Il giudice Quadri ha ritenuto il loro intervento (spinta e manette) proporzionato alla situazione di pericolo con cui erano confrontati
Assoluzione piena perché, considerata la situazione sin dal suo origine, hanno fatto un uso proporzionato dell’uso della forza nel pieno rispetto delle disposizioni di polizia e in linea con i principi deontologici della professione. Il giudice della Pretura penale Siro Quadri ha prosciolto questa mattina due agenti della Polizia comunale di Bellinzona oppostisi ai decreti d'accusa firmati dal procuratore generale Andrea Pagani per i reati di abuso d’autorità e vie di fatto a suo dire commessi in occasione del fermo di un avventore di un bar del centro storico che la sera del 5 aprile 2018 aveva mostrato chiari segni di agitazione insultando e minacciando un altro cliente.
Prelevatolo dal bar (dopo un primo controllo) e accompagnatolo a piedi senza costrizione alcuna davanti alla centrale, questi non aveva rispettato due volte l’ordine di entrare negli uffici per sottoporsi a una verifica delle generalità e dell’alcolemia. E quando, dopo aver tentato due volte di andarsene, ha repentinamente e apertamente sfidato uno degli agenti avvicinandosi al suo volto con fare minaccioso, il poliziotto – secondo il giudice – dopo averlo invano invitato a tenere la distanza lo ha correttamente spinto all’indietro per allontanarlo e ristabilire così una situazione di sicurezza per tutti. Una misura necessaria (termine tecnico ‘parata media’) dato che ogni agente in servizio è in possesso di armi che possono essere sottratte da chi si avvicina troppo. Una spunta prevista dai protocolli qualora la distanza sia inferiore ai 60 centimetri, come successo in quella occasione. Il denunciante – ha rimarcato il giudice – ha esercitato una resistenza attiva e un atteggiamento di sfida e non collaborativo che hanno giustamente richiesto da parte degli agenti una gestione caratterizzata da una maggiore energia rispetto alla fase iniziale.
Il denunciate, caduto a terra perché malfermo sulle gambe dopo una serata alcolica, oppure per aver simulato la caduta stessa, è stato quindi immediatamente ammanettato dai due agenti. Neppure questa fase – ha rimarcato Quadri – rappresenta un agire sproporzionato né un abuso di potere, dato che in base alle disposizioni federali valide per tutti i corpi di polizia elvetici l’uso delle manette rappresenta il secondo scalino nella graduatoria dei metodi di gestione di persone problematiche qualora l'iniziale dialogo non porti al risultato sperato. L'ammanettamento si rende dunque necessario per garantire la sicurezza anche della stessa persona fermata e non solo di terzi.
Il giudice ha formato la propria opinione non solo considerando la giurisprudenza, ma anche dopo aver visionato più volte il filmato della videosorveglianza che ha ripreso la scena davanti alla centrale della Polcom. Un convincimento rafforzato infine, oltre che dalle opinioni dei diretti superiori dei due agenti, anche dall’ufficiale della Polizia cantonale responsabile della formazione sul terreno degli agenti, secondo il quale i due giovani colleghi hanno adottato la corretta strategia nella gestione di una persona aggressiva e affatto propensa a rispettare gli ordini impartiti. Il procuratore generale Pagani e il patrocinatore dell’accusatore (studio legale Tuto Rossi) valuteranno nei prossimi giorni se vi siano gli estremi per impugnare la sentenza con un ricorso in appello. I difensori dei poliziotti (avvocati Patrick Gianola e Luigi Mattei) ne avevano chiesto martedì il pieno proscioglimento, ottenendo ragione.