Bellinzonese

Porte ex Pretoriali, ricavato vendita al fondo sociale detenuti

Bellinzona: 8 su 12 sono state comprate da privati generando un incasso di 1’600 franchi. L’importanza della risocializzazione in carcere

Decenni di disumano servizio
1 ottobre 2023
|

Otto su dodici per un incasso complessivo di 1’600 franchi versati al Cantone da coloro che sono nel frattempo diventati i nuovi proprietari. Non è stato un successo pieno, ma qualcosa ha fruttato la messa in vendita delle dodici porte blindate delle vecchie celle sotterranee di Bellinzona. Parliamo delle cosiddette ‘carceri pretoriali’ che le autorità avevano dismesso diversi anni fa e che nei mesi scorsi sono state smantellate nell'ambito dei lavori di rifacimento del Pretorio cittadino destinato ad accogliere servizi penali sia federali, sia cantonali. La messa in vendita delle porte per 200 franchi l’una durante l’estate era stata predisposta dal Dipartimento delle istituzioni, il cui direttore Norman Gobbi ha ora deciso di destinare l’incasso al fondo sociale delle strutture carcerarie cantonali. Di cosa si tratta? Lo abbiamo chiesto al loro direttore.

Il concetto di risocializzazione – sottolinea Stefano Laffranchini riprendendo un’intervista rilasciata al nostro giornale il 12 luglio 2022 – concerne il reinserimento nel tessuto sociale di chi è stato condannato e ha terminato di scontare la pena. Oltre a quelli della sicurezza e delle condizioni generali per una gestione efficace della struttura, si tratta di uno dei tre pilastri su cui poggia il sistema detentivo cantonale. Nel corso degli ultimi anni molto si è fatto per migliorare i primi due punti, che rappresentano le basi su cui impostare la miglior risocializzazione possibile, dopodiché il focus si è spostato su di essa grazie anche alla rivisitazione della funzione del direttore aggiunto, chiamato ora a coordinare i diversi enti che ruotano attorno alla risocializzazione dei detenuti, sviluppare e ottimizzare il contributo del personale penitenziario per realizzare il piano di esecuzione della pena, sostenere l’Ufficio dell’assistenza riabilitativa che allestisce e discute il piano con la persona detenuta. Fra gli obiettivi vi è anche quello di ridurre la recidiva, impedire cioè che chi torna in libertà si rimetta poi a delinquere. Da qui gli sforzi volti a un concreto reinserimento nella società e nel mondo lavorativo imparando, o reimparando, a rispettare lo stato di diritto, a cominciare dalle regole interne del carcere.

La cassa solidale

In questo ambito il fondo sociale – ci spiega oggi il direttore Laffranchini – rappresenta un elemento non secondario: «In sé si tratta di una sorta di ‘cassa solidale’ che viene alimentata dai detenuti tramite l’acquisto di prodotti di vario genere nel negozietto interno al Penitenziario cantonale della Stampa. Il prezzo maggiorato del 10% consente di destinare il ricavato al finanziamento di attività volute a favore dei detenuti stessi. Attività disciplinate da un apposito regolamento. Cito ad esempio situazioni in cui la persona, una volta scontata la pena, necessita di un aiuto economico per il rimpatrio, oppure i momenti d’incontro collettivi all’interno del carcere cui possono partecipare i familiari, oppure ancora l’esigenza di garantire in determinate situazioni beni di prima necessità».


Il chiavistello e lo spioncino di una delle dodici porte

Proprio i contatti con i familiari, sottolinea ancora il direttore Laffranchini, rappresentano una componente importante della risocializzazione: «Parliamo di contatti sani che sono degni di essere salvaguardati, proprio nell’ottica di costruire, passo dopo passo, una fruttuosa risocializzazione. Per fare un esempio, vi sono stati casi in cui il fondo sociale ha aiutato parenti di nostri detenuti ad affrontare il viaggio per la visita, che altrimenti non si sarebbe svolta». Occasioni invero semplici, ma preziose in un contesto molto ampio e complesso voluto per reindirizzare persone che nell’arco della loro vita hanno vissuto situazioni criminogene per le quali sono chiamate a pagare il conto con la giustizia.

Smantellate perché disumane

Persone che – ha stabilito il sistema penale e detentivo elvetico – non vanno semplicemente rinchiuse. In quest'ottica non sembra dunque paradossale il fatto che a sostenere la struttura carceraria nell'esercizio di risocializzazione sia proprio il ricavato della vendita di porte dietro le quali, in condizioni inadeguate, hanno trascorso infinite giornate migliaia di persone nelle prime ore successive all'arresto. Celle pretoriali bellinzonesi come detto smantellate nel 2006 – insieme a quelle di Locarno, Lugano e Mendrisio –, perché giudicate disumane anche da organismi come Amnesty International e il Comitato del Consiglio d’Europa per la prevenzione della tortura, dei trattamenti e delle pene disumane o degradanti. E perciò sostituite dal Carcere giudiziario costruito al Piano della Stampa.

Leggi anche:
Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔