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Tiro ad alzo zero sulla centrale a legna prevista a Lumino

Tanta contrarietà nella palestra gremita, temuti gli effetti sull’aria. Criticati, i vertici di Teris hanno difeso il progetto. Mozione chiede di vietarlo

Lunedì sera presenti 150 abitanti molto critici su vari aspetti. Dopo il primo no municipale, Teris valuta una seconda domanda di costruzione
(laRegione)
19 giugno 2024
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A Lumino si trova in mezzo al guado il progetto di centrale a legna che la società Teris Sa intende realizzare nella zona artigianale per completare la rete di teleriscaldamento in direzione sud allacciandola a quella proveniente da Giubiasco alimentata dall’inceneritore cantonale dei rifiuti. Quanto successo lunedì nella gremita palestra comunale durante la serata informativa chiesta dal Plr (presenti 150 abitanti di cui molti in assetto da guerra temendo un peggioramento ambientale dell’aria nonostante la centrale sostituirebbe molti vecchi impianti a nafta più inquinanti) indica la presenza di una forte contrarietà verso la tecnologia alimentata da cippato costituito sia da legname di scarto, sia da legna vergine di bosco. In mezzo fra promotori e contestatori (la petizione in corso ha sin qui raccolto circa 500 firme) si pone il Municipio. Il quale finora ha preso una sola decisione, anzi due: la prima è di consentire a Teris (società parapubblica di proprietà dell’Azienda elettrica ticinese per il 60% e dell’Azienda cantonale dei rifiuti per il 40, entrambe di proprietà cantonale) di posare alcuni tratti di tubazioni sotterranee sfruttando la realizzazione della ciclopista intercantonale in fase di realizzazione; la seconda, a inizio aprile, di negare la licenza edilizia della centrale a legna per una formalità, l’assenza di una crocetta alla voce ‘deroga sulle distanze dal confine’ che in base al Piano regolatore devono essere accresciute in presenza di uno stabile con facciate lunghe oltre una certa misura.

Per una crocetta mancante

Domanda: la mancanza della richiesta di deroga poteva essere sanata con una semplice richiesta di completamento della domanda di costruzione? Su questo punto il vecchio Municipio in carica fino al 14 aprile si è diviso 3 a 2 con il Plr rimasto in minoranza favorevole, preferendo una parità di trattamento con altre situazioni simili già trattate in precedenza senza negare la licenza. Dettaglio: questo non significava ancora pronunciarsi a favore dell’impianto – ci viene spiegato a microfoni spenti – ma quanto meno consentire a Teris di completare l’incarto in base al quale poi pronunciarsi. Di parere opposto la maggioranza Centro/Verdi-Ps, ritenendo preferibile il diniego tout court. E così è andata.

Ora il problema è amletico: di fronte a un’eventuale nuova domanda di costruzione di Teris (i cui vertici stanno valutando se inoltrarla o lasciar perdere cercando un’altra location a nord di Bellinzona) e considerato che il Piano regolatore della zona artigianale attorno al campo sportivo consente al momento di accogliere centrali a legna di questo tipo, ma tenendo conto della forte contrarietà sorta fra la gente, il Municipio quali strumenti avrebbe per bocciare il progetto che sulla carta rispetta tutte le leggi e ordinanze in materia e poggia sul preavviso positivo del Cantone e, più in generale, è in linea con la politica energetica cantonale e federale che incoraggia soluzioni di questo tipo su scala nazionale? Pochi strumenti, che rischiano di non reggere di fronte a un ricorso.

Due proposte politiche restrittive

Due strumenti sono però recenti e politici. Il primo è la mozione del consigliere comunale Damiano Della Bruna sottoscritta da tutti i suoi colleghi del Centro e anche Rossoverdi e Udc. Chiede al legislativo tre cose: una “decisione di principio di non ammettere la realizzazione di centrali termiche e termoelettriche all’interno della zona per la produzione di beni”, così viene formalmente definita la zona artigianale; incaricare il Municipio di elaborare una variante di Piano regolatore che introduca il divieto di tali centrali; e di adottare subito una zona di pianificazione (ndr: statu quo per alcuni anni) al fine di salvaguardare la procedura pianificatoria necessaria per la concretizzazione della mozione. Il secondo strumento politico si è palesato in Gran Consiglio sotto forma di emendamenti proposti dal Movimento per il socialismo sul credito quadro di 27 milioni a favore della promozione e realizzazione di progetti di produzione e distribuzione di energia termica tramite reti di teleriscaldamento in Ticino. Tema, i criteri per determinare i contributi cantonali a favore delle centrali alimentate da legname usato: contributi, propone l’Mps, da subordinare all’accordo di tutti i Municipi e/o Consigli comunali della zona in cui è previsto l’impianto, e/o della popolazione di ogni Comune tramite votazione consultiva. Se la politica luminese e/o quella cantonale accogliessero la mozione e/o gli emendamenti, l’ipotesi di una centrale si trasformerebbe in una missione quasi impossibile.

Quanto ai vertici di Teris, ce l’han messa tutta lunedì sera a evidenziare i vantaggi, dal loro punto di vista, del progetto. Eccone alcuni: un’elevatissima qualità di trattamento dei fumi con l’abbattimento delle sostanze nocive e il pieno rispetto, con ampi margini, delle norme di legge come d’altronde già avviene nelle decine di impianti analoghi accesi nel resto della Svizzera; una produzione annua di energia calorica pari a 20’000 MW/h corrispondenti a 2 milioni di litri di gasolio non bruciati; il divieto di alimentare la centrale con legname problematico che contenga sostanze pericolose e nocive; il fatto che le zone di Lumino, Castione e Arbedo potenzialmente interessate dal teleriscaldamento presentino molti edifici ancora riscaldati a gasolio, eliminati i quali il bilancio ecologico derivato sarebbe decisamente favorevole rispetto all’incidenza della centrale a legna.

Le spiegazioni non hanno convinto

Dalla sala il fuoco di fila è però stato intenso e non sempre hanno soddisfatto le risposte date dal direttore di Teris Andrea Fabiano e dal presidente del Cda, Andrea Papina. A chi chiedeva quali altre location sarebbero state verificate a nord di Bellinzona, quest’ultimo ha detto che «le prime valutazioni risalgono al 2010 e altre ubicazioni sono state valutate (ndr: non ha voluto svelare quali), optando infine per la migliore dal profilo imprenditoriale». E giù critiche perché la scelta è ricaduta su un terreno che confina col campo di calcio e che dista soli cento metri dalle prime abitazioni e 200 dalle scuole di Castione, questo nonostante il consigliere di Stato Claudio Zali davanti alla Commissione ambiente, territorio ed energia del Gran Consiglio abbia detto che impianti simili dovrebbero essere predisposti in zona industriale e lontano dagli abitati.

Quale legname soprattutto?

Pure criticato il fatto che un’informazione pubblica non sia giunta prima che scoppiasse il bubbone e che manchi un sondaggio sull’interesse dei proprietari di immobili ad allacciarsi; tanto più che una centrale analoga, ma alimentata con solo legname vergine, è già prevista a Castione su iniziativa di Afor Castor che attende la decisione municipale. Preoccupano poi gli otto camion giornalieri di rifornimento nei periodi di punta (ma già oggi percorrono la regione dirigendosi Oltralpe dove il legname di scarto viene termovalorizzato) e il fatto che per motivi di economicità si privilegi la legna di scarto anziché quella vergine. A questo riguardo Mattia Monighetti, presidente sezionale del Centro e primo firmatario della petizione, ha evidenziato che nella domanda di costruzione «il legname indicato è prioritariamente quello di scarto, mentre questa sera sostenete il contrario. Il progetto non s’ha da fare perché pericoloso per la salute della popolazione. E perché, quale azienda parastatale, state facendo l’opposto di quanto sostiene Zali». Il confronto, in attesa delle prossime mosse, rimane teso e irrisolto.

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