Dopo la proposta della ‘Locarnese’, un gruppo di lavoro ha individuato i due laghi alpini leventinesi come potenziali luoghi ideali per la pesca sul ghiaccio
Nel 2019 le società di pesca regionali avevano accolto la proposta lanciata dalla ‘Locarnese’ riguardante l’ice fishing. Un’idea innovativa per quanto riguarda il Ticino, volta a permettere anche nel nostro cantone la pesca invernale su determinati laghetti alpini, come già avviene in altre località svizzere. A due anni di distanza il presidente della ‘Locarnese’ Claudio Jelmoni fa il punto della situazione. Alla ‘Regione’ spiega che uno specifico gruppo di lavoro – ne fanno parte anche la Federazione ticinese per l’acquicoltura e la pesca e l’Ufficio cantonale caccia e pesca – dopo un’analisi approfondita ha individuato due località che potrebbero prestarsi per l’ice fishing: sono entrambe leventinesi, il lago di Carì (2’250 metri) e il lago Tremorgio (1’850 metri).
A Carì, dove la società che gestisce gli impianti di risalita si è subito dimostrata interessata al progetto, si è svolta una prima prova nell’inverno 2019/2020 per testare la profondità del lago e lo spessore del ghiaccio. «Per quanto riguarda la sicurezza non dovrebbero esserci problemi, ma dalle successive due prove di pesca (effettuate durante lo scorso inverno) è però emerso che il lago non è ricco di pesci. Se l’idea dell’ice fishing decollerà – continua Claudio Jelmoni – bisognerà quindi chinarsi sulla necessità di cambiare la strategia di semine». Al Tremorgio, dopo i primi contatti con l’Azienda elettrica ticinese, non sono ancora state effettuate prove pratiche.
L’idea del gruppo di lavoro è quella di fornire in futuro due opzioni di ice fishing in Ticino: «Il Tremorgio per chi cerca il pesce grosso (come avviene da poco nei Grigioni in quel di Sils) e il lago di Carì maggiormente pensato per le famiglie, magari anche per un primo approccio. Si tratterebbe quindi – aggiunge Jelmoni – di una gestione e di un tipo di pesca differenti». L’auspicio del presidente della ‘Locarnese’ è quello di potersi trovare il prima possibile con il gruppo di lavoro per fare nuovamente il punto della situazione. «Bisogna dire che la pandemia ha rallentato un po’ il tutto e c’è quindi ancora tanto da approfondire. Ma noi ci teniamo e percepiamo interesse da parte degli appassionati. Sarebbe bello iniziare nell’inverno 2022/2023».
Se per la pesca sul ghiaccio bisognerà attendere, i tempi sono maturi per sottolineare una tendenza all’aumento degli appassionati. «Confermo che è il primo anno in controtendenza dopo un lungo periodo di costante calo. Abbiamo avuto diverse adesioni di pescatori neofiti, compresi alcuni giovani, ma pure di persone che hanno riscoperto questa passione». Jacques Bottani, presidente della Società bellinzonese per l’acquicoltura e la pesca (Sbap), riconduce alle restrizioni imposte dalle autorità per contrastare la diffusione del coronavirus il probabile motivo per il quale il numero dei soci della Sbap è aumentato del 14% (nel corso del 2020 gli associati sono passati da 231 a 263). «È sicuramente un dato positivo ma credo che sia giusto non montarsi la testa. Saranno i riscontri nei prossimi due o tre anni a farci capire se questo aumento è stato effettivamente l’inizio di una svolta». Altre società locali hanno registrato un aumento dei soci, invertendo un trend negativo che perdurava da un decennio. La ‘Biaschese’ ha per esempio attirato una ventina di soci in più, così come un aumento è stato registrato dalla ‘Leventinese’.
Restando nel Bellinzonese, nell’incubatoio di Gorduno gestito dalla Sbap prosegue con buoni risultati l’allevamento del temolo padano, detto anche ‘pinna blu’. L’obiettivo a lungo termine è quello di reintrodurre nei nostri fiumi una specie fortemente minacciata. «Stiamo creando le premesse per avviare una produzione», spiega Bottani, che rileva come nell’agosto 2020 circa 300 temoli sui 15 centimetri provenienti da Gorduno siano già stati immessi nelle nostre acque. «Bisognerà in futuro dare continuità all’operazione, tenendo qualche esemplare adulto e immettendo nei corsi d’acqua quelli giovani appena svezzati. Ci vorrà un po’ di tempo dal momento che attualmente la popolazione genetica è fortemente inquinata dall’immissione di temolo austriaco (specie non autoctona) avvenuta 20/25 anni fa. Bisognerà andare a riequilibrare la situazione».
A causa delle temperature molto elevate registrate in particolare nel corso delle ultime due estati, la Sbap ha dovuto adottare provvedimenti. «A Gorduno non eravamo mai arrivati a superare i 22 °C, che è il valore limite per la sopravvivenza di trote e temoli. Abbiamo dunque deciso di lanciare una campagna di raccolta fondi per coprire tutte le vasche esterne al fine di mantenere l’acqua a una temperatura adeguata. Un investimento – conclude Jacques Bottani – che sta in cima alle priorità della Sbap».