La figlia di un ospite della Residenza delle Rose chiede l'intervento del Consiglio di Stato retico. La replica del legale: 'Rispettate tutte le direttive'
Una richiesta formale al Consiglio di Stato grigionese e una al medico cantonale retico affinché indaghino sul decesso per Covid-19 di un anziano degente alla Residenza delle Rose di Grono. Le ha inviate in questi giorni Stella Crocco, figlia di un ospite della struttura morto il 26 aprile. Così facendo auspica che le autorità cantonali preposte facciano piena luce sull’accaduto e sulle eventuali negligenze o responsabilità dirette. Nella struttura si sono verificati da marzo a oggi tre decessi per coronavirus e trenta contagi fra i residenti, più 14 fra dipendenti. Risultato positivo al coronavirus è stato anche il dottor Dieter Suter, attivo nella triplice veste di responsabile sanitario della residenza privata, medico distrettuale e medico curante dell’anziano deceduto.
Una prima lettera della figlia al presidente del governo retico, Christian Rathgeb, è stata trasmessa da quest’ultimo al Dipartimento di giustizia, sicurezza e sanità con l’assicurazione che la fattispecie verrà verificata. «Assicurazioni che mi rincuorano - spiega la donna al nostro giornale - e alle quali ho fatto seguire una mia formale richiesta affinché sia effettuata una vera e propria indagine». Missive sono state inviate anche al dottor Suter, in questo caso per ottenere nero su bianco l’elenco dei protocolli anti-Covid previsti per la Residenza delle Rose. «Temo - ribadisce Stella Crocco - che mio padre sia deceduto poiché contagiato dal personale. Anzi ne sono certa, perché nelle video-chiamate le infermiere non indossavano le necessarie protezioni. Perciò desidero che si verifichi l’esistenza di eventuali negligenze e manchevolezze commesse nella struttura, e a chi debbano essere imputate tali responsabilità». Con una premessa fondamentale: «Ho visto il personale adoperarsi in ogni modo e con grandissimo impegno per far fronte all’emergenza. Ma qualcosa non ha funzionato e desidero sapere dove. Credevo mio padre al sicuro e invece non lo era. E come se il dolore non bastasse, la casa anziani mi ha fatturato 150 franchi per ripristino camera e altri 150 per prestazioni di decesso. Oltre al danno la beffa. Ho chiesto spiegazioni alla direttrice, che al telefono mi ha risposto “lo prevede il regolamento"; di fronte alla mia sofferenza mi ha esortato a fare denuncia penale e ha chiuso la comunicazione».
Sono seguite due lettere raccomandate; alla seconda la direttrice ha risposto assicurando che “tutti i protocolli Covid-19 imposti dal Cantone e dal medico distrettuale sono stati rispettati da tutto il personale; nonostante questo il subdolo virus è riuscito a entrare”. Sul caso specifico assicura di aver fatto “tutto il possibile per suo padre, ma come lei ben sa era già molto malato e purtroppo non abbiamo potuto evitarne la morte”. Constatazione che non trova concorde la figlia: «È vero, mio padre aveva una certa età e soffriva di Alzheimer, ma per il resto era felice e gioioso, mangiava bene e di gusto. Non si può sostenere che avesse già altri problemi di salute per giustificare quanto accaduto. Voglio che si vada fino in fondo e che si chiarisca tutto il possibile, se fosse il caso anche tramite una denuncia penale che sto valutando di fare».
Interpellata dalla ‘Regione’ la direttrice Alessia Ghezzi non rilascia dichiarazioni, assicura l’avvenuta applicazione delle disposizioni superiori e aggiunge di aver nel frattempo revocato la richiesta dei 300 franchi. Per tutto il resto ci esorta a sentire l’avvocato Fabrizio Keller che rappresenta la struttura. Il legale, al corrente dello scambio di corrispondenza fra le parti, ritiene le critiche «del tutto infondate». E aggiunge che la casa per anziani «ha applicato tutte le misure anti-Covid ancora prima che giungessero le disposizioni cantonali emanate il 9 marzo e quelle del dottor Suter», fra cui la sospensione delle visite esterne e delle varie attività interne (podologia, fisioterapia, animazione, parrucchiere, ecc.) con tanto di confinamento in camera dei residenti, impossibilitati anche a uscire sul terrazzo. Non da ultimo - aggiunge l’avvocato Keller - la Residenza delle Rose ha applicato anche le disposizioni di sicurezza, ancor più severe di quelle emesse nel Canton Grigioni, elaborate dall’Associazione dei direttori delle case per anziani della Svizzera italiana (Adicasi): «Perciò fatico a credere come si possa muovere dei rimproveri alla struttura».
Il legale rimarca inoltre quanto già scritto dalla direttrice, laddove il coronavirus non necessariamente può essere il motivo del decesso: «Specialmente in situazioni nelle quali è presente una serie di altre patologie, esso concorre alla morte del paziente». Quanto al fatto che l’anziano ospite sia stato contagiato dal personale, l’avvocato Keller assicura che i dipendenti «erano costantemente istruiti sulle procedure da seguire ed erano dotati del necessario materiale di protezione». Non da ultimo, «due operatori sono risultati positivi ma asintomatici», grosso problema questo verificatosi anche in altre case per anziani (Sementina ad esempio, dove i decessi sono stati una ventina) ma che ha richiesto del tempo prima di venire approfondito verso la metà di aprile con un apposito studio effettuato in quattro case di riposo zurighesi.
Un altro elemento di difficile, se non impossibile, chiarimento è la possibilità di stabilire da chi l’anziano ospite sia stato contagiato: dal personale della casa, dal medico curante o da eventuali contatti interni fra residenti? «Se è stato il medico, una responsabilità della casa è esclusa», conclude l’avvocato Keller. E quanto alla mobilità interna dei residenti, «è vero che erano confinati in camera, ma nessuna di queste era chiusa a chiave». Saranno le verifiche superiori a stabilire la presenza o meno di situazioni mal gestite. Interpellato in qualità di autorità di vigilanza, l’Ufficio del medico cantonale retico ci risponde brevemente affermando che “a seguito di segnalazioni prendiamo i provvedimenti necessari e avviamo un’indagine. In questi casi, viste le inchieste e i procedimenti in corso, non è possibile rivelare informazioni”.