L’episodio viene raccontato dalla protagonista di questi attimi di paura vissuti tra Castione-Arbedo e Bellinzona. Intervenuta la polizia
Dura solo 5 minuti il viaggio in treno tra la stazione di Castione-Arbedo e quella di Bellinzona. Ma per Maria Manolache sono stati 5 minuti di paura giovedì sera, quando ha preso il Tilo delle 22.49. Sullo stesso convoglio era presente un gruppo di giovani provenienti verosimilmente dalla partita Hc Lugano-Ticino Rockets svoltasi a Biasca, in totale una trentina, i quali – ci racconta la 34enne – hanno iniziato a rivolgersi a lei insultandola con parole pesanti ed epiteti di natura razzista, riferiti al colore della sua pelle che testimonia le sue origini in parte indiane e in parte rumene. E invitandola (per usare un eufemismo) a lasciare il Ticino.
In aggiunta agli insulti, continua il racconto, mentre si trovava in prossimità di una porta presente tra uno scompartimento e l’altro un giovane si sarebbe messo in mezzo per non farla passare. Gli animi si sono scaldati ulteriormente, al punto che – continua Maria – il ragazzo le ha sbattuto la porta in faccia. I segni sono evidenti: gonfiore al naso e in prossimità dell’occhio destro, segni rossi e, aggiunge, dolore alla testa. «Ho temuto per la mia sicurezza, erano davvero in tanti». A quel punto la donna ha chiamato la polizia. Una pattuglia della Cantonale è quindi intervenuta alla stazione di Bellinzona, dove il gruppo di giovani – tra cui erano presenti anche alcune ragazze – è sceso per cambiare treno e dirigersi a Lugano. «I poliziotti sono arrivati e hanno chiesto a me un documento ma non ai giovani, che avevano ancora un atteggiamento strafottente e sembravano alterati dall’alcol», aggiunge Maria. L’età apparente, spiega, era attorno ai 18 anni. Nessuno è stato fermato.
Al di là della paura e dello spavento vissuti in prima persona giovedì sera, Maria non ci sta: il suo sfogo, ci spiega, mira a puntare il dito contro episodi di razzismo di questo genere che non dovrebbero mai accadere. Oltretutto, spiega, alla luce del fatto che lei risiede da 12 anni nel nostro cantone e si sente integrata. Il suo nome da sposata (Gennari) non sarà nuovo agli appassionati di atletica leggera e in particolare di podismo, essendo Maria un’assidua frequentatrice di gare sulle montagne del Ticino, che lei ormai considera casa. Ora la podista intende sporgere denuncia per l’episodio della porta e per gli insulti razzisti. «C’è poco rispetto. Indipendentemente dal colore della pelle siamo tutti uguali», sottolinea.