In merito ai dolori di Elena, trattati da un medico del Locarnese come ‘tossicità’, tuona l'associazione di categoria: ‘Chi opera così danneggia la nostra immagine’
«Ci sono delle pecore nere che danneggiano la nostra immagine». È il commento di Paolo Caccia, vicepresidente dell’associazione cantonale dei fisioterapisti physioTicino che prende posizione riguardo alla notizia pubblicata sul nostro giornale (cfr. edizione 10 maggio).
Il caso, lo ricordiamo, nasce dal disappunto riportato alla ‘Regione’ da Elena (nome di fantasia, identità nota alla redazione) e si riferisce al trattamento fisioterapico ricevuto da parte di un professionista del Locarnese e regolarmente fatturato dalla cassa malati.
A parere della paziente, le manipolazioni del medico in questione nulla avrebbero a che vedere con quelle della fisioterapia, trattamenti che la stessa Elena, sofferente di una paresi facciale e dei postumi di un paio di seri incidenti, dice di saper riconoscere. “Toccando alcuni punti del mio corpo – raccontava l’intervistata – il fisioterapista sosteneva che nell’arco del mio sviluppo embrionale mia madre avesse assunto qualcosa di nocivo per me, accumulatosi poi da qualche parte nel mio corpo”. Nocività che le avrebbero prodotto “punti deboli suscettibili agli infortuni”.
Insieme ai toccamenti in punti specifici per “accumulare informazioni” sul suo corpo, e altri che sarebbero serviti «a istruirlo a guarire», ci sarebbero pure – sempre in ambiti ‘tossicologici’ – questioni di fragranze (“Mi ha detto che il mio profumo era da cambiare, ma io non uso profumi”) e una vecchia storia di iniezioni: “Mi ha detto che all’età di 16 anni mi avrebbero iniettato qualcosa di tossico che si è accumulato nel mio rene destro”. Elena, va detto, è biologa molecolare. Ritiene quanto sopra attinente alla sfera delle “idiozie” a cominciare dal fatto che la madre “non ricorda certo tutto quello che ha mangiato mentre mi aspettava” e che – quanto all’iniezione – “nell’età adolescenziale la maggior parte delle ragazze fanno la vaccinazione contro il papilloma virus, e se qualcuna di loro dovesse fare il collegamento con questa teoria, sarebbe un attimo pensare che il fisioterapista ci ha preso”.
Per tutto il resto, “ogni volta che gli ho posto domande sulle sue tecniche è rimasto vago”. E tra i quesiti senza risposta, uno in particolare le sta a cuore, visto che il campo in cui la protagonista di questa vicenda opera è quello oncologico: “Gli ho chiesto se avrebbe istruito il male a guarire anche nel caso di un malato di cancro”.
Da noi contattato a margine delle dichiarazioni di Elena, garantendo “attività costante su questi fronti”, l’assicuratore aveva dichiarato l’impossibilità di poter entrare nel merito di un caso ancora in esame, aggiungendo però che segnalazioni di questo tipo sono “le benvenute poiché contribuiscono a ridurre l’ingiustificata avanzata dei costi della sanità”.
La segnalazione all’assicuratore è ciò che il paziente «può, anzi dovrebbe fare». Così lo scorso 10 maggio alla ‘Regione’ Paolo Bianchi, direttore della Divisione della salute pubblica. Fermo restando che “dal profilo del rimborso delle casse malati la prestazione fornita dal fisioterapista, come per altri professionisti, deve essere prescritta da un medico”, e fermo restando che “se un paziente si vede offrire una terapia che non ha nulla a che vedere con la fisioterapia, la truffa potrebbe apparire relativamente chiara, al di là dell’aspetto del danno economico per la cassa malati”, Bianchi ricordava che “se le prestazioni proposte esulano del tutto da quello che è il campo di competenze del fisioterapista e non sono riconosciute in questo ambito, l’operatore è tenuto a offrirle in veste e luogo distinti, ad esempio quale terapista complementare autorizzato”.
“Riteniamo quanto descritto nell’articolo molto grave e abbiamo immediatamente avviato una procedura d’indagine per stabilire se il fisioterapista in questione sia nostro associato o meno. Qualora risultasse affiliato egli verrà subito segnalato alla nostra commissione deontologica per i provvedimenti del caso”, scrive physioTicino in una presa di posizione inviata alla nostra redazione. L’associazione si dichiara assolutamente contraria al fatto che in uno studio privato si pratichino tecniche che esulano da quelle formalmente riconosciute come facenti parte della professione. «Chi opera in questo modo danneggia l’immagine della nostra categoria professionale e anche se quasi tutti lavorano in maniera seria e professionale, purtroppo ci sono alcune pecore nere», dichiara Caccia. “La fisioterapia è una branca della medicina e si fonda su principi scientifici”, tiene a far presente il sodalizio.
“Considerato che physioTicino si sta impegnando con iniziative a molteplici livelli per informare sui valori con cui chi ne è membro opera, e che è dotata di un ben preciso codice deontologico, siamo altresì preoccupati per l’impressione potenzialmente lesiva destata nella popolazione da questa situazione inerente alla nostra professione”. Proprio per questo physioTicino tiene a sottolineare in modo chiaro che i suoi associati “operano in maniera seria e professionale, consolidando costantemente la pratica clinica con una formazione continua scientifica di alto livello”. Considerando sia i fisioterapisti dipendenti che quelli indipendenti, l’associazione conta 450 membri. Dato che in Ticino i fisioterapisti sono 750 circa, si può dire che la maggior parte di coloro che praticano nel cantone sono associati a pyshioTicino. Il comitato è composto dal presidente Samuel Pedrucci, dai vicepresidenti Paolo Caccia e Alessandro Bonafine e dai membri Daniele Moretti e Romeo Castelbuono. L’associazione tiene infine a informare i pazienti che in caso di dubbi sull’operato di un fisioterapista è possibile rivolgersi al loro segretariato cantonale con sede a Manno al numero 079 457 33 46.