Bellinzonese

Cadenazzo, le luci rosse e il problema ‘proprietarie’

La nuova Legge cantonale sulla prostituzione, in vigore da domani, lascia uno spazio di manovra. Ciò che potrebbe valere per lo stabile 'Al Bosco'

Lo stabile 'Al Bosco' (Ti-Press)
30 giugno 2019
|

C’è ancora o no la prostituzione nello stabile Al Bosco di Cadenazzo? Chi deve verificarlo? Se c’è va fermata? Se sì, sarà possibile fermarla? Chi deve deciderlo? Sono le domande cui è chiamato a rispondere il Municipio aiutato dall’entrata in vigore – domani, lunedì 1° luglio – della nuova Legge cantonale sull’esercizio della prostituzione e del suo Regolamento di applicazione. Nel palazzo Al Bosco in via Monteceneri 86 – in passato postribolo con cifre d’affari milionarie e nel frattempo convertitosi ‘sulla carta’ a contenuti residenziali – un mese fa era stato rinvenuto il cadavere di una giovane trans sudamericana che con altre donne si prostituiva in uno degli appartamenti. Il decesso ha di nuovo riacceso i riflettori su un problema che sembrava risolto. Sembrava, perché si è saputo che la norma pianificatoria voluta nel 2014 dal Comune per togliere le molestie dai comparti edificabili e stabilirne le attività ammesse, era stata impugnata tramite ricorsi. Dopo un iter giudiziario durato tre anni, lo scorso dicembre il Tribunale amministrativo cantonale ha confermato la validità della norma comunale, nel frattempo entrata a tutti gli effetti in vigore. Ciò che ha permesso al Municipio di avviare gli accertamenti. Con quale esito? «Il divieto d’uso – spiega alla ‘Regione’ il sindaco Marco Bertoli – grazie alla nuova norma comunale può essere deciso a fronte di una comprovata illegalità. Perciò abbiamo chiesto alla polizia di verificare. Se ci saranno gli estremi s’interverrà nel rispetto della nuova Legge sulla prostituzione». Intanto è stato accertato che nello stabile operano almeno due prostitute; sarebbe logico pensare che verrà intimato loro il divieto. «Se sarà in effetti provata l’esistenza di questo tipo di attività commerciale a pagamento in una zona in cui essa è vietata dalle norme pianificatorie, avremo i giusti strumenti a nostra disposizione per imporre lo stop definitivo», per buona pace degli altri inquilini. «Ma c’è un punto centrale da chiarire – spiega il sindaco – perché le due donne in questione sembrerebbero essere proprietarie degli appartamenti». L’azione municipale rischia infatti di infrangersi contro l’articolo 14, capoverso 1, della nuova legge: “Purché non vi sia condivisione degli spazi con altre persone che esercitano la stessa attività, non è necessaria l’autorizzazione a) se chi esercita l’attività della prostituzione lo fa a titolo individuale in locali di sua proprietà o per i quali vanta dei diritti d’uso; b) se una persona non mette a disposizione più di un appartamento destinato all’esercizio della prostituzione e questa attività è esercitata unicamente dalla persona alla quale il locale è messo a disposizione”. Il capoverso 5 pone però qualche paletto: “L’eccezione prevista dal cpv. 1 non vale nel caso in cui nel medesimo stabile vi siano più appartamenti in cui è esercitata la prostituzione, indipendentemente dal numero di persone che la esercitano nello stesso appartamento. In tal caso tutti gli appartamenti devono chiedere l’autorizzazione”. Senza garanzia di ottenerla.