Bellinzonese

Raccolta plastica, Bellinzona ha un potenziale quadruplo

Obiettivo: portare le odierne 160 tonnellate/anno a 600. La fase test iniziata nel 2019 proseguirà nel 2021. Il Cantone valuta una centrale di raccolta

Un aiuto per l'ambiente che può ulteriormente migliorare
1 dicembre 2020
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Bellinzona nella raccolta separata della plastica è a metà del cammino e a un quarto dal suo potenziale. A metà perché il Municipio ha deciso di proseguire, estendendola a tutto il 2021, la fase test avviata nel marzo 2019 con una durata inizialmente ipotizzata di uno o due anni, che alla fine diventeranno quasi tre. A un quarto del suo potenziale perché i dati indicano un quantitativo annuo raccolto pari a 160 tonnellate, quando lo studio di fattibilità della società Eco Control indica per la Turrita aggregata un quantitativo ipotizzabile idealmente attorno alle 600 tonnellate annue.

Inizio col botto

L’estensione al 2021 – rileva il municipale Christian Paglia, capodicastero Ambiente – deriva principalmente da tre fattori. Primo, i dati sono un po’ falsati da un inizio col botto, quando cioè nella primavera 2019 la novità è stata recepita molto positivamente coinvolgendo una percentuale di bellinzonesi sensibilmente superiore rispetto a quanto avvenuto in talune località d’Oltralpe attivatesi in precedenza; un inizio materializzatosi con la vendita di 105mila sacchi soltanto da marzo a novembre 2019 (nove mesi), mentre la quantità annua poi registrata si è assestata sulle 55mila unità. Secondo fattore da considerare, la prima ondata pandemica quando l’utenza era stata invitata a gettare la plastica nel sacco ufficiale verde per i rifiuti solidi urbani, così da evitare il sovraccarico di presenze nei quattro centri di raccolta coinvolti. Terzo fattore, lo studio accompagnatorio avviato dal Dipartimento del territorio che oltre a sostenere la fase test di Bellinzona sta anche approfondendo l’ipotesi di realizzare in Ticino una centrale di raccolta e smistamento delle plastiche.

Ideale: più riciclaggio e meno imballaggi

Nel frattempo la Città proseguirà la raccolta dati utili a valutare l’evolvere del progetto mantenendo invariato il numero e la dislocazione delle piazze (ex Birreria di Carasso, Claro, Giubiasco e Sementina) poiché un loro potenziamento e/o spostamento rischierebbe di falsare le statistiche sui tre anni. Di sicuro – annota Paglia – emerge da una parte un’utenza sempre più sensibile sul tema della corretta separazione, considerando che a monte vi è il problema mondiale della microplastiche. Dall’altra, l’autorità cittadina confida che il progetto generi una sensibilizzazione ad ampio raggio coinvolgendo l’ambito degli acquisti, laddove produttori di alimenti, negozianti e consumatori possono giocare un ruolo nelle rispettive scelte. Lo scenario ideale sarebbe quindi una crescita del riciclaggio e una riduzione degli imballaggi plastici.

Venduti 55mila sacchi/anno

Dal profilo statistico, elenca Christian Paglia, risulta che a fronte del numero di sacchi venduto e della quantità di plastica raccolta, abbia aderito al progetto il 53% delle economie domestiche della nuova Bellinzona. Dopo il primo picco di vendite registrate a marzo-aprile, attualmente si assestano attorno ai 4-5mila sacchi mensili, pari a circa 55mila annui. Le attuali 160 tonnellate medie all’anno corrispondono a 3,65 kg/anno per abitante. «Si tratta di un buon punto di partenza – annota il municipale – che confidiamo possa migliorare col passare del tempo raggiungendo 10-14 kg a testa, pari a un potenziale realistico di 600 tonnellate annue. Restando con i piedi per terra, si può tuttavia ritenere che raddoppiare l’attuale quantitativo costituirebbe già un buon risultato».

Ma il santo vale la candela?

Guardando il proprio bel sacco pieno di plastiche pronte a subire il processo di trasformazione, si è tentati a credere che il contributo per l’ambiente sia elevato. Un dato rischia tuttavia di ridimensionare l’entusiasmo: «È stato calcolato – evidenzia Paglia – che il beneficio ecologico dato dal riciclare le plastiche rappresenti lo 0,01% dell’impatto totale generato da una persona sull’ambiente. Persona il cui carico ecologico annuo totale ammonta a 20,7 milioni di unità, mentre le 160 tonnellate di plastica raccolte a Bellinzona rappresentano 2’000 unità a testa». Ma allora il santo vale la candela? «Sapevamo sin dall’inizio – risponde Paglia – che separare la plastica non comporta un beneficio ecologico stratosferico, ma comunque c’è e, ribadisco, va a rafforzare anche la consapevolezza verso un problema mondiale». E se lo 0,01% è una cifra ridicola, lo è meno il calcolo riferito all’equivalente quantitativo di CO2 non immesso nell’aria indirizzando le plastiche verso una seconda vita senza così finire bruciate nei cementifici e nei termovalorizzatori: un quantitativo di anidride carbonica che per le 160 tonnellate corrisponde a 64’500 litri d’olio combustibile non bruciato, pari al consumo annuo di 15 abitazioni. Trasferire il trasporto dalla gomma (camion) alla rotaia (treno) permetterebbe un’ulteriore riduzione di CO2 pari al 2%. 

Il viaggio Oltralpe e in Austria

Lo studio in corso indica che il tasso di riciclaggio si assesta attorno al 60%. Il 40% non riciclabile viene bruciato per il 98% nei cementifici affamati di combustibile ad alto potenziale calorico e per il 2% in termovalorizzatori per rifiuti solidi urbani. Il tragitto compiuto dai container gestiti dalla Recupero Materiali Sa di Bironico prevede una prima tappa nel canton Turgovia, alla Inno Recycling di Aeschlikon che effettua una prima grossolana scernita del contenuto di sacchi. La fase successiva, a un’ora di strada, è affidata all’austriaca Loaker di Lustenau che separa quanto riciclabile da quanto non lo è, inviando così le varie tipologie alle rispettive destinazioni. Il 60% riciclabile torna ad Aeschlikon – un viaggio di andata e ritorno necessario mancando un analogo impianto su suolo elvetico – dove la ditta Innoplastick, del gruppo Inno Recycling, pulisce e trasforma la plastica in rigranulati di polietilene e polipropilene. Rigranulati poi rivenduti come materia prima in Svizzera, Italia, Francia, Germania e Austria per la produzione soprattutto di tubazioni per l’edilizia, nonché una parte esportata in altri paesi Ue e asiatici con destinazione al momento sconosciuta.

La Germania peggio della Turrita

Anche la Germania indirizza a Lustenau i propri sacchi colmi di plastiche d’uso domestico: ma rispetto a Bellinzona, essi contengono più rifiuti non riciclabili. Motivo: al consumatore tedesco il sacco per la plastica costa meno di quello per i rifiuti solidi urbani, i quali spesso e volentieri finiscono per prendere la via finanziariamente meno dispendiosa. Per contro a Bellinzona il sacco per la plastica di 60 litri ha lo stesso prezzo d’acquisto (2 franchi e 15 centesimi) di quello per gli Rsu con analoga capienza. Il sacco per la plastica fornito dalla Recupero Materiali ha in realtà un costo di 2 franchi e 50: la differenza di 35 centesimi viene coperta dalla Città. I rivenditori (edicole, farmacia, negozi, ecc.) versano dal canto loro alla Città 2.40 tenendo per loro 10 centesimi a sacco. Considerando i 55mila sacchi annui venduti, ne risulta una spesa a carico della Città pari a circa 20’000 franchi annui. Causando la ridotta vendita di sacchi verdi per Rsu una minor entrata di 70’000 franchi/anno nelle casse cittadine, l’onere annuo ammonta infine a 90’000 franchi.

Punti positivi e negativi

Fra i punti positivi, conclude Christian Paglia, vi è che la soluzione testata «accresce la consapevolezza dell’utenza e inizia a sensibilizzare anche i produttori degli imballaggi e i commerci, che in taluni casi stanno rivedendo le loro politiche in materia». Fra i punti migliorabili vengono indicati il non ancora ottimale sistema di cernita e riciclaggio, il costo a carico della città, la variabilità dei prezzi sul mercato delle plastiche che in taluni casi sfavorisce i prodotti riciclati, l’incertezza sulla destinazione Ue e Asia del rigranulato. Fra le opportunità vi sono il potenziale di raccolta non ancora raggiunto, l’ottimizzazione del sistema di trasporto e l’ipotesi, come detto al vaglio del Cantone, di realizzare un impianto ticinese di prima separazione.