La consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider, a Bellinzona, sull’aumento del 10,5% del premio medio di cassa malati per il Ticino
Una popolazione più anziana della media svizzera, l’alta densità di fornitori di prestazioni (ospedali, cliniche, studi medici, farmacie), l’elevata quota di ‘ambulatoriale’ (completamente a carico degli assicuratori malattia, quindi in ultima analisi di chi paga i premi) sul volume totale delle prestazioni. Sono alcuni dei fattori strutturali che penalizzano il Ticino sul fronte dei costi della salute. E che spiegano perché anche il prossimo anno nel cantone il premio medio di cassa malati aumenterà assai più (10,5%) che a livello nazionale (6%). Meno di una settimana dopo averlo annunciato, la consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider (Ps) era mercoledì a Bellinzona per visitare una nuova struttura dell’Otaf e presenziare a un evento che suggella i 175 anni e la decimillesima pubblicazione dell’Ufficio federale di statistica (vedi gli articoli nella pagina a fianco). ‘LaRegione’ l’ha intervistata.
Del 21,3% a livello nazionale, del 30% in Ticino: di tanto è aumentato il premio medio di cassa malati in soli tre anni. Il tutto in un contesto già segnato da una significativa erosione del potere d’acquisto. Signora consigliera federale, non è scioccante?
Capisco che la popolazione ticinese sia delusa, persino arrabbiata. Il problema è che i costi della salute in Ticino sono cresciuti in maniera significativa. E per legge i premi dell’assicurazione malattie obbligatoria [LaMal, ndr] devono coprire questi costi. La rabbia di per sé non produce cambiamenti. Dire che è “scioccante” è un po’ come affermare che non si può fare niente. Ebbene, non è così. La situazione è grave e molto preoccupante, certo. Per questo tutti gli attori del sistema sanitario, a Berna come in Ticino, devono assumersi le proprie responsabilità.
Delusione, sconcerto, rabbia: il suo partito e i sindacati invitano la popolazione a scendere in piazza a Bellinzona. Il Movimento per il socialismo propone un’iniziativa cantonale per una moratoria sui premi di cassa malati. Cosa si sente di dire?
Francamente, capisco la reazione. Ma invito tutti a prendere in considerazione i fatti, le cause effettive dell’aumento dei premi. E auspico che tutti i rappresentanti del settore possano sedersi attorno a un tavolo, al fine di capire cosa si può fare – magari attraverso dei progetti pilota – per frenare la crescita dei costi della salute. Inoltre, con il progetto Efas [per il finanziamento uniforme delle prestazioni ambulatoriali, stazionarie e di cura, ndr] la popolazione in novembre avrà la possibilità di esprimersi su una proposta positiva.
Il consigliere di Stato Raffaele De Rosa afferma in sostanza che “Berna non capisce”. C’è davvero un problema di comunicazione tra Berna e Bellinzona, o una mancata condivisione di alcuni dati essenziali tra l’Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp) e il Dipartimento della sanità e della socialità (Dss) ticinese?
Ho un rapporto eccellente con il consigliere di Stato Raffaele De Rosa [che ha incontrato a Berna durante la recente sessione del Parlamento e ancora ieri a Bellinzona; vedi articolo a pagina 3]. I nostri contatti con le autorità ticinesi sono di qualità, e basati sulla fiducia. L’Ufsp fornisce al Cantone tutte le informazioni che può, nel quadro delle leggi esistenti. Fino a pochi anni fa qualche cantone criticava la mancanza di condivisione di determinate informazioni nella fase che precede la fissazione dei premi. Ma nel frattempo le cose sono migliorate. E continueranno a migliorare, se il Parlamento accoglierà la modifica della legge sulla vigilanza della LaMal proposta in giugno dal Consiglio federale [trae origine da un’iniziativa cantonale ticinese risalente al 2019, il cui obiettivo era di rafforzare il ruolo dei Cantoni nella procedura di approvazione dei premi, ndr]. È necessario avere più trasparenza.
Le casse malati avevano proposto per il Ticino un aumento medio del 9% dei premi 2025. L’Ufsp ha corretto al rialzo (+10,5%). Qui non c’era un margine di manovra politico per limitare, seppur di poco, quest’incremento, un margine che lei non ha sfruttato?
Conosco bene la questione. Sono gli assicuratori che calcolano i premi. L’Ufsp li verifica e li approva su una solida base scientifica. In questo caso, la legge è chiara e non c’è margine di manovra. Non possiamo giocare con le basi legali, trattare diversamente un cantone rispetto agli altri. Bisogna anche tenere conto di un fatto: per il Ticino un aumento inferiore dei premi quest’anno avrebbe significato inevitabilmente una stangata ancor più pesante il prossimo anno. Perché purtroppo in Ticino l’effetto di recupero [conseguenza di una persistente copertura insufficiente dei costi da parte dei premi, ndr] è più importante che in altri cantoni.
Il 24 novembre si vota sul progetto Efas per il finanziamento uniforme delle prestazioni ambulatoriali, stazionarie e di cura. Il suo partito e i sindacati affermano che farà aumentare i premi. Lei non è d’accordo. Perché?
Il Consiglio federale e la maggioranza del Parlamento non la pensano così. In generale si può dire che l’ambulatoriale [sin qui del tutto a carico delle casse malati, ndr] costa meno dello stazionario [i cui costi attualmente sono presi a carico per il 55% dai Cantoni, ndr]; inoltre, è migliore anche dal punto di vista dei pazienti. Se Efas verrà accolto in votazione popolare, in Ticino [dove la quota dell’ambulatoriale sul volume totale delle prestazioni è più elevata della media nazionale, ndr] gli assicurati ci guadagnerebbero ancor più che altrove; d’altro canto, sarebbe il Cantone a dover pagare di più. Oltre alla riduzione dei premi, un altro dei punti forti di Efas è che elimina gli elementi dissuasivi che oggi causano costi importanti. Questa riforma rappresenta una tappa importante per migliorare il sistema sanitario e renderlo più efficace.
Un’idea circola da qualche tempo nelle cerchie interessate e a Palazzo federale: trasferire la competenza della pianificazione ospedaliera dei cantoni alla Confederazione. Il presidente di Santésuisse, l’ex consigliere nazionale Martin Landolt, ha evocato un anno fa una possibile iniziativa popolare in questo senso. Cosa ne pensa?
Quello che vedo è che i Cantoni fanno enormi sforzi in quest’ambito. Non sono convinta che una centralizzazione, in un Paese federalista come il nostro, sia la via giusta. Ma invito i Cantoni a riflettere al di là delle loro frontiere, in un’ottica sovracantonale e di complementarietà. Anche perché molti ospedali conoscono difficoltà finanziarie, e alcuni di loro hanno già dovuto chiudere per questa ragione.
La Conferenza latina degli affari sanitari e sociali (Class) propone di togliere la ‘quarta età’ dalla LaMal. Cosa ne pensa?
Mi sembra molto interessante. A condizione però che non si arrivi a discriminare le persone anziane. L’idea comunque deve maturare, perché la si possa eventualmente considerare.
Si stima che tra il 10% e il 20% dei residenti in Svizzera rinuncia regolarmente a cure mediche, per lo più per motivi economici. La medicina a due velocità è già una realtà, dunque.
Direi che è un rischio. Il nostro sistema sanitario è di eccellente qualità e garantisce a chi si vuole far curare di poterlo fare. Ma è un fatto che un certo numero di persone rinuncia a delle cure per ragioni finanziarie. E non è così che intendo un sistema sanitario accessibile a tutti. Anche per questo porremo l’accento sulle cure di base: rimettendo i medici di famiglia e i pediatri al centro del sistema, l’accesso alle cure risulterà facilitato.