Il padre della 21enne sarda caduta dalla cascata di Santa Petronilla a Biasca si è rivolto alla Procura italiana sollecitando nuove verifiche
«Troppe cose non tornano sulla morte di mia figlia, liquidata dalla Polizia ticinese come ‘infortunio’. Perciò ci siamo rivolti alla giustizia italiana chiedendole di attivarsi per effettuare, anche sulla base di informazioni già in nostro possesso, una serie di accertamenti che potrebbero aiutare a capire meglio la situazione». A Cagliari nel giorno dei funerali di Annika Deidda, la 21enne sarda residente nel Comasco morta mercoledì scorso cadendo dalla cascata di Santa Petronilla a Biasca mentre era in compagnia del suo compagno 24enne, il padre Gianluca espone il punto di vista della famiglia. Lo fa attraverso i media italiani.
La studentessa di architettura al Politecnico di Milano – premette – dopo essersi trasferita nel Nord Italia per studiare aveva conosciuto un ragazzo col quale era andata a vivere lo scorso ottobre. Il 24enne era insieme a lei al momento della caduta nel vuoto. Come da prassi, a inchiesta appena avviata, la Polizia cantonale non esclude nessuna ipotesi, pur avendo riportato nel proprio comunicato stampa il termine ‘infortunio’. Una probabile tragica fatalità – e non un gesto estremo (suicidio) o violento (per mano di terze persone) – sulla quale il padre solleva dei dubbi: «Mia figlia stava per trasferirsi in un’altra casa a Milano, il contratto era già stato chiuso e sarebbe dovuta andare a vivere da un’anziana». Questo perché le cose col suo compagno e coinquilino, specifica, non sembravano andare troppo bene. «Da alcuni mesi vivevano insieme in un paesino del Comasco, lei addirittura gli pagava l’affitto di 250 euro. Annika è sempre stata seria, riservata, cattolica, ma nell’ultimo periodo era irriconoscibile, un’altra persona», riferisce il padre al portale CastedduOnline aggiungendo di aver chiesto ufficialmente alla Procura cagliaritana di attivarsi con gli inquirenti ticinesi affiancandoli nelle indagini per quanto riguarda possibili accertamenti da eseguire nella Penisola.
Infatti la situazione fra i due giovani, secondo Gianluca Deidda, a un certo punto deve aver preso una brutta piega, perché Annika «dallo scorso ottobre aveva perso 25 chili e temo che venisse drogata contro la sua volontà. Per me era entrata in qualche giro strano». Inoltre «i genitori del ragazzo non ci hanno fatto le condoglianze, non ci hanno permesso di recuperare gli effetti personali, non abbiamo ancora il suo telefonino. Ma siamo già entrati in possesso, almeno, del suo tablet che faremo analizzare». Ribadisce poi che la figlia «aveva deciso di lasciare il ragazzo». Sarebbe stata lei stessa a comunicarlo ai genitori tre giorni prima della disgrazia. «Ma lui l'avrebbe poi invitata a visitare la cascata che sembra conoscere abbastanza bene, a differenza di Annika». Al quotidiano L’Unione Sarda il padre aggiunge poi di temere che «fosse finita in un giro di persone molto ricche che andavano a prenderla con limousine e altre auto costose, accompagnandola in alberghi di lusso. Una situazione che aveva convinto la mia ex moglie a metterle alle calcagna un investigatore privato già dal mese di aprile». Cos'abbia scoperto di preciso, il padre lo ha probabilmente riferito ai propri avvocati che, come detto, hanno depositato un esposto alla Procura italiana. A ogni modo il padre si dice convinto che la figlia volesse uscire da quel giro.
Ad attendere i risultati dell’inchiesta di Polizia è anche il Municipio di Biasca, responsabile della sicurezza sul territorio comunale. «Non abbiamo ancora ricevuto il rapporto», premette il sindaco Loris Galbusera da noi interpellato: «Bisogna ovviamente accertare la dinamica esatta e per il momento, stando alle poche informazioni in nostro possesso, crediamo che la ragazza sia caduta per disattenzione». Si tratta peraltro, ricordiamo, della prima e unica caduta letale nella storia recente della cascata. Se sia opportuno o meno mettere in sicurezza l’area, sarà un tema di riflessione per il Municipio: «Ma stiamo parlando di una porzione di territorio impervio, quindi temiamo che non si possa fare molto. Inoltre la posa di barriere potrebbe portare a false aspettative di sicurezza. Semmai, sarà tema di discussione se aggiungere una segnaletica di pericolo».