La Fondazione Sasso Corbaro lancia l’Accademia per le Medical Humanities e il Certificato di studi avanzati ‘La comunicazione come strumento di cura’
Fare in modo che «le dimensioni umanistiche della medicina non vengano sommerse» dalla tecnica e dalla tecnologia, componenti che sono in ogni caso «fondamentali» in questo campo. Graziano Martignoni, vicepresidente della Fondazione Sasso Corbaro (Fsc), ritiene infatti che pure l’etica o la comunicazione siano aspetti molto importanti quando si tratta di curare un paziente. Per portare avanti questo lavoro di sensibilizzazione, la Fsc ha presentato oggi ai media due proposte formative: l’Accademia per le Medical Humanities, che si svolgerà da novembre 2022 a marzo 2024, e il Certificato di studi avanzati (Cas) dal titolo ‘La comunicazione come strumento di cura’ che sarà proposto in collaborazione con l’Università della Svizzera italiana (Usi) e l’Ente ospedaliero cantonale (Eoc) da gennaio a dicembre 2023. L’Accademia è aperta a tutti e il percorso completo costa 800 franchi (vi è la possibilità di richiedere una borsa di studio alla fondazione), mentre il Cas (dal costo di 3’000 franchi) è maggiormente rivolto ai professionisti con un titolo di studio avanzato come medici, infermieri, ricercatori e così via. Gli interessati devono annunciarsi scrivendo a fondazione@sasso-corbaro.ch rispettivamente entro l’11 novembre e il 16 dicembre.
L’Accademia per le Medical Humanities si prefigge di rispolverare (attraverso 15 moduli, in programma una volta al mese, a Bellinzona) i fondamenti dell’umanesimo clinico e dell’etica. Umanesimo clinico (o medical humanities) che non è una disciplina accademica protocollare e procedurale, ma più semplicemente un gesto, uno sguardo o una parola che permette di far sentire meglio una persona malata. L’obiettivo è quello di «curare meglio e di cercare di dare un senso all’esistenza di un malato», ha precisato Martignoni. Questo percorso formativo è quindi rivolto a tutti coloro che hanno quotidianamente a che fare con persone che necessitano di cure, interessate a «capire meglio cosa è la cura o quali sono i principi etici che devono guidare l’intervento di aiuto. Può quindi trattarsi ad esempio di una signora che intende accompagnare al meglio suo marito negli ultimi momenti della sua esistenza o un cuoco che lavora in un istituto per disabili, ma anche medici, psicologi, operatori sociali, infermieri, responsabili di case per anziani e così via». Ogni modulo è composto da due lezioni durante le quali si affronteranno da un lato i principi etici (come la responsabilità sociale, la confidenzialità, la centralità del paziente, la paura dell’errore ecc.) e dall’altro le applicazioni delle medical humanities riassunte da parole come dignità, verità, solidarietà, rispetto, vulnerabilità o trasparenza. Alle lezioni sarà affiancato un laboratorio (di casistica clinica, letterario, poetico o cinematografico) che permetterà ai partecipanti di scambiarsi opinioni, facendo esperienza.
«La buona comunicazione fa parte di una buona cura», ha affermato Roberto Malacrida, responsabile delle relazioni istituzionali della Fondazione Sasso Corbaro. Fondazione che, in collaborazione con Eoc e le facoltà di Scienze biomediche e di Comunicazione dell’Usi, ha quindi deciso di proporre per la seconda volta un Cas in quest’ambito. Questa proposta formativa (che si terrà nel campus Usi a Lugano) è composta da 12 moduli, durante i quali si analizzeranno gli aspetti teorici e pratici delle problematiche legate alla comunicazione: si cercherà di capire come comunicare in modo corretto e rispettoso ad esempio una diagnosi non favorevole oppure un errore medico. Sarà anche messo l’accento sulla comunicazione virtuale che negli ultimi anni (in particolare con la pandemia) ha guadagnato d’importanza e che quindi deve essere gestita correttamente.
«La buona comunicazione in medicina è essenziale soprattutto in quelle situazioni nelle quali è importante che non vi siano malintesi», ha sottolineato da parte sua Mattia Lepori, vicecapo Area medica dell’Eoc e presidente della Commissione di etica clinica dell’Eoc. Si tratta di un’abilità che «va al di là delle pure competenze tecniche e che è molto importante». L’Eoc «investe già da parecchio tempo nella formazione in ambiti non legati esclusivamente alle conoscenze tecniche, ma il fatto che questo percorso sia riconosciuto dall’Usi è sicuramente un valore aggiunto». Ma sono già stati individuati dei benefici concreti dopo il primo Cas? «Il fatto che alla fine del primo percorso formativo i partecipanti provenienti da realtà cliniche diverse ci abbiano chiesto di continuare il percorso, è un risultato tangibile. Ora stiamo valutando come riuscire a dare continuità a questa formazione».