Forte di una tradizione umanitaria di cui va fiera, nel decidere sugli aiuti, la Confederazione si gioca la propria credibilità internazionale
Non basta la distruzione di Gaza, quasi 400 giorni di bombe sganciate sui civili seguiti al massacro del 7 ottobre e all’atroce presa di ostaggi. Non bastano 42mila morti accertati (ma forse oltre 180mila), quasi 100mila feriti, 650mila bambini costretti a vivere nelle macerie, tra miasmi di cadaveri, carcasse di animali e fogne a cielo aperto. Non basta quella landa di disperazione in cui il 96% della popolazione è attanagliata dalla morsa della fame, senza acqua potabile, in cui ospedali, scuole, campi profughi sono ridotti ad ammassi di rovine. Non bastano le immagini di profughi bruciati vivi. No. La punizione collettiva, che ricorda le pagine più cupe della Storia, mira ad azzerare i soccorsi a questi milioni di dannati della terra.
La cancellazione dell’Unrwa è un chiaro obiettivo di guerra dello Stato ebraico, scrive lo storico israeliano Denis Charbit. Philippe Lazzarini, forza delle convinzioni e tenacia esemplari, non ci sta. Si indigna, insorge. L’organizzazione, di cui lo svizzero è capo, pur avendo subìto pesanti perdite (centinaia di funzionari uccisi) rimane attiva e indispensabile: sono ben 30mila i suoi impiegati, di cui 13mila a Gaza. Accusata da Israele di complicità con Hamas, è stata assolta dall’inchiesta Onu condotta dalla ex ministra degli Esteri francese Catherine Colonna. Non si esclude, ma Israele non hai mai fornito le prove, che nove dei tredicimila impiegati possano essere stati coinvolti nell’attacco terroristico di Hamas. Al governo di Israele viene regolarmente presentata la lista delle assunzioni all’Unrwa, mentre il suo sistema scolastico (accusato da Tel Aviv di favorire l’antisemitismo) è stato elogiato dal British Council e dall’Unesco. Poco importa: Knesset e governo israeliano non demordono, la macchina propagandistica che passa attraverso organi di stampa, lobby e Ong legate alla destra israeliana come Un Watch gira a pieno regime.
Perché tanto ostinato accanimento? La distruzione dell’Unrwa – spiega Lazzarini – metterebbe fine al diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi previsto dalla risoluzione 194 delle Nazioni Unite. La manipolazione è un’efficace arma di guerra: mentre accusa l’Unrwa di essere una scuola dell’odio al servizio di chi vorrebbe sopprimere Israele, Benjamin Netanyahu si presenta spavaldamente in televisione mostrando una cartina geografica in cui... è cancellata la Cisgiordania.
La spremuta ideologica che dipinge un’Unrwa antisemita e filo-terroristica viene così regolarmente servita a opinione pubblica e parlamenti. L’ha certamente bevuta lo scorso 9 settembre la maggioranza dei nostri consiglieri nazionali che ha approvato la mozione Udc per chiudere immediatamente i rubinetti degli aiuti. Giovedì prossimo l’incarto passerà al vaglio della commissione degli Stati. In un sussulto imbottito di malcelato sdegno e di imprescindibili principi etici, un gruppo apartitico di personalità svizzere (tra cui l’ex procuratrice Carla Del Ponte, diversi ex ambasciatori in Israele o Stati Uniti, medici quali Franco Cavalli o Jochi Weil-Goldstein) ha sottoscritto una lettera rivolta ai nostri senatori affinché rinsaviscano e non seguano l’esempio dei colleghi del Nazionale. Depositaria delle Convenzioni di Ginevra, presidente di turno del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, forte di una tradizione umanitaria di cui va fiera, la Confederazione si gioca la propria credibilità internazionale. Oltre alla propria coscienza.