Entrato in funzione questa estate, in passato era stato contestato dalla Città e oggi produce anche elettricità per oltre mille abitanti
A vent’anni dai primi approcci maturati fra le allora autorità comunali di Giubiasco, Pianezzo e Sant’Antonio – cui sono seguiti vari ricorsi a più livelli e sentenze che hanno sempre confermato la bontà dell’idea originaria infine sfociata nel 2016 nella fase realizzativa favorita anche dall’imminente aggregazione – è stato inaugurato oggi l’acquedotto della Morobbia. Costato 22 milioni di franchi (preventivo rispettato), dal mese di giugno, quando è entrato in funzione gradualmente al termine di un lungo cantiere durato sei anni, assicura un corretto approvvigionamento qualitativo e quantitativo a tutte le località vallerane, al borgo e anche alle vicine zone di pianura in caso di bisogno, diventando così complementare ai pozzi di captazione di Gnosca che approvvigionano i principali quartieri cittadini e presto anche quelli nord di Claro, Preonzo e Moleno.
«In questo primo periodo di rodaggio non sono invero mancati alcuni problemi di gioventù – conferma alla redazione Mauro Suà, direttore dell’Azienda multiservizi responsabile dell’impianto –, come per esempio la temperatura dell’acqua risultata un pochino elevata in alcuni punti di distribuzione. Un problema derivante dalle tubazioni comunali posate ormai diversi anni fa. L’attivazione dell’acquedotto ha comunque permesso di assicurare dal mese di agosto il corretto approvvigionamento estivo in quelle frazioni che avrebbero altrimenti sofferto maggiormente la mancanza di precipitazioni, Paudo in primis».
La complementarità con i pozzi di Gnosca, a metà degli anni 2000 era stata vista dalla Città come un gesto quasi di sfida da parte del confinante Giubiasco. Questo proprio quando la capitale stava sviluppando il proprio acquedotto intercomunale per poter chiudere i vecchi pozzi situati vicino allo Stadio comunale. Complementarità che, appianate le ultime divergenze grazie anche all’aggregazione, «rappresenta oggi un vero punto di forza migliorando concretamente la gestione idrica dell’intera città e producendo energia rinnovabile». Suà spiega infatti che quando le sorgenti di valle sono avare d’acqua, quella proveniente dalla falda di Gnosca può essere pompata in quota fino al bacino idrico di Lôro, così da assicurare la distribuzione nella parte bassa della Morobbia. Quando invece l’acqua di sorgente abbonda, questa può confluire nei quartieri bassi» come quello viepiù più popoloso di Camorino. «Un sistema virtuoso che ha permesso anche d’installare in valle cinque nuove microcentrali in aggiunta alla produzione idroelettrica della diga di Carmena».
Su questa e altre questioni, dicevamo, nell’ultimo ventennio i rapporti Bellinzona-Giubiasco non sono sempre stati idilliaci. Tanto da spingere la Turrita (correva l’anno 2003) a impugnare la domanda di costruzione insieme alla Federpesca e ad alcuni privati, facendo così pressione sulle autorità cantonali anche perché Giubiasco intendeva sfruttare le acque della Morobbia non solo a scopo idrico ma anche, come si è visto, idroelettrico. Proprio quella Morobbia dove le Amb con la diga di Carmena produce tutt’oggi una fetta significativa della corrente distribuita nel comprensorio. Diga e centrale che rischiavano la riversione al Cantone dopo il 2010. Rischio, questo, infine sfumato e che vede attualmente Amb e Città impegnate nella procedura di rinnovo quarantennale della concessione di sfruttamento delle acque. Iter che implica un investimento di 23 milioni, non da ultimo per la posa di una nuova tubazione nel tratto fra la centrale e il fiume Ticino in grado di ridurre gli sbalzi di portata nel torrente giubiaschese quando l’acqua viene turbinata.
Il cantiere è stato avviato nel 2016 con la costruzione del nuovo serbatoio di Vellano, cui si sono poi aggiunti quelli di Carena e Madonna degli Angeli per un accumulo totale di 2’400 metri cubi. L’acqua proveniente da cinque sorgenti giunge dapprima al serbatoio di Carena dove viene turbinata in tre microcentrali e distribuita attraverso la rete idrica agli abitati di Carena, Melera e Melirolo. Qui l’acqua in esubero viene trasportata tramite la condotta al serbatoio di Vellano, dove passa nella turbina di una seconda microcentrale e, unita a quella proveniente da altre quattro sorgenti, soddisfa i bisogni idrici delle frazioni di Vellano e Carmena. L’acqua raggiunge quindi il quartiere di Pianezzo e il serbatoio della sottostante frazione di Madonna degli Angeli, dove, prima di essere immessa nella rete idrica di Giubiasco, viene nuovamente turbinata per produrre energia idroelettrica. È stato inoltre eseguito un collegamento col serbatoio Medè che approvvigiona Pianezzo, permettendo di alimentarlo con l’acqua proveniente dalla Val Morobbia qualora ce ne fosse bisogno.
In cifre, si contano 7 chilometri di condotte d’adduzione fra le sorgenti e i serbatoi; 11 chilometri di condotte di distribuzione dai serbatoi all’utenza; otto gruppi di sorgenti risanate e/o captate a nuovo; una camera di distribuzione al Palasio. L’acqua che dalle numerose sorgenti viene raccolta nei tre serbatoi, viene come detto utilizzata sia per alimentare l’acquedotto sia per produrre energia. Il dislivello tra le sorgenti e i serbatoi ha permesso la posa di cinque microcentrali all’interno dei serbatoi in grado di produrre circa 1,8 milioni di kWh/anno che equivale al fabbisogno energetico di oltre 500 economie domestiche, pari a circa 1’200 abitanti, più di quelli che conta la Val Morobbia. È stata infine prestata attenzione – sottolinea Amb – affinché l’acqua utilizzata "non sia superiore a quella necessaria ad alimentare i riali della valle, garantendo il rilascio del deflusso minimo vitale e garantendo un armonico sviluppo dell’ecosistema locale".