laR+ La recensione

Mina, non smetto di ascoltarti

Gabbani, Elisa, le nuove leve e un piccolo capolavoro di Concato cui rendere giustizia. Li canta tutti in ‘Gassa d’amante’, ancora un album senza tempo

‘In uno dei suoi diabolici travestimenti’
26 novembre 2024
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Dal 1978 in avanti, di foto di Mina ce ne sono poche, men che meno ne esistono delle session del suo nuovo album, uscito da pochi giorni con l’enfasi di sempre. E quindi pubblichiamo la foto del concept che sta in copertina, con la cantante come Stanislao Moulinsky “in uno dei suoi diabolici travestimenti” (dal Nick Carter di Bonvi e De Maria). Trasformata nella polena di un galeone, Mina domina ‘Gassa d’amante’, titolo che arriva dal “nodo ad occhiello molto sicuro sotto carico e, al tempo stesso, facile da sciogliere. Se scarico, ha la tendenza ad allentarsi” (si ringrazia nauticando.net).

Con il figlio Massimiliano Pani in regia, Mazzini (così la chiamano i musici) ha scelto come sempre in prima persona cosa cantare dopo “un lavoro lungo e paziente” (Pani). Il disco è stato oggetto di ascolto al buio alla Milano Music Week prima della conferenza di presentazione, aperta alla stampa italiana. “Si sente che ha messo una parte di cuore e anima in più”, dice ancora il figlio negli statement ufficiali, e così è più chiaro che l’“amante” del titolo possa alludere alle canzoni d’amore, che nel disco abbondano.

Valzerone

«Mi inorgoglisce tanto. Canta come se venisse da un altro pianeta, e ha cantato la mia creatura con partecipazione tanta, e con amore anche di più». È la felicità di Fabio Concato che ci giunge via telefono. Perché ‘Gassa d’amante’ si apre con ‘Non smetto di aspettarti’, un sei ottavi, un lentissimo ‘valzerone’ scritto dal cantautore milanese e finito in ‘Tutto qua’, disco del 2012 tanto bello che quasi dà fastidio. Al Sanremo di quell’anno, con Gianni Morandi pronto ad annunciare le canzoni in gara, la creatura sembrava già sul palco dell’Ariston, ma le misteriose logiche sanremesi che segnano il destino di canzoni e cantanti si misero di traverso e la creatura non raggiunse mai la città dei fiori. Così Mina oggi la fa sua, rendendo giustizia alla storia dell’arte di scrivere canzoni. E che Mazzini, ‘Non smetto di aspettarti’, la senta particolarmente, è chiaro sin dal primo verso (“Mi manchi, non te lo dico mai”), cantato con pathos da fine concerto.

Il risultato è sontuoso e noi facciamo i pignoli: nessuno canta Concato meglio di Concato, nemmeno Sinatra che dovesse tornare dall’aldilà, e un poco ci manca l’arrangiamento di archi originale di Ornella D’Urbano, inseparabile pianista-tastierista-arrangiatrice del Fabio.

Gioielli

Di quanto Mina sappia scegliere bene gli inediti si è scritto tanto, chiamando in causa il gusto, l’intuito e anche un certo azzardo (il duetto con Blanco ancora ci pare pura provocazione artistica). Per lanciare ‘Gassa d’amante’, Mazzini ha scelto ‘Buttalo via’, scritta per lei da Francesco Gabbani (detta a mo’ di esclamazione: buttalo via Gabbani, il più grande autore di hit del momento, uno che non sbaglia un colpo dai tempi di ‘Amen’). Strofa battistiana e il resto gabbaniano, la canzone è il suggello di due abilità: la cantante che può cantare qualsiasi cosa e rendere ‘Buttalo via’ anche più bellissima (sic) di quanto sia, e l’autore in grado di privarsi di un gioiello, anche se Gabbani di gioielli per sé ne ha prodotti tanti e davanti all’idea di scrivere per Mina ogni autore si priverebbe di un organo (inteso come fegato o rene e non come Hammond).

Tra gli autori eccellenti c’è pure Elisa Toffoli, che le ha regalato ‘Senza farmi male’, e sarà che il basso lo suona Faso degli Elio e le Storie Tese, la coda prende una strada prog con sintetizzatore che si produce in un assolo, un concetto che, parafrasando altro chansonnier, il pensiero non considera (più).

Effetto Studio Uno

Ci sarebbe da dire su quasi tutte le canzoni, a partire dalla splendida e jazzata ‘Dispersa’ con Danilo Rea al pianoforte, seconda di una manciata di composizioni in cui autori vecchi e nuovi infilano qua e là cellule melodiche e ritmiche che ammiccano ai grandi successi della destinataria del brano (‘L’importante è finire’ alberga in ‘È così che funziona’, ‘Insieme’ gioca a nascondino dietro ‘Il cuore si sbaglia’), tecnica autoriale iniziata molto prima dell’avvento dell’Intelligenza artificiale (“scrivimi una canzone alla maniera di Mina”). Discorso a sé merita ‘L’amore vero’, il momento più intenso del disco, con il ‘ticinese’ Gabriele Comeglio agli arrangiamenti e alla guida dell’Orchestra Filarmonica Italiana in una canzone che accompagnerà ‘Diamanti’ di Ferzan Ozpetek, regista che in passato già aveva voluto, di Mina, ‘Luna diamante’ per ‘La dea fortuna’ e ‘Povero amore’ per ‘Nuovo Olimpo’.

‘L’amore vero’ porta la firma del duo di autori Mancini-Bindi, dove ‘Bindi’ conferisce al brano una sorta di effetto Studio Uno, facendoci chiedere se quella canzone non sia per caso un evergreen del quale ci eravamo improvvisamente dimenticati. E invece no, ‘L’amore vero’ è nuova di pacca e Bindi non è Umberto.

Torna alla partenza

Evaso l’ascolto dell’ultima traccia, ‘Non ti lascerò’, con Luca Meneghello nel ‘solo’ alla Santana di un pezzo alla Santana, si compie invece l’effetto Gioco dell’oca, quel “torna al punto di partenza” di chi sente impellente il desiderio di riascoltare dall’inizio ‘Gassa d’amante’, un disco che potrebbe arrivare da un non identificabile passato così come da un sentimentalmente e sempre non identificabile, distopico futuro. Lo smarrimento temporale è il medesimo prodotto dalla voce dell’ottuagenaria interprete, collocabile in un tempo a piacimento, una costante.

P.S. Costante come il quesito che a ogni nuovo album della grande cantante raggiunge la nostra redazione: “Ciao. Spero tutto bene. Ho una domanda: voi siete stati invitati alla conferenza stampa della presentazione del disco di Mina che si è tenuta ieri a Milano?”. No collega ticinese, nemmeno quest’anno.