Una cinquantina di persone si è radunata oggi al portale sud per commemorare le 11 vittime dell’incidente all’interno del tunnel del 24 ottobre 2001
Emozione palpabile questa mattina ad Airolo davanti alla centrale di ventilazione della galleria autostradale del San Gottardo, dove una cinquantina di persone – parenti, rappresentanti degli enti di soccorso e autorità politiche – si è data appuntamento per commemorare le 11 vittime dell’incidente avvenuto all’interno del tunnel la mattina di mercoledì 24 ottobre 2001: alle 9.39 due articolati si scontrano frontalmente a circa un chilometro dal portale ticinese. Dopo quattro minuti divampa un incendio che coinvolge i due mezzi. Scattano gli allarmi, che puntualmente generano gli automatismi del Centro di manutenzione e degli enti di soccorso. «Presto, però, ci fu la consapevolezza che il rogo aveva gravissime connotazioni – ha ricordato oggi durante il suo intervento l’allora sindaco di Airolo, nonché vicecapo del Centro di manutenzione, Mauro Chinotti –. Il fumo nero che usciva ininterrottamente dal camino di ventilazione della centrale di Airolo, coprendo l’intero villaggio, ne divenne una macabra testimonianza. Nonostante i numerosi anni trascorsi, i sentimenti e le sensazioni riaffiorano intensi. E lo scenario che si presentò davanti ai nostri occhi rimarrà per sempre».
Davanti alla stele commemorativa con incisi i nomi delle undici persone che persero la vita a causa dell’incendio, Chinotti ha voluto sottolineare la prontezza d’intervento della sala comando, del Corpo pompieri, dei sanitari e degli addetti alla manutenzione. Dall’inchiesta della magistratura, ha ricordato l’ex sindaco, emerse che «tutti i dispositivi di sicurezza funzionarono perfettamente, e che l’intervento di soccorso fu immediato e altamente professionale. Tutti operarono al meglio delle loro capacità, supportati anche dalla conoscenza dell’intera struttura. Misero in campo non solo professionalità, ma anche grande senso di responsabilità, sensibilità verso chi, intrappolato all’interno della galleria, doveva essere evacuato». Nonostante il tempestivo intervento, risultò impossibile, in quei quattro minuti, raggiungere il punto della collisione e mettere in atto le misure preventive atte a impedire quanto poi successo. Furono numerose le persone messe in salvo all’interno di un tunnel dove il fortissimo calore sprigionato impedì ai pompieri di intervenire direttamente sulle fiamme. L’allora responsabile dell’inchiesta, il procuratore pubblico Antonio Perugini, «sottolineò senza se e senza ma come fosse stato importante per il coordinamento degli interventi che la gestione del comando si trovasse in Alta Leventina», ha affermato Chinotti, ribadendo che la sala comando – ormai da anni trasferita a Flüelen – dovrebbe tornare ad Airolo.
Presenti alla cerimonia anche la moglie e i tre figli (l’ultimo dei quali nato pochi mesi dopo l’incidente) di Rosario Caggiano, 37enne autotrasportatore di Verbania al servizio di una ditta di Grono che morì asfissiato a causa dell’incendio che si sviluppò dopo la scontro (nel tunnel la temperatura raggiunse i 1’200 gradi e il rogo si spense dopo due giorni). Caggiano seguiva di 200 metri il camion carico di pneumatici guidato da Bruno Saba che si scontrò con il Tir con targhe belghe guidato da un 35enne autista turco ubriaco: fu quest’ultimo a invadere la corsia e a collidere frontalmente con il Tir guidato dal 31enne Saba il quale, intuendo la gravità della situazione, si precipitò fuori dal veicolo correndo verso nord ed esortando le persone incolonnate a mettersi in salvo.
Nel giorno della memoria di «una tragedia che non va dimenticata», per usare le parole del sindaco di Airolo Oscar Wolfisberg, «godiamo oggi di prospettive ben più serene che permetteranno più sicurezza», ha detto Wolfisberg riferendosi alla seconda canna del tunnel autostradale (inaugurazione prevista nel 2029) per la quale sono recentemente iniziati i lavori. Un raddoppio, ha aggiunto il sindaco, che andrà a scongiurare la possibilità di collisioni frontali, causa di altri gravi incidenti accaduti negli anni.
Il consigliere di Stato Norman Gobbi, 24enne all’epoca dei fatti, ricorda bene quel tragico giorno: «Ho visto il fumo nero uscire dal camino del portale sud, il grande movimento degli enti di soccorso, la paura dipinta sui volti. L’attesa per sapere realmente quanto era accaduto, per conoscere il numero delle vittime» – ha detto oggi il direttore del Dipartimento delle istituzioni –. «Purtroppo in poche ore, e sottolineo purtroppo, Airolo è diventato il centro del mondo. Anche per quanto riguarda il mondo dell’informazione, con le principali emittenti europee e mondiali collegate in diretta nel corso della prima conferenza stampa e nei giorni successivi. In quelle ore e in quei giorni vivevamo tutti un dramma. Un dramma che non avrebbe dovuto avvenire se l’autista non avesse bevuto».
Una tragedia, ha continuato Gobbi, che ha dato il via a due scenari ben precisi: «Un ripensamento della sicurezza all’interno delle gallerie che si avviò a livello internazionale già dopo l’incidente sotto il Monte Bianco nel 1999, ma che in Svizzera e nel resto delle nazioni alpine trovò impulso dal dramma del San Gottardo. Fu decisivo – ha continuato il consigliere di Stato leventinese – anche lo speciale rapporto redatto dal procuratore pubblico Antonio Perugini che si sviluppò accanto all’inchiesta penale vera e propria sull’incidente. Così come fu decisivo il contributo di un’altra eccellenza del nostro cantone, ossia lo studio di ingegneria Lombardi. Accorgimenti tecnici, strutturali e di mobilità, come per esempio il sistema di dosaggio a contagocce partito nella primavera del 2002. Ma anche modifiche legislative e normative. Dopo quel tragico 24 ottobre 2001 sotto il San Gottardo non sono più accaduti incidenti di gravissima portata come quello che siamo qui oggi a ricordare». Gobbi ha infine rammentato come quel dramma abbia rafforzato la richiesta di raddoppio della galleria autostradale.
Assente per motivi personali, l’allora presidente del Consiglio di Stato, Luigi Pedrazzini, ha comunque voluto trasmettere un messaggio ai presenti: “Rimangono in me molti e forti ricordi di quel giorno. Assieme al compianto collega Marco Borradori abbiamo diretto due conferenze stampa che hanno avuto eco in tutto il mondo. L’emozione fu fortissima, anche perché questo era il terzo episodio gravissimo dopo le Torri Gemelle e l’attentato al Gran Consiglio di Zugo, che hanno fatto del 2001 un anno terribile. Dopo un primo momento di disorientamento – ha scritto Pedrazzini rivolgendosi a tutte le persone impegnate nei soccorsi – avete agito con grandissima professionalità e con grande senso del dovere. Ancora oggi, a distanza di 20 anni, provo per tutti voi un grande senso di riconoscenza. Enorme fu il lavoro di assistenza alle famiglie delle vittime, e poi quello fondamentale della magistratura diretto dall’avvocato Perugini”. Perugini che era presente oggi alla commemorazione. Fu lui il titolare dell’inchiesta che portò al non luogo a procedere in quanto l’unica persona alla quale poteva essere attribuito un comportamento che aveva violato le norme – il 35enne autista turco – era deceduta all’interno della galleria.