Riscuote successo l’iniziativa ideologica di una dottoressa bellinzonese. Il farmacista cantonale: ‘Vale il libero mercato, ma teniamo aperti gli occhi’
Se un benzinaio vende carburante a metà prezzo, magari perché mosso da un’ideologia pro auto, la coda di clienti in attesa di fare il pieno sarà chilometrica. È quanto sta succedendo con i tamponi Covid richiesti con esito negativo per poter accedere a luoghi affollati come bar, ristoranti, stadi, teatri ecc. La maggior parte di coloro che si sottopongono volontariamente al test poiché non vaccinati, deve pagare di tasca propria da un minimo di 20-25 franchi a un massimo di 35-40. Ma talvolta anche solo 10 franchi. Questa infatti la tariffa applicata da una dottoressa di Giubiasco che dopo un primo periodo di tamponi eseguiti nel proprio studio, da qualche tempo li organizza in un edificio privato a Sementina. Nel suo portale internet ricorda che dall’11 ottobre – come deciso dal Consiglio federale – i test ‘a richiesta’ devono essere pagati dal singolo. E, aggiunge, “a nostro avviso nessuno dovrebbe, contro la propria convinzione interiore, essere costretto a farsi inoculare una vaccinazione Covid-19 per motivi di costo”. Vi si potrebbe leggere un sostegno ai no-vax. Ma il condizionale è d’obbligo, visto che la dottoressa non ha accettato di rispondere alle nostre domande. “Ci sforziamo di offrire test convenienti e di agevole accessibilità – taglia corto la comunicazione all’utenza – sino alla fine del periodo per il quale vige il requisito del certificato”. Tampone a 10 franchi quindi per gli adulti e a 2 franchi per giovani di età compresa tra i 16 e i 25 anni con un reddito basso (scuola, studi, apprendistato); invece gratis, poiché il costo viene assunto dalla Confederazione, per bambini e ragazzi prima del loro 16° compleanno, persone che hanno ricevuto la prima vaccinazione fino al 30 novembre 2021 e chi non può essere vaccinato per motivi medici. L’annuncio ha avuto e sta continuando ad avere molto successo e sono tantissimi coloro che si annunciano attratti dal prezzo basso.
Al di là della motivazione ideologica che può spingere un medico a proporre il tampone a un prezzo che va dalla metà fino a un quarto della media applicata da altri operatori sanitari abilitati, sul ‘caso’ potrebbe aprirsi una riflessione. Per esempio, il solo prezzo molto vantaggioso può portare gli utenti a chiedersi se il tampone sia della qualità attesa o se non venga magari reperito sottocosto in un mercato all’ingrosso poco affidabile. Con conseguenze bene immaginabili qualora l’efficacia non fosse comprovata. Ma potrebbero inserirsi altre riflessioni su molteplici aspetti della pratica medica. D’altronde qualche segnalazione è giunta anche allo Studio del medico cantonale e a quello del farmacista cantonale Giovan Maria Zanini, competente in materia. Gli abbiamo chiesto se quanto proposto dal medico giubiaschese sia abbastanza comune in Ticino o se sia un caso isolato; se non violi qualche norma di legge; se non vada contro la deontologia professionale; se non favorisca in maniera eccessiva chi difende la propria libertà di non vaccinarsi; e se non violi l’intendimento della Confederazione che facendo pagare il tampone volontario mira anche, o soprattutto, ad aumentare il livello di vaccinazione sul piano nazionale.
Il farmacista cantonale Giovan Maria Zanini (Ti-Press)
In risposta Zanini si dichiara pronto ad approfondire. E lo fa partendo da una premessa che da sola spiega metà del presunto problema: «Se il costo del tampone non viene coperto dalla Confederazione né dalle casse malati, e si muove perciò al di fuori della Legge federale sull’assicurazione malattia, vige il libero mercato nel senso completo del termine. E cioè che le farmacie e gli studi medici possono applicare il prezzo che vogliono». Questo comporta che «nessuno, men che meno lo Stato, l’Ordine dei medici e quello dei farmacisti, ha il diritto di dare indicazioni su come gli attori devono formare il loro prezzo nei confronti dell’utenza che paga di tasca propria». Un intervento dello Stato, prosegue Zanini, «corrisponderebbe a violare la legge. Si tratta di una chiara scelta politica, che invero non condivido appieno, sulla quale vigila comunque la Commissione federale della concorrenza». Non era così in passato, quando per contro vigeva l’obbligo di vendere, «con chiari obiettivi sanitari», il medesimo farmaco allo stesso prezzo in tutti i cantoni: «Tale obbligo è decaduto quando il legislatore ha ritenuto che occorresse fare qualcosa per abbassare i costi delle casse malati, dimenticando però che nell’unico ambito nel quale s’intendeva intervenire, ossia quello dei farmaci, esiste un prezzo ‘amministrato’».
In materia di tampone Covid è peraltro notizia degli ultimi giorni che la Confederazione ha abbassato da 47 a 36 franchi il costo coperto a favore di chi ha diritto all’esenzione. Perciò si assottiglia la differenza nella forchetta fra il prezzo massimo previsto, attualmente preso a carico dallo Stato, e quello più basso applicato da medici e farmacisti incassando in contanti. «Anche in questo ambito vale la regola della domanda e dell’offerta», prosegue il farmacista cantonale: «Dove c’è una sovrabbondanza di offerta i prezzi scendono, dove c’è una carenza di offerta i prezzi salgono». Regola che potrebbe rafforzarsi laddove il prezzo venisse abbassato per motivi ideologici, come nel caso giubiaschese: «Ma nel libero mercato potrebbe accadere anche il contrario, e cioè che in caso di estrema urgenza il tampone possa essere fatto pagare anche dieci volte tanto». Cifra esorbitante che probabilmente qualcuno potrebbe accettare di pagare, magari per assistere a un evento a grande richiamo per il quale ha ottenuto solo all’ultimo momento l’agognato biglietto d’ingresso.
Dietro a un prezzo favorevole fuori parametro potrebbero celarsi anche motivazioni non ideologiche, che secondo Giovan Maria Zanini andrebbero verificate: «Soprattutto di fronte a un prezzo che riteniamo a priori troppo basso, bisognerebbe accertare la qualità del servizio offerto, del lavoro svolto, del personale incaricato, dei locali occupati e del materiale utilizzato che va dai guanti ai camici, dalle mascherine al disinfettante, fino al kit del tampone. Su quest’ultimo punto sappiamo che medici e farmacisti comprano il kit a un prezzo medio di 5 franchi. Se poi lo offrono a 2 o 10 franchi per motivi ideologici, si presume che questi prevalgano sulla volontà di coprire i costi o di guadagnarci. Ma non dobbiamo nemmeno escludere che qualcuno, pur favorendo l’utenza per motivi ideologici, possa reperire i tamponi su mercati non convenzionali privi della garanzia di qualità. Questo vale, al contrario, anche per chi applica un prezzo all’utenza in linea con la media: nella stragrande maggioranza dei casi è tutto a posto, ma qualcuno potrebbe decidere di speculare».
Eventuali verifiche, conclude il farmacista cantonale, «non mirano a intervenire sui prezzi, ma a fare in modo che il servizio offerto rispetti le norme sanitarie e di qualità». D’altronde le farmacie e gli studi medici ticinesi sono già stati informati dalle autorità cantonali del fatto che ispezioni sono possibili, anche sulla corretta fatturazione del tampone alla Confederazione per chi ne ha diritto, così da evitare abusi. Finora nella ventina di verifiche eseguite «non sono emersi problemi rilevanti, a parte alcuni dettagli da correggere». A ogni modo l’aspetto relativamente nuovo del costo situato nettamente al di sotto del limite di mercato, «può in effetti attirare la nostra attenzione», conclude il farmacista cantonale.