E' successo venerdì sul lungolago di Muralto. Alcol e futili motivi all'origine della scazzottata. Un 18enne e un 15enne noti alle autorità sentiti dalla polizia
Sono entrambi già conosciuti alle autorità, i due giovani di 15 e 18 anni fermati in seguito all’aggressione di un 17enne del Locarnese, avvenuta venerdì sera al Burbaglio di Muralto. La vittima ha riportato ferite di una certa entità al volto (forse la frattura della mascella) a seguito di un pugno ed è attualmente in cura in una struttura specializzata. Poco si sa della dinamica dell’aggressione, se non che vittima e picchiatori non erano soli al parco giochi sul lungolago di Muralto, ma facevano parte di due distinti gruppi di amici che non hanno poi trovato di meglio che fronteggiarsi, passando alle mani.
Quanto ai motivi del litigio che ha portato al ferimento, sarebbero stati oltremodo futili (pare una sigaretta negata). Gli animi si sarebbero surriscaldati anche a causa dell’assunzione di bevande alcoliche – peraltro un’assunzione non clamorosa – e probabilmente anche di droghe leggere. L’indagine di polizia ha finora stabilito che il 15enne e il 18enne avrebbero sì partecipato entrambi all’aggressione, ma con responsabilità diverse. Esattamente quali, e con quali possibili esiti penali, lo stabiliranno il procuratore pubblico Zaccaria Akbas – che si sta occupando del 18enne – e il magistrato dei minorenni Reto Medici, cui compete il ruolo di accompagnare in questa vicenda il 15enne e la sua famiglia. L’aggressione è avvenuta a tarda ora, verso le 23.30, all’interno del parco giochi del Burbaglio. Il luogo è caratteristico del turismo muraltese – è situato in fondo al lungolago, prima dell’ex Reber e dell’imbocco della pedonale via alla Riva – ed è normalmente destinato a ragazzi ben più giovani rispetto a quelli coinvolti nella vicenda.
Il dubbio che dopo una certa ora l’area ludica venga abitualmente frequentata da ragazzotti più grandicelli in cerca di emozioni forti viene tuttavia fugato sia dal capodicastero Polizia di Muralto, Renato Canziani, sia dal comandante della Polizia comunale, Yan Dalessi. Quest’ultimo afferma infatti che «sulla base di quanto osserviamo, si è trattato di un caso isolato: non vi sono infatti segnali riguardanti particolari frequentazioni notturne della zona». Un concetto ribadito da Canziani, che puntualizza: «Quella non è zona da assembramenti, ma il contesto è comunque sempre urbano e nelle belle serate i ragazzi girano. Per quanto ci riguarda facciamo di tutto per mantenere l’ordine pubblico e interveniamo laddove si creino situazioni di tensione. Questo, sempre con la buona educazione e nel rispetto delle libertà individuali. Rilevo l’eccellente collaborazione fra la nostra Polcomunale, la Polizia polo della Regione VI, la Polcantonale e la Polizia ferroviaria».
Sul tema della violenza giovanile si è chinato anche il Consiglio di Stato, rispondendo a un’interrogazione parlamentare presentata dai deputati Ppd Giorgio Fonio e Fiorenzo Dadò. I due, prendendo spunto dalla brutale aggressione andata in scena quest’estate al Carnevale estivo di Giumaglio (un giovane aggredito da un gruppo di coetanei) chiedevano al governo se non fosse opportuno potenziare gli interventi di prevenzione svolti nelle scuole e, in particolare, quelli proposti dal gruppo specializzato della Polizia cantonale denominato Gruppo Visione Giovani. Nella sua riposta il governo ritiene il lavoro condotto su più fronti sufficiente; un ulteriore aumento delle risorse a favore di attività preventive non è dunque necessario.
«In Ticino questa casistica non si può dire sia in aumento». Merito, anche, dei programmi di prevenzione che sono stati avviati. Reto Medici, magistrato dei minorenni, alla ‘Regione’ ricorda in primo luogo il “Face à Face”, progetto intersettoriale (con molte figure professionali coinvolte) importato da Ginevra e di cui a maggio ha preso il via con buon successo il primo di 5 cicli. «Si tratta di un programma finanziato dallo Stato, destinato ad adolescenti – dai 13 ai 20 anni – con comportamenti aggressivi e/o violenti. Gli obiettivi sono accrescere e sviluppare l’empatia e la capacità di legame, il rispetto veso la gerarchia e l’autorità, lo spirito critico, le competenze sociali e il riconoscimento e la gestione delle emozioni. Il “Face à Face” è uno dei risultati della strategia del Consiglio di Stato per la prevenzione della violenza. Un dato oggettivo è che a Ginevra, per quanto osservato in oltre 10 anni di attività, i tassi di recidiva per chi lo ha frequentato sono molto bassi. Inoltre, è riconosciuto dalle casse malati e pesa quindi molto poco sulla situazione economica delle famiglie». L’iscrizione avviene tramite autosegnalazione da parte di chi ha propensione alla violenza o ad agiti aggressivi, oppure su indicazione dell’autorità scolastica, della Magistratura dei minorenni e dei servizi sociali. Medici sottolinea poi come sia riconosciuto da più parti che la prevenzione serve più della repressione: «Aiuta infatti ad uscire dagli schemi comportamentali che portano a sviluppare comportamenti aggressivi. Noi come Magistratura dei minorenni lavoriamo anche sulla repressione (ovvero con la pena), ma puntiamo molto sulle misure di protezione». L’impegno della Confederazione, aggiunge, si è intensificato a partire dall’inizio degli anni 2000 e per una decina d’anni, proprio visto l’aumento dei casi di violenza giovanile; «poi, dal 2010 v’è stato un miglioramento della situazione. Ciò non deve indurre comunque a perdere di vista l’attività di prevenzione. Un’altra è quella condotta da Polcantonale e Gendarmeria con il Gruppo Visione Giovani, che l’anno scorso hanno incontrato centinaia di classi per diecimila allievi».