La cancelleria comunale: ‘Sempre più persone disposte a offrire spazi’. Il municipale Renato Bison: ‘I bambini saranno integrati nel sistema scolastico’
Nemmeno a Bellinzona mancano persone di cuore desiderose di mettersi a disposizione per ospitare direttamente a casa loro, o accogliere volontariamente e gratuitamente in appartamenti e locali inutilizzati, profughi ucraini fuggiti dal paese bombardato dall’esercito russo. Oltre ai proprietari già annunciatisi alle autorità cantonali e alla Protezione civile, un discreto numero di persone si è presentato agli sportelli della Città manifestando il loro interesse. «Ogni giorno arriva qualcuno ben disposto a mettere a disposizione chi un monolocale, chi un appartamento, chi il proprio grottino che dispone di qualche letto e dei servizi di base», spiega alla redazione Luca Tanner, responsabile della Cancelleria comunale di Bellinzona.
Attualmente il totale delle persone annunciatesi raggiunge quota 45, di cui quasi la metà nel quartiere centrale, per un totale di 168; cifra destinata certamente ad aumentare col passare dei giorni e delle settimane visto il fiume di disperazione che si sta riversando in tutta Europa. In tredici casi si tratta di persone disposte ad accogliere in famiglia dalle 2 alle 4 persone, per dare loro sostentamento occupandosi anche del vitto oltre che dell’alloggio. Un’attenzione particolare rivolta a quei profughi che in molti casi oltre a un tetto e a un po’ di tranquillità e sicurezza cercano anche dei gesti quotidiani di amicizia, solidarietà e affetto. E non importa se giungono da perfetti sconosciuti. Negli altri casi si tratta come detto di appartamenti sfitti o, per esempio, di monolocali inutilizzati in case monofamiliari.
«Parimenti – evidenzia ancora Luca Tanner – non passa giorno che ai nostri sportelli non si presenti qualche profugo che chiede di essere registrato. Noi procediamo e tutti i dati, sia quelli delle persone, bambini in età scolastica inclusi, sia quelli degli appartamenti messi a disposizione, vengono immessi nella banca dati delle autorità cantonali, affinché tutto quanto sia coordinato al meglio. Sappiamo quindi, grazie anche a questi aggiornamenti, che già diversi ucraini hanno trovato accoglienza presso loro conoscenti, amici e familiari con i quali erano già precedentemente in contatto». Un’attenzione particolare è rivolta ai bambini: «La loro registrazione è importante per poterli inserire, in accordo col Decs, nelle nostre scuole».
Scuola
E il sistema scolastico del Comune di Bellinzona «è pronto». Renato Bison, capodicastero Educazione, cultura, giovani e socialità, precisa a ‘laRegione’ che «per il momento è stato notificato l’arrivo di una decina di famiglie con bambini che saranno progressivamente integrati nelle classi degli istituti scolastici comunali». Per gestire al meglio la scolarizzazione dei bambini ucraini fuggiti dal dramma della guerra, la Città fa inizialmente affidamento a due importanti figure: i cosiddetti docenti di lingua e integrazione (Dli) e gli interpreti dell’Agenzia Derman. I primi, già presenti da diversi anni nelle varie zone relative agli istituti scolastici, si occupano d’insegnare l’italiano agli alunni di lingua straniera, permettendo loro d’integrarsi nella società e nella scuola. «Nei prossimi giorni saranno organizzati dei colloqui tra i docenti Dli e le famiglie già arrivate a Bellinzona per capire qual è il livello di scolarizzazione dei bambini e quali sono le loro esigenze», sottolinea Bison. Una delle difficoltà maggiori è rappresentata proprio dalla lingua: «Per quanto riguarda i traduttori facciamo capo al Cantone che collabora con gli interpreti e mediatori interculturali dell’Agenzia Derman». Tuttavia, questi ultimi non sono sempre strettamente necessari: «A volte le famiglie vengono ospitate da persone che possono fungere loro stessi da interpreti, conoscendo la lingua straniera oltre che, ovviamente, l’italiano».
Il passo successivo sarà poi quello d’integrare i bambini nel sistema scolastico che «fortunatamente è simile a quello ucraino», rileva il capodicastero Educazione, cultura, giovani e socialità. Con la giusta tempistica, l’obiettivo è infatti quello di permettere loro di andare a scuola come fanno tutti gli altri alunni: i bambini ucraini «parteciperanno progressivamente alle attività delle classi, iniziando da quelle lezioni (come educazione fisica o durante le quali si svolgono attività manuali oppure ricreative) che possono seguire anche senza conoscere alla perfezione l’italiano. Al momento opportuno, forse già durante il prossimo anno scolastico, saranno poi integrati completamente nelle varie classi». La sede che frequenteranno sarà possibilmente vicina alla loro abitazione, ma ciò dipenderà anche da quanti bambini arriveranno effettivamente entro l’estate. In ogni caso, «al momento vi sarebbero aule a disposizione alle Scuole elementari del Palasio a Giubiasco o alle Scuole Nord di Bellinzona».
Un’altra possibilità è rappresentata dalla didattica a distanza, esperienza che hanno già vissuto gli studenti ticinesi (e non solo) durante la pandemia, specie nella prima ondata: «Un ragazzo ucraino sta attualmente continuando a seguire le lezioni nel suo paese da remoto», spiega Bison. In casi come questo gli alunni «si recheranno a scuola per seguire quelle lezioni difficili da svolgere da remoto». Anche in questo caso si tratta ad esempio di attività manuali, ricreative o dell’educazione fisica. Insomma, si tratta sicuramente di una situazione «non facile e che implica molto lavoro», sottolinea Bison. Lavoro che permetterà però d’integrare al meglio famiglie e bambini che fuggono da una situazione di estrema crisi.