Singolare ‘esercizio di memoria’ da parte di Bixio Mainardi, che lasciate le Medie di Losone ha raccolto in un pamphlet le segnalazioni alle famiglie
Bixio Mainardi fa due premesse: «La prima è che la stragrande maggioranza dei ragazzi che hanno frequentato e che frequentano il nostro istituto sono allievi a modo, ma ciò non toglie che il campionario di quelli più “complicati” è sempre più ampio e variegato, come le stupidate che combinano; la seconda è che anch’io, da ragazzo, ne ho combinata più di una, quindi in qualcuno dei “vostro figlio purtroppo” mi riconosco io stesso». In realtà ci sarebbe anche un’altra premessa, ed è la risposta alla domanda “ma non crede che certi ragazzi citati indirettamente per qualche birichinata possano riconoscersi e risentirsene?”. La risposta è stata: «Che si riconoscano pure, potrà essere utile a loro, così come ai genitori e ai docenti che ho citato nella pubblicazione».
Lo chiama «un esercizio di memoria per me, per i miei figli e anche per altre persone», Mainardi, il suo libro ‘Vostro figlio purtroppo’. Parliamo di un “pamphlet” che è una sorta di diario da ex docente, e soprattutto ex direttore di Scuola media (a Losone, per 17 anni), fungendo da accompagnatore, confidente, poliziotto, educatore, castigamatti e probabilmente, a volte, anche un po’ rompiscatole (almeno agli occhi degli allievi e magari delle loro famiglie). Da lì, una pubblicazione (Fontana Edizioni) che raccoglie decine di segnalazioni alle famiglie di fatti e avvenimenti che a loro modo hanno segnato la vita professionale, e inevitabilmente anche privata, dell’autore.
Raggruppate per capitoli e introdotte dal canonico “vostro figlio purtroppo”, le segnalazioni coprono lo scibile della ribellione in età scolastica: assenze arbitrarie, fumo, mancanza di rispetto verso compagni e docenti, violenze, vandalismi, atti di bullismo. “Ma in corso d’opera – ricorda Mainardi nella premessa – il quadro che mi si è presentato mi ha portato a una visione che va oltre. Ossia una serie di ‘situazioni limite’ non solo legate a infrazioni di allievi, ma anche ad altre dinamiche ‘ai confini’, generate da altri attori che animano il contesto educativo (docenti, genitori, direttore, media)”.
Scorrendo il campionario troviamo il “rompiballe seriale”, la ragazza che ha spalmato di colla la sedia della docente, l’allievo che da una finestra della scuola ha innaffiato un pubblico di 500 persone che assisteva a un concerto; quello che ha preso a pugni e calci la parete di un’aula, l’altro protagonista di ripetuti insulti razzisti; e ancora lanci di bottiglie dal bussino della scuola, bullismo (in buona parte anche digitale), attacchi fisici e psicologici, ubriacature pesanti nei bagni durante le lezioni, autolesionismo in gita scolastica (spacciato per aggressione) e altre amenità, anche a carico dei docenti, come quella che, poveretta, non si era accorta che due fratelli si erano rinchiusi nell’armadio mentre faceva lezione; o quell’altra che si fece depositare in mano una gomma da masticare per poi spalmarla sulla testa dell’allievo ruminante.
«Il tutto – spiega Mainardi – nasce dalla fotografia in copertina (un ragazzino con un casco integrale in aula e che fa “ok” tutto soddisfatto, ndr): mi intrigava perché rappresenta bene il classico monello (ed era tra l’altro amico del “rompiballe seriale”, che probabilmente aveva scattato la foto). Questo ragazzo con il casco, oltretutto indossato al contrario, mi ha ricordato non solo la, diciamo, simpatica imbecillità del protagonista, ma anche i rischi di un’educazione che a volte pone un “copricapo protettivo”, ma non nel giusto verso». Insomma, aggiunge l’autore, «mi sono sempre detto che un giorno avrei scritto un libro su questi ragazzi, per ricordare le loro “prodezze”. L’idea era parcheggiata, poi quando sono andato in pensione, rimettendo a posto gli archivi, ho ritrovato oltre 500 richiami ufficiali diramati in 17 anni da direttore, e la spinta è stata irresistibile». Chiaro l’obiettivo, per l’ex direttore delle Medie di Losone: «Mostrare quali sono le reali dinamiche che si verificano all’interno di una scuola media, perché credo che la gente non se ne renda bene conto. A volte, forse, i figli raccontano in famiglia quello che succede a scuola, ma si tratta sempre solo di una parte di una verità più complessa».
Raccontarla, questa verità, è stato, secondo l’autore, utile per diversi motivi: «L’obiettivo principale era evitare che determinate situazioni finissero per sempre nel dimenticatoio: molte cose che ho ritrovato in archivio non le ricordavo nemmeno io. Riprenderle, circostanziarle e pubblicarle è stato anche, in fondo, terapeutico come può esserlo un’operazione di memoria su fatti che non sono avvenimenti da nulla e secondo me illustrano bene ciò che sta accadendo nel mondo della scuola. Credo sia consigliabile leggerlo riflettendo sulle proposte di tagli che aleggiano anche in questo periodo. Di tutto ha bisogno la scuola, ma non certo di risparmi!».