale, che in buona parte dei casi porta le vittime a non denunciare i fatti. «Questo tema per me è importantissimo – spiega Monica -. La vergogna delle vittime è come il grande peso di un macigno sulle spalle e al tempo stesso l’inesorabile sensazione di solitudine e invisibilità».

Al fine di superare lo “stato di vittima”, racconta la nostra interlocutrice, è essenziale combattere quel sentimento di turbamento e disagio. Un confronto che non è vitale unicamente alla vittima, ma anche per chi la circonda: «La violenza è un’onta che affligge tutto ciò che ci sta intorno», annota. Si tratta di un meccanismo «molto difficile da capire fino in fondo per chi non ha vissuto un’esperienza simile, ma è un passo essenziale da compiere se si vuole che le cose cambino. Le donne come me riescono a risorgere solo quando escono dalla “scatola della vergogna”, quando non si sentono più vittime, quando la società non riesce più a farle sentire tali», conclude Monica.

Fra i temi selezionati per la campagna di domenica, Bisogno cita ancora il dato concernente i luoghi in cui si consumano questi reati. «La maggior parte avviene in casa propria o altrui. Ci sono casi dove la vittima era a una festa, in strada, o altrove. Ma è in casa, nelle abitazioni private, che si consumano la maggior parte delle violenze. Questo dovrebbe far riflettere: noi donne non ci possiamo sentire al sicuro neppure nella nostra casa, dove conviviamo con “il pericolo”».

Il rapporto pubblicato da Amnesty riporta che “almeno una donna su cinque ha subito atti sessuali non consensuali e più di una su dieci ha avuto un rapporto sessuale contro la sua volontà”. Un’indagine che ha fatto emergere quanto il fenomeno sia presente e diffuso in tutto il Paese; tenendo ben presente che la maggior parte dei casi rimane sommersa perché i fatti non vengono segnalati.

Fra i numeri significativi salta infatti all’occhio quello sulla mancata denuncia: il 49 per cento delle intervistate ha affermato che della violenza subita non ne ha parlato con nessuno, nemmeno con coloro che fanno parte della cerchia più ristretta. Le denunce alla polizia, secondo la statistica rappresentativa, si attestano difatti all’8 per cento. Casi segnalati che delineano solo la proverbiale punta dell’iceberg. A ciò contribuiscono “un diritto penale obsoleto e i falsi miti sullo stupro” – si legge nel rapporto -, fattori che spiegano in parte l’impunità di cui possono godere alcuni autori di violenza carnale.


I cofondatori Monica Bisogno e Daniele Agatino (foto Associazione Dialogos)

La partecipazione di Dialogos alle manifestazioni di domenica 14

L’Associazione Dialogos si propone come uno spazio aperto e sicuro per vittime e persone coinvolte direttamente e non in abusi sessuali, facendo da ponte con la sfera pubblica e tessendo una rete di sostegno. Fra gli scopi anche la promozione di campagne informative attraverso progetti d’arte per il sociale. Fondata lo scorso 15 gennaio dalla pittrice Monica Bisogno e Daniele Agatino (artista visuale), vede nel suo comitato Giulia Petralli e Aurélie Cybolski Gaering. L’associazione muove i suoi passi nel Locarnese ma il suo raggio d’azione è cantonale. A causa della pandemia, fondatori e comitato hanno dovuto arrestare le attività e gli incontri, che stanno pian piano riprendendo. Per informazioni si consulti la pagina Facebook omonima.

Dialogos prenderà parte all’Azione Rispetto proposta dal gruppo nateil14giugno questa domenica, a un anno dallo sciopero femminista nazionale. La giornata di manifestazioni, nel rispetto delle norme igienico-sanitarie, si terrà a Bellinzona in Piazza del Sole dalle 10. Dialogos vi prenderà parte in due modi: con i cartelloni che riportano dati significativi sul fenomeno della violenza sessuale e con un’iniziativa che raccoglierà sul posto impressioni, riflessioni, pensieri delle partecipanti sul significato di cosa voglia dire essere donna in questo momento. Per coloro che non saranno presenti o non se la sentissero di partecipare in prima persona, potranno inviare video, foto, testi, disegni all’associazione (dialogos.ti@gmail.com). Il materiale raccolto sarà pubblicato sulla pagina Facebook dell’associazione e sul sito nateil14giugno. Informazioni e programma: www.nateil14giugno.ch.

L’intervento

Molestie e violenze sulle donne: riflessioni di un uomo

di Daniele Agatino

Nel maggio 2019 Amnesty International Schweiz ha pubblicato uno studio sulle molestie sessuali e la violenza sessuale sulle donne in Svizzera. Il campione era di circa 4'500 donne di tutte le età, a partire dai 16 anni. Riassumo brevemente i dati più rilevanti dello studio. Delle donne intervistate, circa 1'200 conoscono almeno una donna che ha subito violenze sessuali. Su 4'500 donne, circa 990 hanno subito violenza sessuale e la maggior parte di loro non si è rivolta né alla polizia né ad un consultorio. Metà delle vittime ha subìto violenza tra le mura domestiche, proprie o altrui. Tra i motivi principali per cui le donne non si sono rivolte alla polizia ci sono la vergogna e la paura di non essere credute.

Questi dati sono molto importanti, perché ci fanno capire chiaramente che le cifre basate solo sulle denunce e sui reati sono sottostimate e perché smontano l’immaginario stereotipato della violenza sessuale perpetrata da uno sconosciuto per strada. Vorrei però commentare lo studio da un punto di vista diverso: in quanto cofondatore di un’associazione che si occupa del tema degli abusi sessuali, ma soprattutto in quanto uomo. Perché parliamoci chiaro: è ovvio che le donne intervistate sono state molestate e abusate da uomini, almeno nella maggior parte dei casi.

Se da una parte sono sicuro al 100 per cento di non avere mai violentato una donna, dall’altra mi pongo la domanda: ho mai avuto atteggiamenti molesti nei confronti di una donna, anche senza volerlo? Da queste riflessioni nasce l’intento di creare occasioni di dialogo tra uomini e donne. Dialogo in cui gli uomini siano disposti davvero ad ascoltare e a mettersi in discussione, senza per questo assumere atteggiamenti eccessivamente auto-colpevolizzanti. La sfera sessuale è molto delicata, ma si costruisce attraverso la condivisione e la cooperazione, attraverso la tematizzazione del desiderio, attraverso la riflessione di cosa sia lesivo della dignità altrui.

Questi studi non devono essere il punto di arrivo, ma il punto di partenza per un dialogo pubblico, nelle scuole, sui posti di lavoro, in serate informative dedicate. Ed è in questa direzione che mi piacerebbe lavorare.