Bellinzonese

Permessi: condannati ex funzionario e fratello dell'impresario

Pene pecuniarie sospese per i due imputati reoconfessi nella vicenda dei certificati falsi, destinati a operai kosovari, tra il 2014 e il 2016

All'appello manca ora il processo a carico del titolare dell'azienda (foto Ti-Press)
7 luglio 2020
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Si sono conclusi con delle condanne i due procedimenti penali archiviati questa mattina al Tribunale cantonale di Lugano. Entrambi gli imputati - comparsi di fronte alla Corte delle Assise correzionali di Bellinzona presieduta dal giudice Mauro Ermani - hanno avuto un ruolo attivo nel noto caso dei permessi falsi che il titolare di una ditta di ponteggi della Turrita (la Aliu Big Team) acquistava da un funzionario dell'Ufficio cantonale della migrazione per poi rivenderli a operai stranieri - prevalentemente kosovari - intenzionati a lavorare in Svizzera. La vicenda risale al periodo tra il 2014 e il 2016. Proprio l'ex impiegato del Dipartimento delle istituzioni è stato il primo a comparire in aula questa mattina. Sul suo conto, come riportato nell'atto d'accusa stilato dalla procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis, pendeva l'accusa di aver allestito e fornito all'impresario una ventina di permessi di soggiorno di tipo B. Il tutto per un compenso di 800 franchi per ogni documento contraffatto. Accuse che il 32enne ha riconosciuto durante l'udienza odierna, avvenuta nella formula del rito abbreviato a seguito dell'accordo trovato dalle parti sulla proposta di pena, oggi accolta dalla Corte. L'uomo è stato pertanto condannato a una pena pecuniaria (sospesa con la condizionale per due anni) di 270 aliquote giornaliere da 30 franchi, per complessivi 8'100 franchi, più una multa effettiva di 500 franchi. Nello specifico, l'ex funzionario è stato condannato per i reati di ripetuta corruzione passiva di pubblici funzionari, ripetuta falsità in certificati e ripetuta incitazione aggravata all'entrata, alla partenza o al soggiorno illegale. 

'Un funzionario corrotto è una brutta cosa'

Il modus operandi messo in atto era il seguente: ricevuti dal titolare dati anagrafici e fotografia, il 32enne li utilizzava per allestire i permessi falsi utilizzando il modello di un certificato rilasciato precedentemente in maniera legittima. Per non essere scoperto a causa della traccia informatica, sempre sulla base del materiale ricevuto cercava dei profili compatibili sostituendo la fotografia del vero titolare del permesso con quella ricevuto dall'impresario. Il tutto contando sui ritardi a lui noti nell'evasione delle pratiche di aggiornamento degli stessi. «Mi dispiace: è stato il più grande sbaglio della mia vita, ma allora non mi rendevo conto della gravità delle mie azioni», ha detto in aula l'imputato. «Credo che per lei sia stata una lezione importante - ha dal canto suo affermato Ermani prima di pronunciare la sentenza -. Mi chiedo davvero se ne valesse la pena per un importo tutto sommato modesto. Peccato, perché era giovane e aveva una buona aspettativa di carriera, ma quando si commettono questi errori la fattura rischia di essere salata. Un funzionario corrotto è una brutta cosa, e a livello amministrativo rischia di essersi bruciato», ha concluso il giudice vedendo di buon occhio l'intenzione del 32enne - patrocinato dall'avvocato Yasar Ravi - di cambiare settore e intraprendere una formazione nel settore sanitario. 

Un affare di famiglia  

Anche per il 31enne fratello dell'imprenditore - comparso in aula un paio d'ore dopo l'ex funzionario - la Corte ha accolto la richiesta di pena proposta dalle parti, accordatesi per 150 aliquote giornaliere da 40 franchi (pure sospesa per un periodo di due anni), corrispondenti a un complessivo di 6'000 franchi, più una multa di 500 franchi. Il 31enne è stato giudicato colpevole per aver agito in correità col fratello, in particolare per aver fatto sottoscrivere ad alcuni suoi conoscenti una decina di false dichiarazioni di residenza al fine di consentire ad alcuni cittadini kosovari di ottenere un permesso B, ricevendo un compenso di 200 franchi da ogni beneficiario. In quanto complice del fratello, i reati di cui l'uomo è stato riconosciuto colpevole sono quelli di falsità di certificati, ripetuto inganno aggravato nei confronti delle autorità e ripetuta incitazione aggravata all'entrata, alla partenza o al soggiorno illegale. L'imputato - difeso dall'avvocato Massimo De Sena - è stato pure giudicato colpevole di ripetuto riciclaggio di denaro per aver inviato in Kosovo i soldi racimolati dalla vendita dei permessi falsi (diverse migliaia di franchi). 

In attesa del processo a carico del titolare 

Con le sentenze pronunciate oggi, salgono a tre le persone processate per la vicenda dei permessi falsi. Negli scorsi mesi, tramite decreto d'accusa, era infatti stata condannata la compagna del 32enne ex funzionario. Impiegata prima dei fatti all'Ufficio della migrazione, vine considerata complice del fidanzato, seppur in maniera superficiale. All'appello manca ora solo il titolare della ditta di ponteggi sul quale pendono i reati più gravi, tra cui quello di tratta di essere umani. Un'accusa dalla quale sono invece stati prosciolti gli altri tre attori della vicenda dopo che l'imprenditore era stato arrestato nell'agosto del 2019 poiché sospettato di aver procurato un alloggio agli autori materiali dei furti commessi nel giugno dello stesso anno al bancomat del centro commerciale di Sant'Antonino. L'episodio aveva fatto slittare la data già fissata del processo che prevedeva per i quattro imputati un'udienza davanti alla Corte delle Assise criminali, con richieste di pena prospettate tra i due e cinque anni di carcere. Di fronte all'arresto dell'impresario, la Procura si era però nuovamente chinata sull'intero incarto rivedendo le proprie conclusioni, in particolare prosciogliendo dal capo d'accusa di tratta di essere umani il fratello, l'ex funzionario e la sua compagna. Per il titolare della ditta si prospetta un processo alle Criminali, verosimilmente entro fine anno. 

Un secondo funzionario era stato assolto

Ricordiamo che il filone dell'inchiesta relativo ai permessi falsi era già approdato in Pretura penale a settembre 2017 con la condanna di un funzionario del Dipartimento finanze ed economia (Dfe) per inganno nei confronti dell’autorità e incitazione all’entrata, alla partenza e al soggiorno illegale. Tale sentenza era però stata impugnata in Appello dall'uomo difeso dall'avvocato Mario Branda e poi ribaltata con il suo proscioglimento.