Duplice omicidio e suicidio per motivi passionali: il ricordo di un famigliare e l'atmosfera di paura che si respirava in piazza
«La loro relazione durava da un anno e mio fratello era felicissimo di stare con lei. Siamo una famiglia unita, ci riuniamo spesso per le festività, ed ora cosa ci resta?». Il ricordo del 60enne direttore della Cantina Sociale di Giubiasco ucciso ieri arriva dalle parole del fratello, che raggiungiamo al telefono poche ore dopo la tragedia: «Sappiamo solo com'è morto, non conosciamo i dettagli. Lui ed io andavamo molto d'accordo, ci siamo visti in cantina ancora pochi giorni fa - prosegue il fratello della vittima - e nulla indicava l'esistenza di un problema tanto grave da indurre l'ex marito a risolverlo così. Inoltre mio fratello era una persona tranquilla, un non violento per natura. Ed è morto ucciso da un colpo di pistola».
Quando arriviamo sul posto poco dopo l'arrivo delle prime pattuglie di polizia, l'atmosfera in Piazza Grande è molto tesa. Gli agenti corrono per delimitare gli esterni dell’osteria e urlano con una tale foga per far allontanare la gente che si trova nei dintorni della scena del crimine che inizia a insinuarsi il timore che ci possa essere pericolo per i presenti. A quell’ora la piazza è animata da molte famiglie a piedi o in bici, con diverse persone presenti ai tavolini degli altri bar e fuori dalla gelateria; ci sono anche parecchi bambini al parco giochi situato a poche decine di metri dal fatto di sangue, che subito viene fatto sgomberare. “Quattro spari”. Chi abita in zona dice di averli sentiti in modo netto. “Prima due, poi una pausa e altri due”, ci raccontano. Da un balcone situato dall’altra parte della piazza ci spiegano di aver sentito i colpi, “ma non avevamo capito che si trattasse di spari. Nessuno ha urlato né chiesto aiuto”. La proprietaria del locale in cui è avvenuto il duplice omicidio è seduta poco lontano e parla con gli agenti. Le informazioni sono frammentarie, ma è subito chiaro che si tratta di un fatto molto grave. Alle 14.40 i paramedici portano fuori dal bar su una barella un uomo, presumibilmente l’assalitore, in condizioni disperate. Le ambulanze ancora presenti sono due e una sarebbe già partita un attimo prima. In una tranquilla domenica soleggiata di ritrovata libertà dopo le restrizioni per la pandemia, nessuno sembra più pensare al coronavirus. Di mascherine se ne vedono praticamente solo sul volto degli agenti di polizia, mentre ai margini della piazza è un via vai di persone che hanno sentito la notizia e accorrono per capire qualche dettaglio in più, mentre le forze dell’ordine per ore continuano a entrare e ad uscire nello stabile dell’osteria. La gente è incredula: tra i nostri interlocutori c’è anche chi è stato nel bar proprio al mattino a bere il caffè e nulla lasciava presagire all’accaduto. Come gli altri esercizi pubblici collocati nella bella cornice di piazza Grande, anche l’Osteria degli Amici rappresenta un apprezzato luogo di ritrovo. “È il posto più tranquillo dove abbia lavorato, perlopiù frequentato da persone sulla sessantina, e mai avrei pensato che qualcosa di così brutto potesse accadere proprio lì”, afferma una persona che in passato ha lavorato presso il ristorante teatro dal fatto di sangue. A scuotere ulteriormente i giubiaschesi l’identità delle due vittime prese di mira dal poliziotto in pensione: la cameriera e il direttore della Cagi. “Un uomo davvero buono. Nessuno poteva volergli male”. Tra le ipotesi che si fanno strada quella della premeditazione, essendo il duplice omicidio successo proprio poco prima della chiusura pomeridiana del bar.
Sono tre gli episodi di donne uccise dai compagni in Ticino negli ultimi anni. Era il 23 giugno 2017 quando un 54enne macedone uccise a colpi di pistola la moglie 38enne sulla rampa di accesso all’autosilo della Migros ad Ascona. Dopo aver freddato la donna, il marito tentò di suicidarsi senza riuscirci. È stato condannato a 18 anni di carcere per il reato di assassinio. Inizierà invece l’8 giugno il processo a carico dell’eritreo 38enne accusato di aver gettato dal terrazzo di casa, uccidendola, la giovane moglie connazionale la sera del 3 luglio 2017 in via San Gottardo a Bellinzona. L’imputato, da allora in stato di detenzione, si professa innocente, sostenendo la tesi secondo cui la moglie si sarebbe suicidata. Tanti risvolti rimangono da chiarire su quanto avvenuto il 9 aprile 2019 all’Hotel ‘Au Lac’ di Muralto, quando una 22enne inglese era stata trovata morta in una stanza. In manette il compagno germanico 29enne, accusato di assassinio e tuttora in stato di carcerazione preventiva.