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Omicidio alla pensione di Viganello, interrogati gli amici

Resta in carcere intanto l'unico indiziato del delitto, parzialmente reo confesso, dopo la morte del correo

Ti-Press
(Il luogo del delitto)
12 maggio 2020
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Il Covid-19 non ferma l'inchiesta penale sull'omicidio avvenuto la sera dello scorso 17 dicembre in una delle stanze della pensione La Santa di Viganello, dove è stato ucciso un 35enne di Bellinzona, colpito ripetutamente con pugni al volto. Dopo la morte di uno dei due indiziati - il 43enne del Mendrisiotto, il quale sarebbe stato stroncato da un'overdose dopo aver ottenuto un congedo dal carcere - l'unico indiziato del delitto rimane il 35enne austriaco, il quale ha parzialmente ammesso di aver picchiato la vittima. L'uomo rimane in stato di detenzione. L'accusa principale nei suoi confronti è quella di assassinio.

Ora l'inchiesta, condotta dalla procuratrice pubblica Valentina Tuoni, sta facendo luce sulla cerchia di amici che conoscevano i protagonisti del grave fatto di sangue, per raccogliere il maggior numero di informazioni e confutare, possibilmente, le dichiarazioni rese a verbale dal cittadino austriaco. Nei giorni scorsi, il magistrato, presenti gli avvocati difensori e il legale rappresentante della vittima, Stefano Pizzola, ha interrogato in qualità di testimoni, due amici dell'entourage al centro la fatidica e gelida sera del 17 dicembre di un pestaggio finito nel peggiore dei modi. Invero di scarsa rilevanza ai fini dell'inchiesta le dichiarazioni rilasciate dai testi alla titolare delle indagini che si devono confrontare con un ambiente sociale problematico e pertanto non privo di difficoltà. 

La vittima soffocata dal sangue entrato nei polmoni 

L'autopsia esperita sul corpo della vittima ha confermato che il 35enne di Bellinzona è deceduto per soffocamento, segnatamente il sangue fuoriuscito dalle ferite per i colpi al volto subìti dall'austriaco è entrato nei polmoni e ha privato l'uomo dell'ossigeno, ciò che ha causato la morte. Una morte che tuttavia non sarebbe sopraggiunta immediatamente e che, se i presunti autori del delitto avessero allertato per tempo l'ambulanza, probabilmente la tragica fine sarebbe stata scongiurata. Per questo motivo, la procuratrice pubblica Valentina Tuoni, ha esteso le imputazioni al reato di omissione di soccorso. Il 43enne del Mendrisiotto, nel frattempo deceduto, aveva sempre sostenuto di non aver ricoperto nessun ruolo nel fatto di sangue, se non quello di testimone passivo. Tuttavia, unitamente all'austriaco, come hanno potuto documentare le immagini della videosorveglianza della pensione visionate dagli inquirenti, il 43enne si è prodigato nel ripulire dal sangue la stanza in cui si è consumato il presunto assassinio. Un comportamento altamente indiziante.

La situazione ambientale nella quale è avvenuto l'omicidio è decisamente precaria. Il 43enne del Mendrisiotto era confrontato con problemi legati alla tossicodipendenza. Anche il cittadino austriaco consumava droga, un aspetto, questo, che l'inchiesta dovrà indagare approfonditamente, per sapere se al momento della violenta lite il 35enne abbia agito sotto l'influsso di sostanze stupefacenti. Inoltre, la stessa vittima era confrontata con una forte dipendenza dall'alcol.

Rimangono futili motivi all'origine del delitto 

Il movente del grave fatto di sangue rimane quello dei futili motivi. Frasi insignificanti, leggere provocazioni, nulla che avrebbe dovuto giustificare una reazione a colpi di violenti pugni, rivelatisi fatali. L'unico indiziato del delitto si è finora limitato a confermare di aver colpito la vittima, ma non ha ammesso di volerlo uccidere. E proprio sull'intenzionalità dell'aggressore dovrà far luce l'inchiesta. Dal reato più grave, assassinio, a omicidio intenzionale, si muove il ventaglio delle imputazioni a carico dell'indagato, da quasi cinque mesi dietro le sbarre. La vicenda approderà davanti a una corte delle assise criminali e dovrà essere ricostruita minuziosamente dai giudici.

Intanto un altro magistrato, il procuratore pubblico Pablo Fäh, sta indagando su quanto accaduto dieci giorni dopo il delitto del 35enne di Bellinzona, la mattina del 28 dicembre: parliamo dell'incendio appiccato alla pensione La Santa di Viganello da una 28enne luganese arrestata nella stessa giornata e posta in stato di detenzione alla clinica psichiatrica di Mendrisio a causa dei gravi disturbi. La donna, che conosceva la vittima, durante l'inchiesta ha spiegato di non aver voluto vendicare con il suo gesto l'uccisione del 35enne, ma quale reazione per la brutalità della sua morte e per l'eco mediatica sull'accaduto. La donna è entrata in azione attorno alle 6.30 del mattino alla pensione della periferia cittadina e per raggiungere il suo fine criminoso avrebbe dato fuoco agli asciugamani di uno dei bagni. Fortunatamente il rogo non ha provocato feriti, ma le fiamme hanno prodotto danni ingenti alla struttura, costringendo i soccorritori a predisporre l'evacuazione di sette persone presenti all'interno dello stabile in fiamme. La pensione La Santa di Viganello non riaprirà più. E per i danni subìti e per la paura accumulata, la struttura, che per diversi anni ha offerto ospitalità e sostegno a numerose persone con difficoltà sociali agganciate ai servizi cittadini e statali, rivelandosi un significativo punto di appoggio, non potrà più proseguire nel suo importante ruolo sociale.