'Atlas' del regista ticinese Niccolò Castelli prende spunto dalla bomba che uccise tre bellinzonesi e dal percorso affrontato dalla superstite leventinese
La pandemia da Covid-19 ha inciso anche sul mondo del cinema, incluso quello ticinese confrontato con rallentamenti e sospensioni delle produzioni in corso, specie quelle che beneficiano di collaborazioni all’estero. Ne sa qualcosa il regista luganese Niccolò Castelli, autore di cortometraggi, reportage, spot televisivi e video-clip musicali, non da ultimo il film del 2012 'Tutti giù' con Lara Gut fra gli interpreti e il documentario del 2018 ‘Looking for Sunshine’ dedicato alla campionessa di sci ticinese. La nuova ‘fatica’ in fase di ultimazione, che sarebbe dovuta uscire nelle sale cinematografiche la scorsa primavera, è la pellicola ‘Atlas’. Prende spunto da uno dei fatti più drammatici che ha scosso e commosso il nostro cantone. L’anno prossimo ricorrerà il decimo triste anniversario dell’attentato dinamitardo all’Argana Café di Marrakesh che ha ucciso 17 clienti ferendone altri 25. Fra le vittime dilaniate dall'esplosione c’erano anche tre giovani del Bellinzonese recatisi in Marocco per una breve vacanza; salva, ma gravemente ferita, la quarta componente del gruppo. Una volta tornata a casa in Leventina ha affrontato un lungo e difficile ritorno fisico e psicologico a qualcosa che possa somigliare alla normalità.
Da questo suo percorso, affrontato lontano dai riflettori, trae ispirazione il film. «Mancano all’appello pochi minuti che avremmo dovuto girare in primavera fuori dai confini svizzeri», ricostruisce Niccolò Castelli in una chiacchierata telefonica con la ‘Regione’. Ora «siamo in attesa di poterci recare nei luoghi previsti, ma taluni sono considerati zona rossa, altri richiedono comunque periodi di quarantena al rientro in Svizzera. E tutto questo ci sta ancora rallentando». Una tempistica ragionevole indica che il film potrà essere presentato al pubblico nella prima parte del 2021, esattamente dieci anni dopo l’attentato per il quale sono stati condannati alcuni simpatizzanti della rete terroristica al-Queda. Valutazioni sono in corso col distributore internazionale, considerando peraltro il fatto che sono molte le pellicole ‘incolonnate’ nel post lockdown in attesa di un ritorno alla normalità nei festival (che registrano un certo ingolfamento) e nelle sale di proiezione.
Il regista conosceva una delle tre vittime bellinzonesi e in seguito ha potuto incontrare e confrontarsi con la ragazza sopravvissuta. «Non è un film dedicato a lei o alla strage dell’Argana Café – specifica il regista – ma al cammino di guarigione intrapreso verso la ricerca di una nuova esistenza dopo un episodio traumatico. Al primo incontro di otto anni fa ne sono seguiti altri, ho ascoltato le sue speranze e i suoi timori». Ne è nata una bozza che il regista ha affinato in collaborazione con uno sceneggiatore belga. «Poi è venuta a trovarci sul set, l’abbiamo coinvolta in alcune fasi, con molta discrezione ha seguito la maturazione del nostro lavoro. Quanto a me, ho poi voluto ascoltare altre testimonianze di chi ha vissuto eventi analoghi».
Con riprese effettuate anche lungo le pareti naturali di Chironico e del Sottoceneri, la storia racconta la lunga e dolorosa lotta di Allegra, questo il nome del personaggio principale interpretato dalla giovane attrice bolognese Matilda De Angelis. Appassionata di arrampicata e annientata dal senso di colpa e dal desiderio di vendetta, si ritira nella propria solitudine; i suoi cari sono impotenti e così, per tornare a godere della vita, deve intraprendere una lunga lotta contro se stessa. In questo contesto incontra Arad (interpretato dall’attore tunisino Helmi Dridi), giovane rifugiato mediorientale: la fiducia nel diverso rimane per Allegra un difficile ostacolo. Nel cast figura anche l’italiano Neri Marcorè. La casa di produzione cinematografica Imagofilm di Lugano è coadiuvata dalla ‘Rsi’ e dalla belga Climax Films; tra i finanziatori vi sono l’Ufficio federale della cultura (Bak) e il Dipartimento educazione, cultura e sport (Decs). In Belgio si svolgono alcune fasi post-produzione; ora che, da alcuni giorni, quel Paese non figura più nella lista rossa, si potrà ultimare quanto manca, in attesa di poter girare gli ultimi tre minuti mancanti. «Fare questo film è stato abbastanza complicato, richiedendo ad esempio riprese sia in estate che in inverno. Il lavoro d’équipe – conclude il regista 38enne – è stato a mio avviso molto soddisfacente. Vedremo quale giudizio arriverà dal pubblico e dalla critica».