Nessun dietrofront su Arcegno, visto che è l’assemblea parrocchiale ad avere l’ultima. Ma il vescovo apre a una riflessione più generale (mentre a Ginevra...)
La torre campanaria della chiesa di Sant’Antonio ad Arcegno con sopra un’antenna Swisscom? “Mai”, avevano risposto un confinante e con lui una quarantina di abitanti nel febbraio del 2018, quando all’albo comunale di Losone apparve la domanda di licenza edilizia (cfr. ‘laRegione’ del 21.2.2019). E la preoccupazione, già alta per la collocazione così centrale dell’attrezzatura, col parco giochi pubblico a un tiro di schioppo – unita a quello che appariva un intervento invasivo ai danni di un monumento storico – era diventata protesta quando il Comune aveva comunicato agli opponenti che Arcegno necessitava di una copertura di segnale, e quindi “l’interesse pubblico preponderante per eseguire un nuovo impianto” era dato. Impianto per il quale la disponibilità era già stata approvata dall’assemblea parrocchiale nel 2015. Ultimo atto, il ricorso perso dai cittadini, millequattrocento franchi tra spese di giustizia e avvocati.
Dato per scontato che “tutte le misure per salvaguardare la salute delle persone siano garantite”, la Curia vescovile aveva sottolineato nel febbraio di quest’anno come la società di oggi non possa fare a meno di “queste infrastrutture tecniche divenute ormai fondamentali”. Ma le suddette misure sono davvero garantite? Se la scienza non ha ancora una versione definitiva sui potenziali effetti dannosi delle reti di quinta generazione (cfr. ‘laRegione’ del 2 e del 5 luglio scorsi), allora le misure non sarebbero garantite. Preso atto che l’accettazione delle offerte provenienti dalle compagnie telefoniche per installare antenne sul campanile spetta alla singola assemblea parrocchiale, abbiamo chiesto a Mons. Valerio Lazzeri, vescovo della diocesi di Lugano, come si pone la Curia in questo senso, includendo quanto accaduto nei Cantoni Berna e Obvaldo – come riferito dalla ‘Tribune de Genève’, lo scorso 8 giugno – quando alcune parrocchie si sono opposte all’installazione di antenne sui propri campanili una volta “confrontatesi con le rimostranze pubbliche e sotto la pressione di una petizione”. Ma anche la decisione della chiesa di Belfaux, nel Canton Friburgo, che ha respinto l’offerta di una compagnia telefonica in quanto – si riporta testualmente – “non è il ruolo della Chiesa quello di diffondere il 5G, tecnologia della quale non conosciamo l’impatto sulla salute”.
Monsignor Lazzeri, vorrei partire da un provvedimento della Conferenza episcopale italiana di 18 anni fa che stabiliva di “liberare” i campanili già occupati perché una chiesa è un bene da tutelare contro qualunque cosa possa “comprometterne l'integrità, deturparne l’aspetto o pregiudicarne la fruizione” e, in quanto soggetta al diritto canonico, deve essere preservata “da qualunque cosa sia aliena alla santità del luogo”. Come si pone la Curia in merito a questo documento?
Va tenuto presente che il contesto normativo nel quale si è mossa la Conferenza episcopale italiana (Cei) è diverso dal nostro. La Cei, in virtù delle disposizioni vigenti in Italia, può disporre liberamente dell’uso di chiese e campanili. In Ticino, a regolare la gestione dei beni ecclesiastici è una legge civile-ecclesiastica (Legge sulla Chiesa cattolica, stato dicembre 2002) che dà alcune prerogative alle singole parrocchie, rette dal Consiglio parrocchiale e dall’assemblea parrocchiale, i quali, oltre a essere proprietari delle chiese e dei campanili, agiscono secondo la legge. L’Ordinario del luogo, cioè il vescovo o il vicario generale, non può emanare disposizioni normative e amministrative che ignorino queste peculiarità locali. Anche un’eventuale presa di posizione della Conferenza dei vescovi svizzeri dovrà tenere conto delle particolarità legislative di ogni singolo Cantone.
Ad Arcegno hanno perso la battaglia, ma non vogliono la guerra. Confidano, piuttosto, in un ripensamento, magari alla luce delle voci ancora contrastanti sugli effetti della tecnologia 5G. La Curia è favorevole alle antenne o, in caso contrario, si sente in dovere di sensibilizzare le parrocchie sulla non certezza della tecnologia, in ambito di salute?
Finora gli elementi a nostra disposizione non facevano ritenere che fosse necessaria un’opposizione di principio. Tuttavia, si tratta di un problema su cui si potrebbe senz’altro riflettere ulteriormente.
Le parrocchie, secondo lei, devono rendere pubblica la richiesta di inserimento di antenne sui campanili?
La procedura è già trasparente: ogni decisione di un’Assemblea parrocchiale deve essere pubblicata all’albo ed è soggetta a eventuali ricorsi.
Faccio riferimento al ‘gran rifiuto’ delle parrocchie nei Cantoni Obvaldo, Berna e Friburgo e le chiedo come spiega il fatto che ad oggi non risulta che alcuna parrocchia ticinese abbia respinto l’offerta?
Non esiste una domanda generalizzata alle parrocchie per inserire antenne sui loro campanili. Si tratta, infatti, di un fenomeno per ora circoscritto a poche unità.
Le risulta che la Conferenza episcopale svizzera si sia già espressa in merito?
Finora la Conferenza non si è ancora espressa. Ciò non significa che non lo possa fare in un futuro anche prossimo.
È possibile conoscere il numero di parrocchie ticinesi che hanno già concesso i propri campanili alle compagnie telefoniche?
Per quanto riguarda il 5G, oltre ad Arcegno sono noti solo pochi altri casi.
Come risponde a chi vede nella concessione dei campanili un’occasione per “fare cassa”?
Mai nella Chiesa l’obiettivo primo deve essere quello di fare cassa a qualsiasi costo. I beni ecclesiastici vanno naturalmente amministrati in maniera oculata, per garantire la vita delle singole Comunità. Ciò deve avvenire nel rispetto delle leggi morali e del bene pubblico, aspetti fondamentali in ogni presa di decisione.
In questo limbo di presunti cacciatori di streghe e presunti untori di radiazioni, e in generale in qualsiasi limbo, meglio appellarsi alla rispettabilità delle fonti. In questo caso, ‘L’Illustré’ – che riporta la storia di due ginevrini abitanti nello stesso quartiere, entrambi sofferenti di diversi problemi di salute dopo l’installazione di tre antenne nel centro città. Johan Perruchoud è un 29enne in piena salute, calato per questioni d’età nell’era tecnologica e, dunque, senza pregiudizi o avversioni alla modernità. La sensazione personale, dopo l’accensione delle antenne di cui sopra, è quella di trovarsi in un forno a micro-onde. La sensazione del 50enne Elidan Arzoni, invece, suo vicino di casa, è quella di “sentirsi utilizzato”, o – per usare l’immagine più consueta – “una cavia da laboratorio”. E in aggiunta, vista l’età che non è più quella di un teenager, il disagio di sentirsi dare del retrogrado, o di vivere la sensazione dell’indesiderato.
I sintomi di quella che – in attesa di versioni ufficiali – potrebbe essere una contaminazione (e non una sensibilità, visto che chi ne soffre non se ne accorge) sono simili per entrambi: insonnia, acufeni (il più comunemente detto ‘fischio nelle orecchie’, insopportabile per chi, come il 29enne, compone musica), cefalee, affaticamento. Perruchoud scrive al gestore telefonico, che ammette l’avvenuta esecuzione di test garantendo che tutto sarebbe in ordine, e augurandogli una pronta guarigione; Arzoni scrive al presidente del Consiglio di Stato Antonio Hodgers (Verdi), per vedersi rispondere che “tutto è legale nella nuova tecnologia”, constatazione alla quale l’interpellante risponde che “la Confederazione è azionista di maggioranza di Swisscom”. Entrambi sono certi che il 5G avrà un impatto sulle generazioni future. Ben più lapidario il deputato Pdc Bertrand Buchs, che ha depositato la mozione per una moratoria sul 5G a Ginevra, giustificata dalla convinzione che si stia verificando una violazione del principio di precauzione. “Non vi è alcun diritto – dice Buchs – di dare a tutte queste persone dei malati immaginari, perché sulla questione delle onde corte nessuno può ancora dire cosa potrà accadere”.