Bellinzonese

Casa Salvioni come un secolo fa

Si è concluso in questi giorni l’intervento conservativo delle due facciate dell'antico edificio del centro storico della Turrita

Veduta di Palazzo Salvioni a restauri ultimati (Ti-Press/Crinari)
23 luglio 2020
|

Si è concluso in questi giorni l’intervento conservativo delle due facciate di casa Salvioni che nel centro storico cittadino guardano su via Teatro e sul Teatro Sociale. Smontata la copertura di protezione e tolti i ponteggi posati lo scorso mese di ottobre all’avvio del cantiere, l’edificio riappare agli occhi dei bellinzonesi nelle tonalità originali utilizzate esattamente un secolo fa (correva l’anno 1919) dal pittore luganese Domingo Saporiti cui l’allora proprietario Arturo Salvioni aveva affidato l’incarico di decorare le pareti fino ad allora spoglie. Gian Maria Manvati, restauratore che ha coordinato i lavori, direttore de La Maddalena Sa di Chiasso specializzata in valorizzazioni di beni architettonici e artistici, a sua volta affiancata dall’Ufficio cantonale dei beni culturali che ha seguito passo passo l’intero intervento, rimarca come l’operazione sia stata impostata verso «un obiettivo conservativo che contribuisce a raccontare la parte più recente della storia dell’edificio». Le cui tracce iniziali si perdono nell’immediato post Medioevo. Di particolare pregio i graffiti dipinti già ben visibili e conservati nella fascia sottogronda. Oltre a questi si leggono ora ben visibili – grazie a un lavoro certosino di preconsolidamento, recupero e restauro durato oltre sei mesi – i fregi riemersi in altri punti delle facciate. In particolare citiamo la zoccolatura bugnata al pianterreno, che appare oggi nella tonalità originale scura e puntinata, nonché la sovrastante fascia marcapiano molto simile ai contorni delle finestre e ai marcapiani superiori.

Seguendo lo stile di Saporiti 

«Una delle particolarità di Domingo Saporiti – sottolinea Gian Maria Manvati – era l’utilizzo di ombreggiature e velature volute per accentuare l’aspetto prospettico e plastico dell’architettura. Abbiamo rispettato e integrato delicatamente queste sue intenzioni cromatiche e geometriche, rievocando l’effetto da lui voluto in quel tempo utilizzando intonaco in parte decorato e in parte affrescato». Sorprende il profano l’indefinibilità del colore usato un secolo fa: «Possiamo parlare di una serie di tonalità diverse che ruotano attorno al rosa», risponde Manvati rimarcando anche l’ottima collaborazione avuta con i servizi cittadini per quanto riguarda gli aspetti pratici di gestione del cantiere. Oltre alle due facciate l’intervento ha riguardato altre parti quali i balconcini, le persiane (eliminati vari strati di vernice, si è ritrovato e riproposto il colore originale), le grondaie e i travetti metallici di consolidamento strutturale delle finestre.

Nato nel 1893 a Vezia e deceduto nel 1966, Saporiti è stato un pittore e decoratore figlio d’arte, avendo trascorso i primi anni di vita in Uruguay dove il padre lavorava come pittore decoratore. Appena quattordicenne si recò a Milano dove seguì la scuola serale dell’accademia di Belle Arti di Brera, lavorando a bottega come imbianchino, decoratore e affreschista. Tre anni più tardi era a Genova dove approfondì le proprie conoscenze sulla tecnica dell’affresco. Rientrato a Vezia nel 1918, iniziò ben presto una feconda attività il cui risultato è tutt’oggi visibile in varie località: le sue capacità sono attestate da numerosi edifici nel Luganese e Bellinzonese impreziositi, sulle facciate e negli interni, dalle equilibrate decorazioni di gusto neorinascimentale e barocco.