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Festival diritti umani, ha vinto la giraffa di Lea Hartlaub

Intervista alla regista di ‘sr’, pellicola scelta dalla giuria del Film festival diritti umani Lugano per la sua capacità di raccontare l’arroganza umana

19 ottobre 2024
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La giuria del Film festival diritti umani Lugano ha deciso di premiare l’opera meno convenzionale del concorso: ‘sr’ della regista tedesca Lea Hartlaub, un saggio cinematografico che, attraverso una serie di “tableaux narrativi”, esplora la storia e il significato culturale della giraffa arrivando a parlare, più che di questo animale, dell’essere umano. Come l’ha definito la giuria nelle sue motivazioni, ‘sr’ è “un affascinante viaggio nella storia dell’umanità e della sua arroganza, con rigore estetico e caustica consapevolezza politica”.

Abbiamo raggiunto – prima della cerimonia di questa sera (vedi più avanti) – la regista e la prima domanda riguarda appunto l’animale al centro del suo film. Perché la giraffa? «C’è stato qualcosa che ha “attivato” la mia sensibilità verso questa creatura specifica, ma è una storia personale che non voglio raccontare nei dettagli: posso dire che raccogliere e ricercare tutte queste storie è stato all’epoca un modo per superare una perdita». Questa ricerca, divenuta una sorta di lunga lettera scritta per non essere mai spedita, «mi ha portato a questa vasta gamma di storie che, a mio avviso, racconta la specie umana più che le giraffe che sono uno strumento: sono sempre stata molto curiosa, affascinata e interessata alle culture, alla politica e alla storia».

Qualcosa che faccia pensare

Tanto materiale eterogeneo che è confluito in un film coerente: come è stato il lavoro di scrittura e montaggio di ‘sr’? «All’epoca ho iniziato a disegnare mappe utilizzando le storie che avevo raccolto fino a quel momento: le ho circondate con parole chiave e pensieri» ha spiegato Hartlaub. Lavorando così, in grappoli di temi e idee «il materiale si è strutturato da solo». Poi dei viaggi di ricerca, una bozza di sceneggiatura «in ordine lineare, per poter richiedere i finanziamenti» e le riprese per le quali c’erano alcuni punti fermi: «Fin dall’inizio ho voluto lavorare con pochi campi lunghi, il suono originale solo come strumento narrativo forte e indipendente, la voce narrante principale e i narratori ospiti come fonti di storia orale». Ovviamente, «una volta terminate le riprese, sono accadute cose inaspettate, nuove osservazioni, documenti, incontri: il montaggio è stato un processo lungo, che ha permesso di valutare tutto». Ma, alla fine, «la sequenza è rimasta più o meno quella della prima sceneggiatura». Qualche cambiamento notevole? «Alcuni episodi e inquadrature che erano molto forti non li ho inclusi perché troppo belli, come caramelle per gli occhi, oppure perché erano “troppo”. Ad esempio, una caccia alla giraffa o le persone coinvolte nel conflitto ucraino del 2015 in un workshop di comunicazione non violenta, chiamato anche linguaggio della giraffa. Non mi sembrava giusto usare quel materiale nel formato di ‘sr’».

Perché questo formato anticonvenzionale? «Credo che ogni argomento richieda o chieda un proprio formato. È chiaro che questo progetto avrebbe funzionato solo come saggio. La mia intenzione come artista è quella di offrire al pubblico qualcosa che lo faccia pensare in autonomia: credo che a nessuno piaccia essere trattato con condiscendenza, essere trascinato in una prospettiva, sentirsi spiegare tutto». Questo film, ha aggiunto, non mira a presentare dei fatti, ad arrivare a conclusioni: al contrario, l’obiettivo è far nascere delle domande. «Spero che ‘sr’ contribuisca in qualche modo a un’attenta riflessione sulla diversità e sulla familiarità di tutti gli esseri umani. Per me comprende momenti di pura bellezza, creatività e comunicazione tra le culture, ma anche la brutalità degli uomini, la loro natura egocentrica, la guerra e le azioni orribili».

Come ha affrontato le questioni politicamente più sensibili senza tradire il tono del film? «Credo di esserci riuscita semplicemente grazie al mio modo di lavorare: mantenere la stessa “tonalità” era un obiettivo fin dall’inizio» ha spiegato Hartlaub. «Ho evitato certi ingredienti come la musica perché questi strumenti non funzionano per me e per un film come ‘sr’: l’orrore, ad esempio, credo sia molto più profondo nel silenzio che in una colonna sonora ad alto volume». Discorso simile per la voce, centrale nel film: «Ci siamo fin da subito concentrati sul lasciare fuori le emozioni o le intonazioni didascaliche esplicative: con una certa sobrietà e distanza, si spera che il pubblico si fermi per definire attivamente una propria posizione, piuttosto che essere messo a sedere in un posto con una prospettiva già determinata».

Stasera la premiazione, domani le ultime proiezioni

La giuria – composta da Catherine Bizern, delegata generale del festival Cinéma du réel di Parigi, Daniele Gaglianone, regista e sceneggiatore, e Sabine Gebetsroither, codirettrice di Crossing Europe Film Festival Linz – ha come detto il premio al miglior film a ‘sr’ di Lea Hartlaub che sarà proiettato domani, domenica 20 ottobre, alle 16.30 al Cinema Iride.

‘To a Land unknown’ di Mahdi Fleifel ha invece vinto il Premio Ong, assegnato quest’anno dall’associazione Frasi, per la sua capacità di “evidenziare con grande sensibilità e spessore la questione urgente e tragica delle persone in esilio che si ritrovano immobilizzate alle porte dell’Europa”. Il film sarà proiettato domani alle 14.30 sempre al Cinema Iride.

‘To a Land unknown’ ha anche vinto il Premio del pubblico; per questo motivo si è deciso di proiettare, per questa sezione, il secondo film più apprezzato dal pubblico: ‘Amal’ di Jawad Rhalib, domani alle 18.30 sempre all’Iride.

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