Anche l'ospedale bellinzonese fa la sua parte nella cura dei pazienti Covid-19: qui vengono accolti bambini e donne gravide infetti. Separato in due il Ps
Se gli ospedali dedicati alla cura dei pazienti positivi al Covid-19 riescono a funzionare è, oltre alla buona collaborazione tra pubblico e privato, anche grazie all’impegno messo in campo dalle altre strutture dell’Ente ospedaliero cantonale (Eoc). Tra queste spicca nel Sopraceneri l’ospedale San Giovanni di Bellinzona, diventato in periodo di emergenza per la pandemia da coronavirus il luogo di riferimento per le cure non Covid-19 delle Tre Valli e del Locarnese oltre che del Bellinzonese. Chiusi i pronto soccorso dapprima di Faido e Acquarossa, tutte le emergenze “di routine” non Covid-19 vengono infatti accolte nella capitale. Ma il ruolo assunto da questo nosocomio per far fronte al periodo di pandemia non si limita a questo, come spiega intervistato dalla Regione Alessandro Bressan, direttore dell’Ospedale regionale di Bellinzona e valli (Orbv), dell’Istituto oncologico della Svizzera italiana (Iosi) e dell’Istituto pediatrico della Svizzera italiana (Ipsi). “L’Eoc ha riorganizzato quasi tutti i compiti delle sue diverse sedi per permettere alla Carità di Locarno di essere centro di riferimento per pazienti Covid-19 e ci siamo dunque suddivisi gli incarichi. Assieme al Civico e all’ospedale Beata Vergine di Mendrisio siamo stati designati ospedale acuto per adulti che non sono contagiati dal virus. Nell’ambito di questa riorganizzazione abbiamo mandato un centinaio di unità tra medici e infermieri specializzati a sostegno dei colleghi alla Carità”. Al San Giovanni si concentra inoltre tutta la degenza pediatrica proveniente da Locarno e da Mendrisio, il pronto soccorso pediatrico di Locarno, lo IOSI di Locarno, i pazienti del Locarnese sottoposti a dialisi (ma non affetti da coronavirus), il reparto di ostetricia di Locarno e la radioterapia di Lugano. Sarebbe però sbagliato dire che l’ospedale bellinzonese non si occupa di casi Covid-19. “Abbiamo trattato alcuni pazienti pediatrici molto giovani affetti dal virus. Sono stati ricoverati in osservazione per alcuni giorni e nel frattempo sono stati dimessi e stanno bene”, spiega il direttore Bressan. “Essendo il centro di riferimento per l’ostetricia multidisciplinare e complessa, seguiamo anche le donne gravide positive al Covid-19. Al momento se ne segnalano un paio e si trovano al loro domicilio in quarantena”, aggiunge.
Come in tutti gli ospedali in Ticino, anche al San Giovanni tutti gli interventi rimandabili sono stati posticipati e al momento l’occupazione dei letti si aggira attorno al 50-60%, spiega il nostro interlocutore. Per quanto riguarda il personale non sanitario, i collaboratori che ne hanno la possibilità sono passati al telelavoro, mentre come detto infermieri e medici sono diminuiti essendo stati trasferiti in parte a Locarno. Per quanto riguarda gli altri due nosocomi dell’Orbv, ad Acquarossa Bressan definisce stabile la situazione, con la metà dei posti letto occupati nel reparto di medicina e l’80% nel reparto acuto di minore intensità (i cosiddetti letti Rami). Un discorso a parte lo merita invece l’ospedale di Faido, da pochi giorni trasformato per i pazienti Covid-19 di livello 3 e 4. Abbiamo chiesto cosa significhi al Prof. Dr. Med. Andreas Perren, direttore sanitario, capo Dipartimento area critica e primario di Medicina intensiva Orbv. “I pazienti di tipo 1 sono ricoverati in cure intense e quelli di tipo 2 coloro che si trovano ricoverati in ospedale con sintomi respiratori. Il tipo 3 definisce chi non rischia di dover andare in cure intense o non sarebbe in ogni caso un candidato per quel tipo di cure. L’ultima tipologia sono i pazienti che si sono ripresi dalla malattia ma che ancora non se la sentono di andare a casa”. Per il momento, spiega il medico, sono stati creati 55 posti letto di medicina post e sub acuti Covid-19 in Leventina, di cui la metà circa già occupati. La capacità, aggiunge, potrebbe prossimamente essere aumentata fino a 70 letti.
L’andamento del pronto soccorso al San Giovanni di Bellinzona viene descritto positivamente dai nostri interlocutori. In pratica, tutti coloro che dal Sopraceneri devono essere ricoverati passano da qui. Ma poiché tra questi vi sono anche persone che presentano sintomi respiratori sospetti, gli spazi sono stati allestiti in modo da separare possibili ammalati Covid-19 da tutti gli altri. “Abbiamo creato due flussi - spiega il direttore sanitario Dr. Perren - allestendo un’apposita segnaletica e dei punti di accoglienza grazie all’aiuto dei militari e della Protezione civile”. In pratica i pazienti non sospetti vengono indirizzati al pronto soccorso al piano interrato, mentre per gli altri è stato allestito un apposito spazio al posto del bar del ristorante (ora chiuso), a pianterreno. “Lì sono disponibili 8 box più altri due di riserva”, sottolinea Perren. Ai sospetti Covid-19 viene effettuato lo striscio e, in attesa del risultato, vengono ospitati nell’astanteria; dovesse essere positivo verranno trasferiti in un ospedale apposito. Come conferma anche Alessandro Bressan, la gestione del flusso di pronto soccorso sta andando bene. Anche perché i casi classici sono in diminuzione. Il direttore sanitario precisa infatti: “Le cosiddette bagatelle sono sparite ma non solo. Sono diminuiti anche gli infortuni e in generale molti altri casi”. Il motivo? “Non ne siamo certi, si tratta di un fatto curioso perché casi come coliche renali o colecisti da asportare capitano sempre con una certa regolarità e ora sono quasi scomparsi”. Tra le ipotesi, ci viene spiegato, la possibilità che la gente cerchi di resistere per non dover andare in Ospedale o che si curi a casa in autonomia.
Lo spostamento temporaneo di molti collaboratori a Locarno ha portato alla riorganizzazione del lavoro anche per chi è rimasto nelle altre sedi regionali. Come ci spiega la responsabile del Servizio infermieristico Orbv Shaila Cavatorti, la turnistica è stata adattata suddividendo la giornata in due turni da 12 ore nei reparti di cure intermedie intense. Per quanto riguarda i contagi, all’interno del personale sanitario a Bellinzona Cavatorti spiega che non ci sono stati tanti casi. “Cerchiamo di essere molto accorti nelle misure preventive e ci aiutiamo molto tra colleghi condividendo l’esperienza con i nuovi collaboratori che subentrano per darci una mano”. Per quanto riguarda gli infermieri, tra gli importanti compiti di questo periodo vi è anche la vicinanza umana ai pazienti che ovunque non possono ricevere visite dall’esterno (fanno eccezione i papà nei reparti di maternità ed entrambi i genitori in pediatria). “Rimangono anche in contatto con i parenti che chiamano. Inoltre ci siamo dotati di alcuni tablet in modo che anche i pazienti più anziani possano fare delle videochiamate con le loro famiglie”, racconta la responsabile.
Sulla presenza di personale proveniente dall’Italia, il direttore Bressan sottolinea che si tratta di una delle sedi dell’Eoc con meno frontalieri, circa un centinaio. “È stata data loro la possibilità di pernottare in un paio di strutture alberghiere e circa un terzo ha accettato. Sono fondamentali per il funzionamento dell’ospedale e li ringraziamo per questo sforzo a stare lontano da casa e dai loro familiari”, aggiunge. Tra gli aiuti forniti al personale in questo periodo particolare, il direttore cita anche il posteggio offerto al personale di altre sedi, personale avventizio o pensionati, candidati medici, studenti e tutti i collaboratori che lavorano con turni di 12 ore. Il ringraziamento di Bressan si estende anche a tutto il team, nonché all’ottima collaborazione tra gli enti pubblico e privato. “Abbiamo un obiettivo comune molto forte: superare questa fase indenni. Nonostante il momento negativo, stiamo imparando tanto da questa esperienza e dopo l’emergenza Covid-19 dovremo continuare a rimboccarci le maniche per recuperare tutti gli interventi e le attività che stiamo rimandando perché non prioritarie e che si stanno accumulando”, conclude.