Locarnese

Mondo Dimitri, 'c'è armonia'

Deficit? Tensioni? Il presidente della Fondazione torna a smentire la Rts: 'Clima sereno, sono in corso cambiamenti gestionali, ma economicamente nulla è mutato'

David Dimitri (Ti-Press)
24 ottobre 2019
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Per la Rts, “Rien ne va plus” al Teatro Dimitri. Stando al servizio dello scorso sabato, dell’istituzione ticinese fondata nel 1971 dal celebre clown scomparso nel luglio del 2016 “si parlerebbe già al passato”. Il quadro prospettato nella Svizzera francese, dalle tinte autenticamente cupe, era stato ribaltato nella serata di domenica scorsa da un comunicato della Fondazione a firma del presidente David Dimitri, figlio del clown. Ridimensionato il numero dei licenziamenti (non la metà dei collaboratori, ma due soltanto), bacchettata la Rts per avere diffuso informazioni “non comprovate”, fondate “su fonti anonime”; l’Universo Dimitri è soltanto “nel pieno di una ristrutturazione che si prefigge di creare le basi di un futuro di successo e sostenibile”. Il presidente, contattato dalla ‘Regione’, entra personalmente nel merito.

David Dimitri, qual è il tuo umore dopo quanto appreso dalla Rts?

Siamo tristi che una Fondazione come la nostra, pubblica, che non ha uno scopo di lucro, venga messa in una così pessima luce, un’istituzione che s’impegna da cinquant’anni con enorme sforzo e sacrificio per portare speranza e allegria alla gente.

Avete smentito l’intera notizia. Allora perché queste voci?

Bisognerebbe chiedere ai colleghi della Rts come mai. Io posso fare solo supposizioni, ma la realtà delle cose è che cadiamo davvero dalle nuvole.

Passiamo in rassegna quanto si dice: l’universo Dimitri è davvero un ambiente deteriorato?

No, il clima è ottimo, l’atmosfera è armoniosa. Abbiamo un team molto motivato a proseguire la missione del fondatore Dimitri, un gruppo di persone con il quale è un piacere lavorare. È constatabile di persona, in occasione degli spettacoli. Oggi coinvolgiamo gli studenti, apriamo loro le porte, li invitiamo a presentarsi, a suonare, a fare spettacoli. C’è un ambiente che definirei dinamico.

Possiamo dare il numero esatto delle persone licenziate?

Sono in tutto due. Con entrambi siamo rimasti in rapporti amichevoli. Nel merito di motivi specifici non posso entrare, per questioni di privacy. In precedenza una collaboratrice si era spostata nell’Accademia, restando dunque integrata nel mondo Dimitri. Ora siamo in dodici.

Rts riporta presunti problemi finanziari. C’entrano con la ristrutturazione che annunciate?

È bene dire che sin dal momento della nascita della Fondazione la necessità di cercare fondi, che non chiamerei “problema”, c’è sempre stata. Ancor più con l’arrivo della digitalizzazione, che ha mutato la tipologia di consumatori. Chi meglio di voi potrebbe confermare il cambiamento del paesaggio legato ai media. E quindi bisogna cambiare, adattarsi e per un’istituzione culturale la cosa vale anche dal punto di vista finanziario.

Quindi, nessun problema economico.

No, nulla è cambiato rispetto a trent’anni fa. Si arriva spesso alla fine dell’anno con un deficit, facendo leva su di un sostegno dello Stato del 5%, poca cosa per un’istituzione di questa importanza e che non cambia la nostra costante sfida per sopravvivere. Per fortuna abbiamo gli amici del teatro Dimitri, gli sponsor. È sempre un cammino sul filo, e per me che sono funambolo non è un problema...

Possiamo entrare nel merito di questa ristrutturazione imminente?

Si tratta di un processo progressivo di ottimizzazione, di cambiamenti gestionali. Dallo scorso anno godiamo dell’aiuto della PricewaterhouseCoopers, una delle più importanti società di consulenza e gestione aziendale, che ci ha aiutati a costruire un business plan, adattato alla nostra realtà. Ora abbiamo direttive da seguire, utili a noi per sopravvivere nel tempo, ma anche agli sponsor, ai quali possiamo mostrare dove e come vengono impiegati i loro soldi: questo è un atto dovuto.

La ristrutturazione è anche artistica?

Artisticamente, se si dispone di fondi cospicui si può fare una stagione molto ricca. Negli ultimi due anni ce l’abbiamo messa tutta e ci è costato. A novembre arriverà Peter Brook da New York, il meglio che il teatro possa offrire. A ottobre abbiamo avuto Richard Galliano. Magari il prossimo anno programmerò meno spettacoli, ma la qualità rimarrà alta. Integreremo di più l’Accademia, che ha bisogno di una piattaforma e che produce ogni anno il ‘Varieté’, uno degli spettacoli più di successo. Il contenuto culturale è importante, perché indirettamente si contribuisce al coinvolgimento sociale, regionale e giovanile di questo cantone.