Locarnese

Il livello del Maggiore arriva a... Berna

Il governo ticinese sollecita la Confederazione affinché si trovino soluzioni condivise con l’Italia

31 gennaio 2019
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Una questione di centimetri, ma non una questione da poco. Tanto che la regolazione del livello del Lago Maggiore nel periodo estivo (dal 15 marzo al 15 settembre) finisce sui tavoli di Berna. A portarcela è il governo ticinese – su indicazione del Dipartimento del territorio –, che ha scritto una lettera all’Ufficio federale dell’ambiente chiedendo che le decisioni “vengano intraprese in maniera condivisa”. Ma anche “che venga istituito un organo italo-svizzero di consultazione e di vigilanza per la gestione delle acque transfrontaliere”. Alla fine dell’anno scorso le autorità italiane hanno proposto di mantenere  il livello del Verbano, nella bella stagione, a un metro e cinquanta sopra lo zero idrometrico di Sesto Calende. E questo nonostante l’accordo del 1943, attualmente in vigore, preveda una misura di un metro sopra lo zero. L’idea dell’innalzamento nasce nell’ambito di una sperimentazione in corso (dal 2015 al 2020) e ha quale obiettivo di utilizzare il lago come una riserva d’acqua per agricoltura e aree naturali a sud della Miorina. Sperimentazione che fino all’anno passato era arrivata a un livello di 1,25 sopra lo zero idrometrico. Ovviamente, più questa misura sale, più cresce la preoccupazione in Ticino, dove le piene e le esondazioni portano  danni e disagi. Una preoccupazione che è condivisa dai Comuni rivieraschi (anche da quelli Oltrefrontiera).

Nella lettera all’Ufficio federale dell’ambiente e ai referenti italiani si legge: “La sperimentazione sulla regolazione del livello del lago in corso, ha quale obiettivo l’ottimizzazione della gestione della risorsa idrica rappresentata dal lago, tenuto conto degli interessi in gioco; tra questi, in particolare, la sicurezza contro le esondazioni e la tutela degli ambienti naturali protetti delle Bolle di Magadino”.

Risultati scarsi e soluzioni

“I risultati ottenuti nei primi anni di sperimentazione – stando al Dipartimento del territorio – non hanno però fornito elementi sufficienti e scientificamente fondati” per permettere di mantenere il lago più alto. “Per quanto riguarda la sicurezza contro le piene, gli eventi dello scorso autunno hanno ulteriormente ricordato che la problematica è concreta e i danni in caso di importanti precipitazioni primaverili e di fine estate possono essere importanti”.

Insomma, due visioni diverse tra chi è a valle e vuole trattenere le acque a monte e chi, invece, preferisce farle defluire per non arrischiare di trovarsi il lago in casa. Interessi inconciliabili? È ipotizzabile una gestione più moderna della Miorina rispetto a quella definita con gli accordi del 1943? Anche perché le previsioni meteo oggi permettono di agire con un maggior anticipo...

«È evidente che vanno trovate delle soluzioni, ma le stesse dovranno essere condivise, non unilaterali – risponde Andrea Salvetti dell’Ufficio corsi d’acqua del Dt –. Ci sono diversi aspetti da tenere in considerazione. Oltre al discorso delle previsioni meteo, che effettivamente potrebbero permettere una reazione anticipata a eventuali piene, c’è pure una possibile ottimizzazione dell’utilizzo dell’acqua come risorsa idrica a valle. Va comunque detto che lo sbarramento della Miorina è stato concepito negli anni Quaranta del secolo scorso non per dare uno sfogo e risolvere situazioni di piena. Era, ed è tuttora, uno strumento di regolazione del flusso capace di soddisfare la richiesta idrica a valle». Quindi, sempre stando a Salvetti, nelle ipotesi di soluzioni va inserita anche quella di una ristrutturazione dello sbarramento. Una diga con criteri attuali che permetta reazioni più rapide ed efficaci. «Comunque, e in ogni caso, come sottolineato dal governo ticinese, ciò che più preoccupa sono le decisioni unilaterali – conclude l’intervistato –. E proprio in questo senso va interpretata la lettera che è stata inviata dal Consiglio di Stato alle diverse parti».